Antonio Castro, Libero 11/2/2014, 11 febbraio 2014
INPS, IL TESORO IN ROSSO
Un tesoretto in appartamenti, negozi, box auto e anche terreni. Che costa in manutenzione e oneri fiscali più di quanto (ipoteticamente) dovrebbe rendere. Il paradosso è che, per buona parte degli appartamenti e dei negozi, c’è chi sarebbe ben disposto a sborsare. Ma da quasi 20 anni non se ne viene fuori.
Ma con la legge di Stabilità - e l’impegno a dismettere immobili pubblici per almeno 500 milioni - forse qualcosa dovrà muoversi. L’infinita saga della vendita del patrimonio Inps (che oggi ha ingoiato anche quello ex Inpdap e «frattaglie» varie), inizia nel 1996 e quasi 20 anni dopo ancora non si può scrivere la parola fine.
Il paradosso è che gestire questo castelletto immobiliare non solo non rende un euro alle disastrate casse della previdenza pubblica, ma anzi costa una barca di milioni per l’effetto incrociato delle manutenzioni, dell’imposizione fiscale sugli immobili (anche lo Stato paga l’Ici/Imu), e degli affidamenti esterni.
Tra beni strumentali e appartamenti o negozi dati in affitto l’Istituto può mettere a bilancio un valore teorico di circa 3,2 miliardi. Ma circa 800 milioni sono rappresentati da immobili strumentali (le sedi Inps che però in parte sono in affitto esterno e quindi costano 240 milioni l’anno), e il resto (2,4 miliardi per 25mila unità) il valore teorico degli immobili che dovrebbero essere alienabili. Dovrebbero, appunto. C’è gente che dal 2000 conta di poter acquistare. Ma per una serie infinita di stop and go (politici e amministrativi), la benedetta dismissione non ha portato un euro in tasca alle casse pubbliche. La repentina defenestrazione di Antonio Mastrapasqua ha riacceso l’attenzione di fondi immobiliari (che oggi ne custodiscono un buon numero), degli inquilini e dei signorotti di Via XX Settembre. Infatti anche sui proventi di questa che dovrebbe essere una privatizzazione semplice semplice, si fa affidamento per centrare i numeri di bilancio. O per lo meno si è messo in conto, a fine dicembre, di incassare una prima tranche di 500 milioni entro il 2014.
Dal 2008 al 2012, ha fatto di conto Il Sole 24 Ore, «il rosso di bilancio portato in casa Inps ammonta a 380 milioni. Una cifra consistente. Su un patrimonio che dovrebbe valere oltre 3 miliardi le perdite hanno un rendimento negativo di oltre il 10%». Come mai? Nel 2012 su ben 272 milioni di perdite (per la gestione immobiliare) «l’Imu ha contribuito per 217 milioni». Insomma, lo Stato incassa le imposte sugli immobili, che però pesano su un ente pubblico che è in disavanzo cronico, e quindi lo Stato da un lato incassa e dall’altro paga.
Ma non basta. Con un patrimonio tanto consistente ci si attenderebbe che gli incassi da affitti siano consistenti. E invece no. A parte che circa 500 appartamenti sono occupati abusivamente (da decenni), l’incasso da chi paga è misero. Infatti gli affitti non coprono quasi mai le spese. «Nel 2010», scrive sempre il quotidiano di Confindustria, la gestione immobiliare dell’Istituto «ha chiuso con 55 milioni di rosso, l’Inps ha incassato affitti per 34 milioni. Ma tra manutenzione, spese e tasse sono usciti dalle casse 64 milioni, quasi il doppio delle entrate».
Come se non bastasse l’Istituto sborsa quattrini per remunerare chi gestisce il patrimonio. Sempre nel 2010 l’Inps ha sborsato 23 milioni per una gestione in perdita. In qualsiasi altra impresa privata un manager «tanto abile» sarebbe stato cacciato con tanto di azione legale di recupero. All’Inps - saltato Mastrapasqua - si preferisce far finta di nulla. Il 6 novembre scorso in una dettagliatissima relazione alla Camera (Commissione di controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza), l’attuale direttore generale, Mauro Nori, chiosava: «È possibile, comunque, individuare specifiche direttrici di azione finalizzate a conseguire una maggiore efficacia nei processi di cessione e valorizzazione attualmente in essere: salvaguardia dei diritti riconosciuti ai conduttori degli immobili cartolarizzati residui tutto locati, anche a seguito della chiusura delle operazioni di cartolarizzazione, attraverso la prosecuzione delle vendite dirette ». Insomma, si può anche vendere ma bisogna rimetteremano al quadro normativo. L’Inps ha forse la responsabilità di aver complicato l’eventuale cessione, ma il governo (e i diversi ministri) certo fin ad ora non hanno reso fattibili le vendite. C’è solo da individuare a chi faccia comodo che un patrimonio (che produce solo perdite) resti in pancia all’Inps. A chi?