Filippo Ceccarelli, La Repubblica 13/2/2014, 13 febbraio 2014
LA TENDENZA SMART DEL SINDACO PIÈ VELOCE
È LA seconda volta in tre giorni che Matteo Renzi si aggira per i palazzi del potere — Quirinale, Palazzo Chigi e Nazareno — a bordo di una Smart. Vecchio modello, di colore blu bordato di grigio, con qualche graffio sul fianco e piccole incrinature sul retro. Al volante c’è spesso, ma non sempre, l’impetuoso segretario del Pd.
CON una velocità non proprio abituale per la Città Proibita, di norma intasatissima, la vetturetta è ieri sbucata in curva dietro la sede del governo, a via dell’Impresa, cogliendo di sorpresa un posto di blocco di giornalisti, fotografi e cameramen. Nel breve video dell’arrivo si sente distintamente uno di loro che esclama, si direbbe con ammirata e quasi stupita rassegnazione: «‘Mmazza, a tremila è arivato!».
Com’è ovvio, ci sono notizie che assai più di questa attraversano i destini collettivi. Ciò nondimeno, oltre che di uomini e duelli e problemi da avviare possibilmente a soluzione, l’odierna politica vive anche di simboli, e al giorno d’oggi un tipo di automobile lo è a sufficienza. Non solo, ma se questa carica simbolica proviene dal mondo delle merci, la faccenda della Smart si carica di
senso: è leggera, veloce e un po’ prepotente; è giovane, poi, costosa e non italiana.
Insomma, è molto Renzi. O almeno corrisponde perfettamente al suo guidatore, come dimostra l’home page del Financial Times che ha riproposto l’immagine di questa macchina che l’onorevole Carbone ha acquistato dall’onorevole, pure renziano, Recchia. Per certi versi, non tutti, la Smart è il contrario dell’auto blu, che peraltro nel corso degli anni si è mimetizzata virando sul grigio metallico.
Ma è comunque lontanissima dalla Fiat Ulysse con cui nell’aprile scorso Enrico Letta è arrivato al Quirinale per ricevere l’incarico — e ancor più lontana, se è per questo, dalla modesta Ford Focus dalla quale nel cortile d’onore è sceso Papa Francesco.
La Smart è «fichetta», ma l’espressione è povera, così come il personaggio Renzi è qualcosa di più, ma anche di meno di un semplice «fichetto». Infatti spesso va anche in bici, modello eco-solidale; lo si è poi visto in motorino — come Rutelli a suo tempo fu brevemente a Roma «il sindaco col motorino»; quindi sul camper turbo-connesso delle primarie; e quest’estate, con il caschetto giallo d’ordinanza e gli occhiali da sole, addirittura alla guida di una scavatrice, per certi lavori di demolizione di manufatti abusivi.
Detta altrimenti: è dal cocchio dorato di Agamennone in poi che il teatro mette in scena l’arte del cambiare luogo, ma da una ventina d’anni il potere scimmiotta tali traslochi utilizzando i relativi mezzi di trasporto come risorse spettacolari. I media, come pure qui pare chiaro, seguono con un certo gusto tali espedienti, ma ieri anche i social network si sono sbizzarriti, e fra decine di twitter merita senz’altro una segnalazione quello dell’utente Renzo Cucinotta: «Lo Zen e l’arte della manutenzione della Smart».
La quale Smart, forse proprio perché «incarna» l’innovazione, un futuro no-curves e una vaga gioia di vivere, già da tempo gorgogliava nell’immaginario del potere, e se proprio si vuole anche di quello meno simpatico, dalle rischiose scorribande di Marrazzo ai regalini di Berlusconi alle sue amichette (cinque vetture del modello «for two»), fino all’arrapatissimo portavoce del superministro che in un’intercettazione, parlando di una ragazza, la definiva «compatta come la Smart».
E pazienza. Nonostante la recentissima scomunica di Guido Ceronetti, che accusa Renzi di non difendere la lingua italiana rimpinzandola di parole inglesi, il leader del Pd usa con una certa frequenza proprio l’aggettivo che ha dato il nome alla macchina.
Smart sta per «intelligente», con una sfumatura di brillantezza. E Matteo ci dà dentro. Per esempio: «Dimostriamoci leader e non
followers, il punto è rendere più smart l’Italia», eccetera.
Vero è che il segretario, più di ogni altro immerso nella dimensione post-ideologica, è assai sensibile ai consumi e ai marchi, vedi le lodi agli spot della Nutella e al marketing della Coca cola, la sviolinata sui piumini Moncler in borsa, la difesa anti-tasse di Google, il plateale rifornimento della segreteria presso Eataly. E tuttavia, per le particolari caratteristiche della Smart, si può azzardare che arrivando al potere guidando quel prezioso autoveicolo egli abbia in qualche misura sdoganato una sorta di tabù che fa della Smart, e non solo a sinistra, la più odiata, ma forse anche la più invidiata automobile. Almeno a Roma.
Di questo complicato e inconfessabile stato d’animo si trova vivida e sintomatica traccia in una canzone del 2007 che il Trio Medusa e poi la «Gnometto band» hanno creato sull’aria del «Vecchio frac» di Modugno. S’intitola «L’uomo in Smart» e dice: «C’ha gli occhiali de Versace, la pelliccia sul giubotto/ c’ha le scarpe de Paciotti, e le tiene sul cruscotto,/ guida scalzo a zig-zàg, in velocità:/ chissà ‘ndo va, quell’uomo in Smart?/ Guida come n’assassino, per le vie del Tiburtino,/ pe’ raggiunge su’ cugino, pe pigliasse un cappuccino./ Non se sa dove vien, né dove va/ cazzo sta a fa’, co quella Smart?». Per chi fosse interessato: www. youtube. com/watch? v=sOt8RyfJbZw