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 2014  febbraio 13 Giovedì calendario

AUTOBUS

«Sediamo insieme in fondo all’autobus e condividiamo la stessa musica. Mario è un ragazzo tranquillo. A volte in campo noi giocatori mettiamo molta aggressività perché vogliamo vincere a ogni costo. Ma fuori è un’altra cosa» (Giuseppe Rossi parlando di Balotelli).

LIBERTA’ «Personalmente sono per la libertà di espressione e di idee, però senza esagerazioni. Davanti a tutto ci deve essere lo sport. Un atleta lavora quattro anni e poi magari scivola e in un attimo gli crolla il mondo addosso. Questa è l’Olimpiade, al di là del fatto di essere gay oppure non esserlo» (Fabio Capello).

MESSA «Sono molto credente e accompagno spesso la mamma a messa. La mia vita ha molto più senso di prima. Tutte quelle storie del passato sono ormai dimenticate, sepolte dalla mia nuova maturità» (l’attaccante del Palermo Abel Hernandez).

CULLA «Ho scelto l’Islam proprio quando vivevo nella culla del cattolicesimo, a Roma. Discriminazioni? No, è molto peggio fuori. Poi non posso obbligare certo la Lega a spostare le date perché io devo osservare il Ramadam» (il centrocampista francese Ricardo Faty, ex giallorosso ora all’Ajaccio).

LUCE «Il cielo nuvoloso di domenica ha creato una luce piatta in cui è sempre difficile sciare, soprattutto ad alta velocità: non vedi le irregolarità del terreno. Dovevo operarmi a inizio anno, ma non sono riuscito a trovare il tempo tra una gara e l’altra. Quando la luce è perfetta posso sciare come tutti, quando non lo è, il mio stile ne patisce più di altri che sono invece più stabili e non ne combinano tante come me in mezzo alla curva» (Bode Miller).

GIU’ «Ho visto un po’ giù Datome. Lui è pronto, vorrebbe dimostrarlo. Lo capisco perché io ho provato la stessa sensazione, so che è dura, vorresti spaccare il mondo: è un momento difficile per lui, gli ho detto di non mollare, di usare questa rabbia come motivazione per quando sarà chiamato in causa e dovrà giocare. Deve restare sempre positivo e pensare a se stesso» (Marco Belinelli).

DOVE «Quando ero al Milan, mi facevano giocare all’ala, ma io mi sentivo mezzala. In quel Milan però a centrocampo c’erano Schiaffino e Liedholm, non so se mi spiego. Così andai altrove, presi il numero 8 e mi realizzai. Da allenatore la prima cosa che chiedevo a un mio calciatore era: “Tu dove vuoi giocare?”. Questa regola per me resta valida» (Osvaldo Bagnoli).