Ermanno Lucchini, IoDonna 1/2/2014, 1 febbraio 2014
EMOZIONARE I TIFOSI VALE QUANTO UNA MEDAGLIA
La vedremo danzare sul ghiaccio stretta in un sensuale abitino di tulle nero, sulle note del Bolero di Ravel. E in un candido costume tempestato di cristalli volare sui pattini con la grazia di un angelo, trascinata dall’Ave Maria di Schubert. Alle Olimpiadi di Sochi - dal 7 al 23 febbraio - Carolina Kostner ci commuoverà ancora, mostrandoci il fascino ambivalente, lo yin e lo yang, di una grande étoile del pattinaggio artistico. Dovrà vedersela con un’agguerrita armata di atlete russe appena adolescenti (“Caro” spegnerà 27 candeline il giorno dopo l’apertura dei XXII Giochi Invernali) come Julia Lipnitskaia, bambolina di 15 anni che ha sciorinato tripli salti toeloop e trottole di disumana perfezione al suo esordio agli Europei, solo qualche giorno fa, scippando alla nostra campionessa la medaglia d’oro. Ma la regina del patinoire è serena: Io donna l’ha incontrata a Bolzano, a pochi giorni dalla partenza per la Russia.
Carolina si allena a Oberstdorf, in Germania - «Vivo da sola» precisa - ma il palaghiaccio bolzanino per lei è una seconda casa. Eppure c’è qualcosa, oggi, che la inquieta. Forse il ricordo dei precedenti flop olimpici, a Torino e Vancouver. O il timore di dover rispondere, per l’ennesima volta, a domande su ciò che sta combinando il fidanzato, il marciatore Alex Schwazer, radiato per doping e finito ancora sulle pagine di cronaca in questi giorni per guida in stato di ebbrezza. E invece… «Le spiace se rimango seduta sul pavimento a fare stretching?».
Problemi alla schiena?
Ho avuto forti dolori lombari che mi hanno costretta a rallentare la preparazione, in dicembre. Adesso però è tutto ok, solo che… non sono una macchina, non ho il tasto play-e-via e quindi ho dovuto impormi uno stop. “Fai un passo indietro e pensa a curarti” mi sono detta perché in fondo, con i Giochi o senza, la vita è la mia. Mi sono data ritmi più umani, così evito di scendere in pista stressata e di combinare disastri.
Sochi rimane l’obiettivo della vita?
Mi sto preparando per essere al top alle Olimpiadi, ma non penso solo a quel traguardo: c’è anche altro nella mia vita, e meno male, altrimenti non dormirei più di notte. Faccio parte della squadra olimpica italiana e questo, per me, è un grande onore e un privilegio. Tutto il resto… bisogna un po’ accettarlo come viene.
Chi teme di più: la Lipnitskaia o lo stress?
Credo che alle Olimpiadi il segreto sia far combinare tutto perché quello sia il tuo giorno: la concentrazione, lo stato di forma, la condizione delle altre, sono cose che non dipendono solo da te. C’è sempre bisogno di un pizzico di fortuna. Devi avere il coraggio di affrontare l’incognito e sfidare il futuro.
A proposito: ha letto l’oroscopo?
No! (primo sorriso, dopo le smorfie dello stretching). Sono dell’Acquario... Che cosa dice: va male? Va bene?
“Accetterà grandi sfide. E le vincerà”.
Dicono che gli Acquari decidono con l’istinto... Qualche volta mi rimprovero “Carolina, devi lasciarti guidare dal tuo istinto” e non so se faccio bene o male, ma per paura di sbagliare a volte non lo ascolto. Dovrei avere un po’ più di faccia tosta, lanciarmi e, chissenefrega, vada come deve andare.
Come si sta allenando?
È come preparare un Mondiale: mezz’ora di riscaldamento e un’ora di lezione sul ghiaccio, un’ora di corsa e bici, una di stretching, una di balletto, poi break per il pranzo. Torno in pista nel pomeriggio e infine me ne vado a casa. E crollo sul letto.
È in forma smagliante. Segue una dieta speciale?
Mangio un po’ di tutto. E quasi sempre cucino io: pasta, canederli, anche qualche piatto thai. Con tutto lo sport che faccio potrei permettermi perfino dolci e patatine, ma non ne vado pazza.
Se ne è andata da casa a 14 anni: le è pesato crescere lontano dai suoi?
La mia fortuna? Avere una mamma che ha sempre fatto la mamma e basta, nel senso che non si è mai impicciata: mi ha affidato all’allenatore e lasciandomi andare mi ha dimostrato fiducia.
A Nizza mamma Patrizia ha esultato in mondovisione per il titolo mondiale. Sarà con lei anche a Sochi?
Sì. Siamo testimonial della campagna “Grazie di cuore, mamma” di P&G: sostiene le mamme che hanno cresciuto e sostenuto i campioni olimpici e fa in modo che anche i genitori siano là, ai Giochi, a gioire accanto ai figli nei momenti più belli della loro carriera sportiva.
E i suoi due fratelli?
In questo caso sono io la tifosa, soprattutto per Simon: davanti alla tv, quando l’ho visto scendere in campo con la squadra di hockey dell’Italia alle Universiadi, ero un hooligan.
Moltiplicato per 60 milioni, è l’affetto che l’Italia prova per lei.
Lo so. Emozionare una platea così vasta di spettatori e tifosi è la soddisfazione più grande, al di là delle vittorie, dei salti e delle piroette che possono riuscire o no. Perché quando scendo in pista ho la sensazione di muovere qualcosa di profondo nell’animo di ciascuno di loro e, a volte, m’illudo di lasciare un messaggio positivo.