Paolo Brusorio, La Stampa 11/2/2014, 11 febbraio 2014
ARMIN, IL CAMPIONE CHE HA FERMATO IL TEMPO
Armin Zoeggeler dorme otto ore tutte le notti. Come segreto vale poco ma può essere un buona partenza per spiegare tante cose. Primo: come si fa a vincere una medaglia di bronzo alle Olimpiadi (la sesta consecutiva nello slittino in altrettante edizioni dei Giochi) a 40 anni. Secondo: come fa un uomo di quell’età ad allenarsi tutti i giorni, a passarne 365 (o quasi) in feroce concentrazione, a sopportare carichi di lavoro fuori dall’ordinario e, in fondo, a vivere una vita normale.
Vero, lo slittino può fare storia a sé: il secondo arrivato nella gara di Zoeggeler di anni ne ha 43, ma se si scava un po’, non senza fatica, nella storia del campione di Merano si trovano particolari che potrebbero migliorare la vita anche a chi non si butta a 140 all’ora in un toboga di ghiaccio, sdraiato a pancia in su. «Non fumo e non bevo. Non ho mai fumato, mi concedo solo un sigaro dopo le vittorie. Mi piace ogni tanto un bicchiere di vino, ma solo se non sono in gara». Insomma, pazzie degne di un frate trappista.
Gli allenamenti sono seriali, non ci sono sbavature. Lui decide la tabella, lui approva la tabella, a lui tocca sempre l’ultima parola. Dice il suo allenatore Kurt Brugger, ex azzurro di slittino e ora direttore tecnico della squadra che conosce Armin da quando era un ragazzino: «Dovreste vederlo in palestra, fa gli esercizi con un’intensità che non trovo nei ventenni. E ha una capacità di ripresa assolutamente fuori dal comune». Se gli capitaste vicino, guardategli il collo: è un tronco dentro un altro tronco, deve sopportare una forza gravitazionale che arriva fino a 6G nelle micidiali curve paraboliche di certi tracciati. Quel collo non nasce per caso, si modella in palestra. Ora dopo ora, giorno dopo giorno. Senza soluzione di continuità.
Dal collo alla testa. Zoeggeler vive a Fiana, una spruzzata di case, una frazione di Lana in provincia di Merano. C’è chi ha bisogno di una spa per rigenerarsi, lui no: Fiana è la sua spa, da lì non si è mai spostato e nemmeno pensa di farlo in futuro: «Quando sono nel mio mondo, voglio la mia pace». La crisi dei quaranta lui l’ha vissuta qualche anno prima, i problemi alla schiena, forse anche un po’ di nausea da slittino, così ha chiesto consigli ma poi ha deciso di fidarsi solo di una cosa: «Della mia esperienza, l’unica a fare davvero la differenza». Niente psicologo, niente nutrizionista: «So come regolarmi, se capita mi butto sul cioccolato ma solo quando posso». Vista così è una vita di clamorose rinunce, lui ovviamente dice che gli pesa poco e che è valsa lo sforzo.
Per noi mortali in perenne tentazione non è semplice credergli, ma forse rinunceremmo a una delle mille pizze di mezzanotte in cambio di mezza medaglia olimpica e anche di un ritmo di vita che a certe latitudini si è ormai perso. Guardate la giornata tipo di Zoeggeler, la scambiereste con la vostra? Per arrivare così a 40 anni lui non si è mai posto il problema dell’alternativa, non l’ha cercata e anche gliel’avessero proposta si sarebbe girato dall’altra parte. Ha messo un mattone sopra un altro e si è costruito intorno una fortezza, sembrava non potessero entrarci nemmeno le emozioni e invece due sere fa mancava solo che si strappasse la tuta dalla gioia.
Ancora Brugger: «Non l’ho mai visto esultare così in tanti anni, è stata la vittoria più dura. Ha vinto una sfida anche con se stesso». Con quel fisico («da atleta normotipo») forse potrebbe anche andare avanti, dice il professor Spataro, direttore dell’Istituto di medicina del Coni e responsabile sanitario della missione olimpica, «ma deve decidere la testa». Per liberarla, adesso Zoeggeler chiede un po’ di ferie: «Voglio andare al mare. Lì non faccio proprio niente, sto sdraiato tutto il giorno». A quarant’anni e con i tempi che corrono, rischiare sarebbe pericoloso: meglio portarsi il lavoro da casa.