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 2014  febbraio 11 Martedì calendario

«INTERNET? NO, LE VENDITE A CASA» UTILI (ALL’ANTICA) PER TUPPERWARE


Il suo successo mondiale fu in gran parte merito di una casalinga della Florida che nell’arco di pochi anni si trasformò in una venditrice eccezionale, prima donna a finire sulla copertina di Business Week . È nell’America dei primi anni 50 che Brownie Wise incontra il suo destino. Lei aveva già avuto qualche esperienza di lavoro come rappresentante della Stanley Home Products. Earl Silas Tupper, aveva fondato l’azienda che aveva messo sul mercato per la prima volta una ciotola in polietilene. Plastica, più semplicemente. Materiale introvabile all’epoca sugli scaffali dei supermercati a stelle e strisce e che, a dirla tutta, non piacque molto agli americani.
I primi contenitori Tupperware vennero subito ritirati dal mercato. Ma quando i due, Wise e Tupper, cominciarono a lavorare insieme, fu tutta un’altra storia. Nacquero così gli “home parties”, le dimostrazioni Tupperware diventate metafore del consumismo postbellico e simbolo dell’evoluzione del ruolo della donna negli Stati Uniti di Eisenhower. Sono passati più di 60 anni da allora, Wise è morta nel 1992 ma l’azienda di Tupper, oggi una multinazionale americana con un fatturato da 2,6 miliardi di dollari e una capitalizzazione da 4,8 è presente in oltre 100 paesi nel mondo. E nonostante Internet e social media, Facebook e Twitter, manda avanti il suo business con la stessa strategia: le venditrici e le dimostrazioni casa per casa. «Ovviamente in questo lasso di tempo siamo cambiati — puntualizza Rick Goings, Ceo di Tupperware —. Prima facevamo solo contenitori, ora le ciotole rappresentano appena un terzo della nostra attività. Quel che è certo è che ogni 1,4 secondi c’è una dimostrazione Tupperware in qualche parte del mondo».
Utensili e prodotti per rendere la vita più facile e veloce in cucina sono il futuro di Tupperware e Goings cerca di dimostrarlo alzandosi dalla poltrona rinascimentale della sua suite dell’Hotel Fours Season nel pieno centro di Milano: prende un po’ di prezzemolo, un marchingegno che si chiama “Turbo chef” e rispolvera l’anima da rappresentante di quando, da ragazzo, aveva cominciato a lavorare facendo il porta porta. «Basta tirare questa corda e trita tutto» spiega. «Quando è nata Apple l’unico business di Steve Jobs era il Mac, ora c’è l’Ipad, l’apple tv, itunes, l’iphone. Stiamo cercando di fare la stessa cosa, modernizzando l’immagine di Tupperware e aggiornando la nostra linea di prodotti». Anche in Italia, mercato strategico per la multinazionale che quest’anno festeggia 50 anni di presenza sul territorio. Non è un caso che Goings abbia programmato in questi giorni un roadshow per incontrare tutti i venditori da Milano a Catania. L’ultimo trimestre 2013 Tupperware ha chiuso il fatturato italiano a +12% e a 89,7 milioni di dollari a livello globale (dai 74,5 dello stesso periodo del 2012). «Per questo stiamo aumentando la forza vendita — aggiunge Goings — abbiamo incrementato la forza lavoro del 30% e nel 2013, nonostante la crisi, siamo cresciuti a doppia cifra».
Nessuna intenzione di aprire negozi. «Le nostre donne e il loro passaparola sono molto meglio di qualsiasi punto vendita — precisa l’amministratore delegato — riescono a vendere 250 dollari di prodotti in un’ora e mezza. Se c’è qualcosa da incrementare — aggiunge — è la presenza». In Italia la multinazionale conta 57 concessioni autorizzate e 25 mila venditrici. «Eppure non abbiamo ancora sfruttato appieno le potenzialità di questo Paese, nei prossimi anni cercheremo di penetrare ulteriormente nel mercato del centro e sud Italia per poi continuare a crescere a doppie cifre».
Corinna De Cesare