Francesco Perfetti, Il Tempo 13/2/2014, 13 febbraio 2014
MEMORIE PRIVATE DI VITTORIO EMANUELE
Il giovanissimo Vittorio Emanuele, allora principe di Napoli, incontrò Jelena Petrovich il 1° giugno 1896 a Mosca mentre erano in corso i festeggiamenti per l’incoronazione dello zar Nicola II. Pochi mesi dopo, il 24 ottobre, i due si sposarono. Lui aveva 27 anni, e lei 23. Si erano già visti, per la verità, un anno prima, a Venezia, ma il soggiorno moscovita fece scattare la scintilla dell’amore. Vittorio Emanuele appuntò con poche parole in inglese l’avvenimento sul suo diario: "Mosca. We meet the first time" ("Mosca. Ci incontriamo per la prima volta"). E sottolineò l’annotazione per darle maggior risalto.
Era stato abituato dal suo precettore, il rigido generale Egidio Osio cui era stata affidata la responsabilità della sua educazione, ad annotare, giorno per giorno, nel modo più stringato possibile, i fatti più significativi. Si trattava di un esercizio di autocontrollo delle emozioni (di qui la laconicità delle annotazioni) e di metodicità. Divenne un’abitudine: il "diario" Vittorio Emanuele lo compilò per tutta la vita, per una sorta di "senso del dovere". Il tenerlo rispondeva alla sua personalità: metodico, osservante delle regole, scrupoloso fino all’inverosimile, convinto di dover svolgere i compiti di erede al trono, prima, e di sovrano, poi, senza concessioni visibili alle emozioni ai sentimenti privati. Inoltre lo conservò sempre gelosamente anche durante il periodo dell’esilio.
Proprio durante l’esilio egli cominciò a scrivere un lungo memoriale, delle "memorie" vere e proprie destinate a lasciare una testimonianza storica, a chiarire il suo pensiero e le sue valutazioni su personaggi e fasi della storia italiana, ma anche a costituire, una volta pubblicate, una risorsa finanziaria per la moglie. A riprova, se ce ne fosse bisogno, che, malgrado la sua riservatezza, l’uomo aveva una profonda sensibilità per gli affetti familiari.
Le "memorie" furono consegnate da Elena a Umberto II, subito dopo il funerale di Vittorio Emanuele III ad Alessandria d’Egitto con l’avvertenza che il padre le aveva attribuito "grandissima importanza". Umberto non volle mai pubblicarle, anche contro la volontà della madre. Permise, però, la consultazione del "diario" stilato su fogli singoli di grande formato ad alcuni studiosi, proprio per sviare l’attenzione dalla caccia alle "memorie" scritte dal padre durante l’esilio e sulle quali circolavano di tanto in tanto indiscrezioni spesso fantasiose.
Nel 1950, per esempio, Ugo D’Andrea, dovendo scrivere una vita di Vittorio Emanuele, trascorse alcuni giorni a Cascais. Ebbe la possibilità di visionare il "diario" e fotografarne qualche pagina. In verità, D’Andrea si era recato da Umberto con la speranza di poter consultare non il "diario" ma le famose "memorie". Che non sia rimasto contento, lo conferma una lettera inedita di Umberto al Ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, nella quale il sovrano gli dà conto della visita del giornalista e lo prega di rabbonirlo.
Anni dopo, nel 1968, il "diario" fu utilizzato da Giovanni Artieri per una serie di articoli e, poi, fu dallo stesso largamente citato in alcuni volumi, in particolare nella bella e corposa Cronaca del Regno d’Italia. Umberto si era deciso a "utilizzare" Artieri e il "diario" del padre proprio perché non riteneva opportuno, per motivi che non sono noti (ma che probabilmente sono da ricondurre a motivazioni di tipo politico), dare alle stampe le famose "memorie" attorno al cui contenuto circolavano molte indiscrezioni. Non solo. Umberto giunse a smentire persino l’esistenza delle "memorie". La smentita fu, a sua volta, smentita non solo dalle testimonianze di chi le vide, di chi le dattiloscrisse, ma persino dall’esistenza di un contratto di edizione con una casa editrice straniera e da una lettera inedita dello stesso Umberto a Lucifero nella quale sostiene che, a differenza di quanto era stato scritto sulla stampa, nelle "memorie" si parlava bene solo di un politico, Alcide De Gasperi. La storia della caccia alle "memorie", della confusione voluta tra "diario" e "memorie", e della distruzione di queste ultime (o almeno di una loro copia) l’ho raccontata in dettaglio qualche anno fa in un mio libro Parola di Re (Le Lettere) al quale rimando. Ma torniamo al "diario". Dopo la morte di Umberto anche di esso si è perduta traccia e non è stato ritrovato nulla nel fondo documentario lasciato per testamento all’Archivio di Stato di Torino. Solo negli archivi privati di alcuni di coloro che ebbero accesso ai documenti è possibile ritrovarne parti fotografate.
Qualche tempo fa è apparso sul mercato antiquario un piccolo quaderno manoscritto da Vittorio Emanuele III intitolato Itinerario generale dopo il 1° giugno 1896 , ora riprodotto integralmente in un bellissimo volume dal titolo Sì, è il Re . Le memorie private di un sovrano (Edizioni Nova Charta), che contiene anche, oltre a un ricco apparato iconografico, alcuni saggi di inquadramento e approfondimento. Il manoscritto, reperito dalla marchesa Vittoria de Buzzaccarini, è importante perché è l’unico testo diaristico completo e originale di Vittorio Emanuele III. Si tratta, evidentemente, di un "diario" estrapolato dallo stesso Vittorio Emanuele dal più generale e completo "diario". Fu scritto ad Alessandria d’Egitto. Vittorio Emanuele III, a detta di molti testimoni, passava diverse ore, ogni giorno, di fronte ai suoi fogli di appunti, leggendoli, rileggendoli e talora integrandoli. Aveva, è presumibile, l’intenzione di farne un dono, originale, alla moglie in occasione del cinquantesimo anniversario di matrimonio. Non a caso, infatti, la data di inizio del taccuino è il 1°giugno 1896, il giorno cioè dell’incontro con Elena a Mosca, mentre l’ultima annotazione è del 24 ottobre 1946 ed è evidenziata con una forte sottolineatura: "Nostre nozze d’oro. Viva l’Italia!! ora più che mai!!!".
Il centinaio e più di pagine che lo compongono registrano viaggi, eventi familiari, impegni ufficiali di mezzo secolo di regno. A differenza, però, del "diario" quotidiano dove segnava puntigliosamente ogni cosa, qui Vittorio Emanuele III non riporta tutti gli avvenimenti pubblici dei quali fu protagonista o partecipe. Sembra, anzi, marginalizzarli fra parentesi quadre. Si ha l’impressione, insomma, che egli abbia voluto mettere al centro dell’attenzione i fatti che avevano segnato la vita della coppia relegando sullo sfondo gli avvenimenti pubblici e le convulsioni politiche. E ciò anche se, ovviamente, gli eventi storici non sono ignorati. È un documento interessante, soprattutto dal punto di vista umano (ma anche da quello storiografico), perché, leggendolo in filigrana, è possibile trarne elementi, pur nella stringatezza delle annotazioni, utili per capire meglio la figura e la personalità di Vittorio Emanuele III.