Aldo Grasso, Corriere della Sera 11/2/2014, 11 febbraio 2014
L’ECO DELLA STORIA PASSIONE E CARISMA
Per chi come me soffre della «sindrome Fabrizio Del Dongo» (non accorgersi mai dei grandi eventi che ti stanno sfiorando), sarebbe impossibile cogliere l’eco della storia, il rimbombo dei fatti che si riverbera sul presente e sul futuro. Impresa impossibile. Non così per Gianni Riotta, la cui invidiabile sicurezza si esercita su vari campi del sapere.
Rai Storia, diretta da Silvia Calandrelli, ha un compito difficile: ridare un’identità a una rete strategica nell’ambito dell’offerta Rai. Finora i tentativi sono stati incerti, sospesi tra il già visto e l’inadeguato.
A condurre «Eco della Storia», Riotta succede a Paolo Mieli e, per fortuna, tiene alta la bandiera del giornalismo culturale, dell’esploratore curioso, del conduttore appassionato (domenica, 21.10). Per esempio, Riotta ha un senso del tempo, che in tv è uno strano misto di ritmo, carisma e sensibilità, che pochi suoi colleghi possono vantare.
Certo, sugli argomenti si può discutere. Domenica sera, parlava di cinema con il critico Enrico Magrelli e il produttore Mario Gianani. Riotta e Magrelli sono cresciuti alla scuola critica del Manifesto dove il «contenuto» aveva un suo peso. Il sogno di Gianani (marito di Marianna Madia) sarebbe quello di produrre un film di Pier Paolo Pasolini. Insomma i registi che citavano, da Fellini a Rosi, non erano i santi del mio paradiso, ma questo non importa, non bisogna mai farsi ricattare dal contenuto.
La critica cinematografica viene spesso accusata di «scarrucolare» i giudizi (il caso classico è Totò, vilipeso da vivo e osannato da morto; ma bisognerebbe anche fare i nomi di chi, da vivo, lo amava come Ennio Flaiano che forse ha più autorità di un Vice e non ha dovuto aspettare Goffredo Fofi). Il fatto è che lo scarrucolamento appartiene a ogni forma di critica: quando, con il tempo, cambia il punto di vista, cambia anche il testo.