Giangiacomo Schiavi; Armando Torno, Corriere della Sera 11/2/2014, 11 febbraio 2014
LA CASA DEL MANZONI UNA MEMORIA DA SALVARE PER MILANO E L’EXPO
Ci sono muri che parlano. La casa dove visse Alessandro Manzoni, a Milano, racconta un’Italia di inquietudini e passioni civili. Ma il tempo e il degrado rischiano di mandare in crisi una grande memoria. Qui visse il grande scrittore dal 1814 al 1873. Tra queste pareti pensò, ricevette, attese a poesie e prose, cercò protezione (soffriva di agorafobia). Nello studio al piano terra, nacquero le tre versioni de I promessi sposi tra il 1821 e il 1840. Qui vennero a trovarlo, per ricordare qualche nome celebre tra i tanti possibili, Carlo Porta che ciaccolava con lui in dialetto, Verdi che lo venerava, Balzac ossessionato dai diritti d’autore (voleva discuterne con lui che ne fu vittima), Rosmini, D’Azeglio ovvero suo genero perché ne sposò la figlia. Non mancò nemmeno l’imperatore del Brasile don Pedro I, un patito del Cinque Maggio . Vi capitò anche quel diavolo di Garibaldi che, con un atto furbesco, giunse tra queste mura nel 1862 suscitando un po’ di rumore. La sua visita aveva lo scopo di inviare un messaggio ai cattolici che, in soldoni, diceva: Manzoni vede di buon occhio la soppressione del potere temporale dei Papi, e quindi non ci sono particolari veti intellettuali, anche tra i figli migliori della Chiesa, perché Roma possa diventare capitale d’Italia.
In questo monumento nazionale di proprietà del Comune è passato il mondo. Ma le segnalazioni sono scarse: sui cartelli, nella via che porta il nome del grande scrittore, si legge prima il nome di un noto ristorante. Servono restauri: ci sono da sistemare alcune mende create dall’umidità e dal tempo, al piano terra bisognerebbe pensare a un’accoglienza diversa per i visitatori, il giardino manzoniano è ancora inaccessibile ai turisti. Anche gli orari dovrebbero essere allungati. In vista dell’Expo Gianmarco Gaspari, direttore della Casa del Manzoni dal 1996, confida: «Si tratta di interventi non straordinari, ma per il 2015 sarebbe necessario riqualificare tutta la parte degli spazi espositivi».
Oggi la casa è un museo e svolge diverse attività culturali. Pubblica l’edizione nazionale ed europea delle opere di Manzoni (usciti 17 volumi; tra una decina di giorni avremo il diciottesimo, I promessi sposi 1840, con un nuovo e innovativo commento critico), organizza convegni, mostre e conferenze. Inoltre riesce a dar vita a una collana di libri preziosi intitolata «Mediolanensia», dedicata a opere storiche sulla città di Milano, nella quale è appena uscita la cronaca di Galvano Fiamma. Tra l’altro, il museo è visitabile e c’è una ricca biblioteca che conserva la maggior parte delle opere relative a Manzoni e alla sua epoca. Vi giungono, e qui lavorano, studiosi da ogni parte del mondo. I restauri, se si vuole tenere viva ed accessibile una memoria storica, sono urgenti.
Milano, il Comune, i privati, non possono chiamarsi fuori. Anche perché questo luogo si inserisce meravigliosamente nel percorso museale che si è creato nel quadrilatero di strade che affiancano la Scala. Da Brera a piazza Duomo. Dal Museo del Novecento a Palazzo Citterio. Dal Poldi Pezzoli al Bagatti Valsecchi. Da Palazzo Reale alle Gallerie d’Italia. Il centro di Milano nel giro di pochi anni è diventato un grande museo. In poco più di un chilometro si può fare una passeggiata unica nella storia culturale e artistica della città. Come a Berlino. Un percorso che una volta reso pedonale potrebbe diventare un biglietto da visita importante per Expo. E il distintivo di una grande città. Come a Parigi, dove la memoria delle persone illustri che l’hanno fatta grande è omaggiata con il linguaggio delle epigrafi.
La casa del Manzoni, il percorso culturale attraverso le gallerie, la valorizzazione delle case museo disseminate in città, innescherebbero un’affettuosa operazione di memoria, utile per i turisti e anche per l’orgoglio milanese. Sarebbe l’avvio di quel circuito della conoscenza tante volte auspicato e tante volte snobbato dalla politica. Dicono in tanti che questo è un momento importante per Milano. Le discussioni aperte sulla Grande Brera, sull’ascensore del Duomo, sul cavallo di Leonardo, hanno dato l’idea del fermento in corso. La casa del Manzoni si aggiunge all’elenco dei sospesi: ci vuole una spinta e anche un inizio. Per dare all’Expo innovativo e partecipato anche un’anima identitaria. Nelle radici e nella cultura della Milano moderna.