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 2014  febbraio 11 Martedì calendario

IL CONTO DEL BLITZ – [PIL, DISOCCUPAZIONE, DEBITO COSÌ MONTI HA STREMATO L’ITALIA]


Pil, debito, disoccupazione, consumi, bilancia commerciale. Anche volendo simpatizzare per Mario Monti e per l’eurocomplotto che lo ha portato al potere attraverso la detronizzazione di Silvio Berlusconi non è facile scovare un numero che possa far pensare agli italiani che, tutto sommato, ne sia valsa la pena. La realtà, anche senza voler prendere in considerazione gli scivoloni politici su pensioni e lavoro e la valanga di tasse piombata sulla testa dei contribuenti, è che il professore della Bocconi ha lasciato dietro di sé solo macerie. Scenario reso ancora più indigesto dal fatto che, nello stesso periodo, la Germania ha invece ripreso a correre.
Il bilancio dei principali indicatori ha i contorni della disfatta già nei primi 12 mesi di governo tecnico, quelli che, a chiacchiere, dovevano rappresentare la svolta. Da novembre 2011 a novembre 2012, grazie all’austerity di Monti e al suo Salva Italia, la disoccupazione passa dal 9,3 al 10,8%, il Pil scende da -0,51 a -2,56, la produzione industriale da -4,05 a -5,07, il debito schizza dal 120,7 al 126,4% e i consumi scivolano da - 1,59 a -3,69.
Il quadro tratteggiato dall’Istat la scorsa estate è drammatico. Un Paese portato sull’orlo del baratro con prospettive di declino economico e sociale per gli anni a venire. Le persone in stato di grave deprivazione sono raddoppiate dal 6,9% del 2010 al 14,3% del 2012. Nello stesso anno due famiglie su tre hanno ridotto la spesa di prodotti alimentari con un potere di acquisto diminuito del 4,8% (era -0,6% alla fine del 2011), con una caduta che l’Istituto definisce di «intensità eccezionale». Il crollo dei consumi è il più alto dal 1990, mentre la disoccupazione è aumentata del 30,2% (dall’8,4% del 2011 al 10,7%).
Le cose sono cambiate molto poco nel 2013, con Enrico Letta e il governo delle mezze larghe intese costretti a gestire la devastante eredità dei professori. Il Pil, che nel 2011 era allo 0,5% e nel 2012 era crollato del 2,5% dovrebbe chiudere il 2013 a quota - 1,8%.Il debito ha continuato a gonfiarsi. Dal 120,7% del Pil del 2011 è salito al 127 per poi avviarsi a chiudere il 2013 con un 132,6%. Stesso trend per la disoccupazione, che nell’anno della caduta del governo Berlusconi aveva chiuso all’8,4%, uno dei livelli più bassi dell’Unione europea. Il record positivo si è rapidamente dileguato con l’esecutivo di salute pubblica voluto dal capo dello Stato e dagli euroburocrati. Il tasso è salito al 10,7% dopo il primo anno di cura Monti. Ed è andata ancora peggio con l’arri - vo di Letta, che ha portato l’indice ai livelli più alti dell’eurozona con una percentuale del 12,7% e un primato assoluto per la disoccupazione giovanile del 41,6%. Record dall’inizio delle serie storiche nel 1977. Qualcuno potrebbe dire che Monti non ha colpe e che la crisi si è abbattuta con violenza su tutto il Vecchio Continente. L’obiezione è vera solo in parte. È incontestabile che dal 2011 l’Europa si è mossa con il freno a mano tirato e che la recessione ha colpito con particolare intensità i Paesi periferici dell’Unione. Nessuno, però, tranne la Grecia, si è avvitato in una spirale così devastante come l’Italia. E c’è anche chi, come la Germania, la crisi l’ha vissuta solo di striscio. Anche e soprattutto, considerato che Berlino è stata tenuta a galla principalmente dall’export, grazie al declino dei principali competitori sui mercati internazionali. Sarà un caso, ma nello stesso periodo in cui Monti e Letta mandavano a picco il Paese, il popolo di Angela Merkel tornava invece a vedere la luce. Il Pil tedesco si è contratto vistosamente dal 3,3% del 2011, ma è sempre rimasto in terreno positivo con +0,8% nel 2012 e +0,4% nel 2013. Il debito è rimasto pressoché stabile, con una leggera diminuzione dall’80,5% del 2011al 79,5% dello scorso anno. Simile l’andamento della disoccupazione, che è passata dal 7,9% del 2011 al 7,6% del 2012, per poi tornare nel 2013 al 7,9%.
Ma la cartina di tornasole è rappresentata dall’andamento della bilancia commerciale. L’Italia, grazie all’azzeramento dei consumi e ad una debole tenuta dell’export, ha visto il saldo salire da un passivo di 25,5 miliardi del 2011 ad un attivo di 10,9 miliardi nel 2012. Valore che lo scorso anno, sempre a causa del crollo della domanda interna, si è attestato a 26,7 miliardi. Negli stessi anni la Germania ha collezionato surplus da capogiro. I 157,4 miliardi sono balzati a 186,6 miliardi nel 2012. Mentre nel 2013 la bilancia commerciale ha chiuso al livello record di 198,9 miliardi. La Merkel ringrazia.
twitter@sandroiacometti