Antonio Gnoli, la Repubblica 10/2/2014, 10 febbraio 2014
DIARIO DI UN BANCHIERE
In quel drammatico biennio che fu il 1943-45, con un’Italia sull’orlo del precipizio, un uomo annotava quotidianamente i fatti che accadevano. Di professione banchiere, quando le banche non erano il puro oggetto del discredito popolare, Massimiliano Majnoni fu una singolare figura di cattolico-liberale. Raffaele Mattioli lo chiamò per ricoprire incarichi importanti alla Banca Commerciale. Ebbe come antagonista, più o meno silenzioso, Enrico Cuccia. Al quale, nel suo Diario (pubblicato da Aragno), non risparmiò critiche anche feroci, definendolo, tra l’altro, “infido amico” di Mattioli. Come capo della Rappresentanza di Roma della Comit, Majnoni rivestì un ruolo importante nei rapporti con l’antifascismo. Mostrando il peso che la finanza laica ebbe nel sostenere la lotta di liberazione. Il Diario è costellato di incontri con letterati, scrittori, intellettuali che a vario titolo parteciparono a quelle vicende. Da Calamandrei a De Ruggero, da Brandi a Berenson fino a Bobi Bazlen verso il quale Majnoni mostrò grande curiosità intellettuale. Non mancano i pettegolezzi, a volte gustosi e grevi. Ma su tutto prevalse un sentimento tragico. Come sopravvivere alle rovine? Come rimettere ordine alla nostra patria? Domande che ci interpellano ancora oggi. “L’Italia”, scrisse allora, “è un paese che politicamente non vale nulla”.