Luigi Galella, Il Fatto Quotidiano 13/2/2014, 13 febbraio 2014
CIELO, LE BRICIOLE DIVENTANO VALANGA . ANZI, SLITTINO
In fondo risale tutto alla legge Gasparri, la cui redazione fu erroneamente attribuita ad altri. Oggi abbiamo le prove indirette che è sua. Di quel senatore che l’avversa pubblicistica e la vile satira descrivono ingiustamente con dei tratti di compiaciuta, sorridente ebetudine. E che invece ha dimostrato di avere la vista di un’aquila, che sa vedere oltre l’orizzonte, oltre le sue stesse intenzioni.
Maurizio Gasparri ha sempre affermato che grazie alla sua legge si sarebbero create le condizioni del pluralismo. Forse è ragionevole supporre che non fosse del tutto sincero e che il sedicente pluralismo fosse un dualismo, anche perché si riteneva che la spartizione delle frequenze avrebbe favorito i mattatori, Rai e Mediaset, cosa che per altro si è verificata. Ma per una sorta di eterogenesi dei fini si sta comunque realizzando una piccola rivoluzione, dichiarata allora, senza crederci. Lenta, ma con improvvisi scatti esplosivi. Con quella normativa del 2004 si è passati progressivamente al digitale terrestre, la cui tecnologia consente la disponibilità di un maggior numero di canali. La novità rivoluzionaria sta tutta qui, nel semplice dato quantitativo. Il numero. Perché si moltiplica l’offerta e di conseguenza si frammenta la scelta degli spettatori, sottraendo spazio alle grosse emittenti. Poco spazio. Ma pian piano, anche le briciole messe insieme cominciano a contare. Perché le grandi si ritrovano a spartirsi una fetta di torta minore, anche per il grande successo della tv satellitare, che le costringe a ridurre gli investimenti, presentando una scelta di programmi meno ricca.
E PERMETTENDO alle piccole di aggredire ulteriori frammenti di ascolti. Di mollica in mollica, la grande torta – dell’audience e della pubblicità – si riduce, complice l’attuale crisi economica. Un circolo vizioso o virtuoso, a seconda dei punti di vista, che sta decretando la fine del duopolio della tv italiana, ucciso quindi da quel fuoco amico, dal quale tutto ha avuto origine. Gli avversari di Rai e Mediaset oggi si riducono a due: un gigante e un nano. Il primo, Sky, presidia da monopolista il satellite; il secondo, La7, erode spazi importanti della tv generalista, ma non dispone di capitali e per adesso sopravvive con lusinghiere prestazioni ed exploit di grandi personalità televisive: Santoro, Crozza, Gruber, Mentana. Oggi però c’è dell’altro. Con la tv in chiaro “Cielo”, Sky ha deciso di aggredire anche il terreno contiguo al satellite, finora trascurato. La sua strategia sembra esser presa in prestito da un manuale di arte della guerra, in un momento in cui i due competitori tradizionali appaiono come dei pugili suonati, in crisi di idee e di capitali. È il momento di non lasciare loro tregua.
Soffiando le Olimpiadi invernali di Sochi alla Rai, Sky dimostra di poter assolvere perfino al compito di servizio pubblico, dall’emittente di Stato abbandonato, andando a rastrellare il vasto popolo di scontenti, che durante il giorno o la sera smaniano e smanettano col telecomando, brancolando nel vuoto.
Gli ascolti di “Cielo” degli ultimi mesi sono cresciuti in maniera esponenziale ed è verosimile che crescano ancora. Per Armin Zoeggeler, il quarantenne altoatesino dello slittino, picco d’ascolti con un milione e 800mila spettatori. Mentre le stelle Rai e Mediaset, vecchie e affaticate, stanno a guardare. I successi degli altri.