Roberto Giardina, ItaliaOggi 13/2/2014, 13 febbraio 2014
IN GERMANIA UN ON. COSTA POCO
Come al solito, in Italia si fa dell’ironia su Angela che predica bene e razzola male. Mentre si obbliga gli italiani, e gli altri europei, a tirare la cinghia, a Berlino si decide di aumentare lo stipendio dei deputati. È vero, ma l’aumento è stato di qualche centinaio di euro, e adesso la «paga» degli Abgeordnete, come si chiamano gli onorevoli teutonici, supera di poco i novemila euro, sempre circa la metà di quanto ricevono i loro colleghi romani.
In Germania, suscitano più critiche piuttosto le modifiche alle pensioni dei deputati, oggi intorno a 800 euro per legislatura (di quattro anni).
Riceveranno qualcosa in più e prima, e questo non piace ai tedeschi che vedono le loro pensioni diminuire a causa della congiuntura (i fondi di risparmio rendono meno a causa dei bassi tassi d’interesse decisi da Draghi alla Bce).
Allo stesso tempo, la Grosse Koalition è decisa a cambiare la legge sulla corruzione dei deputati. La riforma è stata presentata di comune accordo dal cristianodemocratico Volker Kauder, e dal collega socialdemocratico Thomas Oppermann, e già nei prossimi giorni potrà essere discussa in Parlamento. Finora, i tedeschi erano pragmatici: se un deputato si fa comprare, a punirlo saranno gli elettori. Diverso il caso di un ministro, o del presidente della Repubblica, che possono anche non essere dei politici di professione. Sono funzionari dello stato e, in quanto tali, non possono neanche accettare regali superiori ai 40 euro. È il «peccato» che ha costretto il presidente Wulff a dimettersi per avere accettato che un amico gli pagasse tre giorni in albergo (ma lui nega).
Un deputato finora è punibile solo se vende il suo voto in Parlamento. Da domani si cambia, e saranno punibili anche i casi in cui si compra la moglie o un figlio del politico. Le lobby sono riconosciute e tollerate, i vari gruppi di interesse economico hanno le loro sedi ufficiali nelle vicinanze del Bundestag, e si sa quali politici siano vicini alle fabbriche di sigarette o di automobili. Tutto bene se si svolge alla luce del sole, ma non se il deputato accetterà benefici sotto banco. L’unico caso noto di compravendita di un Abgeordnete risale a oltre 40 anni fa, ma fu decisivo per la storia della Germania e d’Europa. La Ostpolitik di Brandt aveva spinto per protesta diversi deputati liberali a uscire dal partito. La maggioranza della coalizione tra Spd e l’Fdp andava assottigliandosi di giorno in giorno, finché nella primavera del 1972, il leader democristiano Rainer Barzel chiese il voto di sfiducia costruttivo. Sarebbe un bene se venisse introdotto anche in Italia, ma noi copiamo solo quel che ci fa comodo. Non basta mettere in minoranza un governo per farlo cadere, è necessario indicare anche quale nuova maggioranza si vuole formare.
Come in un thriller di fantapolitica, il voto finì su una patta perfetta: 247 a 247. A Barzel sarebbero serviti 249 voti per vincere. Brandt rimase al potere, indisse elezioni anticipate, trionfò a novembre, e poté continuare la sua politica di distensione verso l’Est. Molti anni dopo si scoprì che un deputato della Cdu, Julius Steiner aveva venduto il suo voto per 50 mila deutsche mark, 25 mila euro circa, pagati dal collega socialdemocratico Karl Weinand. Questi smentì con decisione. Solo nel 1989, dopo la caduta del «muro» venne fuori la verità: Steiner, nel frattempo scomparso, era stato pagato dalla Stasi, il servizio segreto della Germania Est, interessata a che Brandt restasse al potere. Unico caso di corruzione? È probabile di no, ma a Berlino si sa essere discreti.