Maurizio Gallo, Il Tempo 13/2/2014, 13 febbraio 2014
PIÙ DI DIECI FUGHE OGNI DODICI MESI. IN STILE BANDA BASSOTTI E IN ELICOTTERO
Un’evasione da fumetto. In perfetto stile Banda Bassotti. Ma la fuga da Rebibbia di due detenuti «armati» di lima e lenzuola arrotolate non è un inedito. È già accaduto. E, probabilmente, accadrà ancora. I dati elaborati dal sindacato Sappe su fonte Dap ci dicono che i «casi» sono stati cinque nel 2011, 14 nel 2012 e dieci l’anno scorso, per un totale di 32. Due anni fa, il 14 gennaio 2012, un albanese di 28 anni, Altin Hoxha, detto «Occhi di ghiaccio» e il romeno Stefan Cusnir, di 24, entrambi a Regina Coeli per rapina, hanno segato le sbarre, fatto un balzo di venti metri e poi si sono calati in strada con le lenzuola legate insieme. In realtà avrebbero dovuto fuggire in tre, ma il terzo, suo malgrado, è rimasto in cella: era troppo grasso per passare attraverso il buco nell’inferriata. Hoxha, arrestato nel giugno 2011 dalla squadra mobile di Roma era stato riconosciuto da vittime e testimoni per i suoi occhi azzurri che avevano terrorizzato una decina di famiglie nella provincia di Perugia. Nella banda di albanesi era il braccio destro del capo e aveva il compito di picchiare duro le vittime. Con un tunnel volevano scappare, il 13 aprile 2013, quattro galeotti stranieri, due albanesi, un bulgaro e un norvegese. Avevano scavato un cunicolo di 35 centimetri di altezza e 40 di profondità, sollevando un pietrone di oltre 70 centimetri di diametro, che faceva parte della vecchia struttura. Ma sono stati scoperti. Il 26 aprile, infine, un etiope, ristretto nell’VIII sezione della casa circondariale di via della Lungara, ha cercato di scavalcare il muro dei passeggi della propria zona, raggiungendo i passeggi della III per poi essere fermato tempestivamente dagli agenti di polizia penitenziaria. Sempre a proprosito di tentativi falliti, è andata male, il primo febbraio precedente, a due romeni condannati per omicidio (la loro pena scadeva nel 2031) che avevano preparato minuziosamente un piano di fuga realizzando, in diversi mesi di lavoro, un foro di 50 centimetri dal quale poi calare un lenzuolo e allontanarsi da Rebibbia. Il loro sogno di libertà fu spezzato da un’ispezione dei poliziotti.
Ma la fuga più eclatante da Rebibbia avvenne nel 1986. In elicottero. L’estremista nero Gianluigi Esposito, legato anche alla Banda della Magliana, e il franco-tunisino André Bellaiché, «ospiti» di Rebibbia, poterono contare su due intraprendenti complici. La coppia «esterna» si presentò di buon’ora al San Camillo, entrò nella stanza dove c’erano il pilota dell’eliambulanza e il figlio, sequestrarono l’uomo, lo costrinsero a decollare e a portarli sopra il carcere durante l’ora d’aria. Qui, mentre l’elicottero era in hovering, Esposito e Bellaiché salirono a bordo e sparirono nel cielo. Il velivolo fu ritrovato qualche ora più tardi, ma dei due evasi e dei loro sodali non c’era più traccia.
Se non ci limitiamo alla Capitale, poi, il fenomeno non riguarda solo prigionieri sconosciuti ma anche nomi «illustri» del crimine. Il «re delle evasioni» in Italia è stato senza dubbio Graziano Mesina, che ci ha provato 22 volte, dieci con successo. La più clamorosa avvenne nel 1966 dal penitenziario di San Sebastiano di Sassari. Assieme a un giovane spagnolo, disertore dalla Legione Straniera, il bandito sardo scalò il muro di cinta del carcere, alto sette metri, si calò in una delle vie più centrali della città, prese un tassì e scomparve nel nulla. «Campione» di fughe anche il bel Renè Vallanzasca: nel 1972 scappò da un ospedale dove si era fatto ricoverare dopo aver assunto sostanze nocive; nel 1980 si dileguò dal carcere di San Vittore a Milano, pistole alla mano durante l’ora d’aria e, sette anni più tardi, si lanciò in mare da un oblò del traghetto che lo stava portando da Genova all’Asinara. E, sebbene fosse considerato uno dei penitenziari più sicuri del Belpaese, da qui nel 1986 evase, usando un gommone, il sardo Matteo Boe. Anche il «boss del Brenta», Felice Maniero, è stato protagonista di due evasioni: nel 1987 dal carcere di Fossombrone, Frosinone e, nel 1994, dal supercarcere di Padova con alcuni dei suoi più fedeli «compagni di malavita». Per non parlare di episodi più «antichi» e clamorosi, come quelli che videro nei panni dei galeotti fuggitivi Giacomo Casanova, Herbert Kappler e Raffaele Cutolo. Ma, se quella dei due italiani da Rebibbia è una fuga che appartiene alla cronaca, questa ormai è storia.