Tom Rowley, D, la Repubblica 8/2/2014, 8 febbraio 2014
L’ALGORITMO DEL SUCCESSO
Casablanca piace a tutti. Varie generazioni hanno guardato Bogart e Bergman rinverdire la loro storia d’amore in un Marocco lacerato dalla guerra. Considerato da alcuni il film più bello di tutti i tempi, è raro che manchi a lungo dai palinsesti tv. Per usare le parole di un critico americano, è un film «che non si può migliorare». Nick Meaney, però, dissente. «Casablanca è cupo, deprimente, troppo lungo», sostiene questo signore 55enne che si serve di un software per spiegare agli studios hollywoodiani come riscrivere i loro film. Per giustificare queste affermazioni, sottolinea che Casablanca nel 1943 si piazzò solo sesto, al botteghino. «Il grande pubblico vuole l’happy end».
Hollywood dovrebbe prestare più attenzione a questo tipo di consigli scientifici. Stando ai dati diffusi a gennaio, il 2013 è stato il peggior anno di sempre per quantità di fiaschi: le major ne hanno sfornato ben quattro, ciascuno con perdite stimate oltre 100 milioni di dollari. Lo Hobbit e Gravity sono andati benissimo, ma sono stati eccezioni. The Lone Ranger con Johnny Depp ha perso 120 milioni; Il cacciatore di giganti 101; R.I.P.D. - Poliziotti dall’aldilà 115, malgrado il cast stellare con Jeff Bridges e Ryan Reynolds. Non solo: l’anno scorso il raccolto è stato talmente scarso che Diana, il terribile biopic sulla scomparsa principessa, è andato così male da non riuscire neanche a piazzarsi nella classifica dei fiaschi da box office. Pur avendo incassato meno di 50mila euro nel primo fine settimana nelle sale Usa, si è fatto surclassare dall’ultimo film con Keanu Reeves, 47 Ronin: (in Italia a metà marzo) partito malissimo, si prevede che perderà oltre 150 milioni di dollari.
Non c’è quindi da stupirsi che gli studios abbiano iniziato a cercare nuovi modi per prevedere se un film sarà un trionfo o un flop. E oggi Hollywood per farlo è pronta a cedere agli esperti di statistica fette di controllo creativo, coinvolgendoli nelle decisioni su come promuovere un film, sulla scelta dei protagonisti, perfino sui contenuti della sceneggiatura. Questi analisti macinano i “big data” del settore - i dati storici sui guadagni e i sondaggi realizzati tra gli spettatori - di migliaia di film. Sono, per citare Meaney, «dei geek che vanno a caccia di flop».
L’ultimo scienziato che ha attirato le attenzioni di Beverly Hills si chiama Taha Yasseri. Sostiene di essere in grado di prevedere gli incassi di un film fino a un mese prima che venga distribuito. Il frutto delle sue ricerche è stato pubblicato l’anno scorso, e già due aziende hollywoodiane lo hanno contattato per utilizzare la formula. Questo fisico 28enne dell’università di Oxford è più abituato ad analizzare gli atomi che le commedie romantiche, ma lui e la sua squadra hanno già setacciato 312 blockbuster, da Avatar a Sherlock Holmes: calcolando gli spettatori che visitano la pagina Wikipedia di un film, è in grado di prevedere quanto incasserà. Yasseri, che si occupa di ricerca sui big data all’Internet Institute dell’università, sostiene che il suo metodo potrebbe rivelarsi più preciso di un sondaggio d’opinione: «Se la pagina Wikipedia di un film presenta tante modifiche, significa che le persone amano particolarmente condividere le proprie conoscenze su quel film. È uno strumento meno parziale di un sondaggio, perché mostra ciò che la gente davvero pensa, non quello che dichiara di pensare». Però il modelloYasseri funziona solo quando sceneggiatori e attori hanno terminato il loro lavoro e il pubblico ne è venuto a conoscenza, vedendo, o sentendo parlare dei film.
Nick Meaney, invece, sostiene di poter fare lo stesso tipo di previsioni anche solo leggendo una sceneggiatura. La sua azienda, la Epagogix, occupa vari uffici tappezzati di locandine nel sottotetto di un edificio nella zona industriale di Londra sud.
Siamo seduti intorno a un tavolino da salotto, circondati da 5, 6 dipendenti silenziosi che guardano film con le cuffie. Ognuno di loro valuta una sceneggiatura attribuendole un punteggio, in centinaia di categorie diverse, tra cui il potenziale delle location e gli attori proposti. I punteggi vengono poi inseriti in un complesso software regolato da un algoritmo che confronta il film in questione con i punteggi attribuiti dal team di Meaney a centinaia di campioni d’incassi precedenti, per prevederne la performance. Il programma elabora inoltre il valore relativo di ciascuna delle categorie, consentendo a Meaney di comunicare alla casa di produzione se modificare il cast avrebbe effetto sul box office. E i risultati non promettono niente di buono per le star più pagate. «Quando non si inserisce alcun punteggio nella colonna degli attori, dando per scontato che le persone con cui li si sostituirà siano validi, 9 volte su 10 le ricadute sul dato al box office sono nulle», rivela Meaney, lasciando intendere che alcuni pesi massimi di Hollywood potrebbero non valere il prezzo che i loro agenti pretendono.
Una volta Meaney stilava una «lista Johnny Depp», battezzata così in onore della star di Pirati dei Caraibi, che quanto a incassi era una garanzia indipendentemente dal ruolo interpretato. Della lista facevano parte anche Will Smith e Brad Pitt, ma adesso Meaney ha smesso di calcolare perfino queste eccezioni, dal momento che tutti e tre gli attori hanno di recente collezionato qualche tonfo. In America ci si spinge perfino oltre. La società Worldwide Motion Picture Group, sul cui aggressivo sito Internet campeggia lo slogan “Our client is the movie”, “Il nostro cliente è il film”, lavora per tutti i principali studi hollywoodiani, compresi Paramount, Universal e Warner Bros. Per una cifra che può raggiungere anche i 22 mila dollari (16 mila euro) a consulenza, la società elabora raccomandazioni su quali scene vanno inserite in una sceneggiatura per rendere il film più redditizio. Insomma gli sceneggiatori, per i quali le sceneggiature sono un po’ come dei figli, devono imparare che «certi bambini nascono brutti», dice Vincent Bruzzese, ex docente di statistica e lontano parente di Albert Einstein, che dirige la società. «Raramente mi è capitato di vedere un film perfetto in tutto. Nemmeno quando vince un Oscar come miglior film, il regista dice “Non cambierei una virgola”. E un film migliore guadagna di più».
(© Telegraph Group Ltd. Traduzione di Matteo Colombo.)