Alberto Statera, Affari&Finanza 10/2/2014, 10 febbraio 2014
BEFERA IL MANDARINO PASSA INDENNE ANCHE IL PASTICCIO DEI FUNZIONARI “ANOMALI”
«Servono eroi per far pagare le tasse in Italia», ama dire Attilio Befera, capo assoluto dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia. Ma gli eroi sono stanchi. Compreso il dottor Befera, detto “Artiglio”. Un nomignolo che, per la verità, sembra usurpato dopo tanti anni al comando delle agenzie fiscali.
Frequentatore assiduo di convegni, dove dispensa spesso motti scontati o insipidi (“L’evasione non è compatibile con nessun sistema veramente democratico”), ogni anno rivendica di aver recuperato tra gli 11 e i 12 miliardi evasi. Bruscolini rispetto alle stime dell’evasione, che oscillano tra i 130 e i 180 miliardi. E comunque quasi la metà del bottino annuo deriva da semplici pagamenti ritardati, mentre i controlli che riesce a fare sono 200 mila su 41 milioni di contribuenti, solo lo 0,1 per cento dei quali dichiara un reddito superiore ai 300 mila euro l’anno. E’ vero che in materia fiscale il legislatore sembra un cappellaio matto, che è riuscito negli anni a creare un sistema tributario mostruoso e indecente per un paese occidentale, un labirinto paradossale che provoca crisi di nervi dei contribuenti e dei commercialisti, mentre altrove pagare le tasse è un chiaro e scontato appuntamento burocratico da non mancare. Ma al di là delle colpe intollerabili di parte rilevante della politica, che della protezione degli evasori ha fatto il principale strumento di consenso elettorale, c’è con tutta evidenza qualcosa che non gira nelle agenzie fiscali, che il dottor Befera ha plasmato personalmente producendo talvolta incredibili pasticci. Come quello dei dirigenti nominati senza concorso, senza i requisiti previsti dalla legge: sono ben 763 su 1143, con rischio nullità di migliaia di atti e di conseguente perdita di gettito. Il governo di Enrico Letta ha cercato di metterci una pezza con una norma sui “funzionari di fatto” (sic) nel decreto sul rientro dei capitali, che nel testo definitivo è però scomparsa. Si dice che Befera, promosso dirigente generale ai tempi del ministro delle Finanze Vincenzo Visco, sia un animale perfettamente bipartisan. Ma in realtà negli ultimi anni è stato ben intrinseco alla “scuderia” di Gianni Letta. L’ex factotum di Berlusconi a palazzo Chigi, che era ed è ancora a capo di un potente network composto dagli alti gradi della pubblica amministrazione, che gestisce potere, assunzioni e clientele. Ed è intuitiva la dimensione del potere che risiede nelle agenzie fiscali, dove gli incarichi dei dirigenti “di fatto” sono stati spartiti politicamente. E dove Befera è stato dichiarato sei mesi fa “non fungibile”. Che, tradotto in italiano, vuol dire “insostituibile”.
Già pensionato da due anni, nel giugno scorso avrebbe dovuto lasciare per legge i suoi incarichi, avendo compiuto 67 anni, l’età massima consentita per rimanere in servizio ai pubblici dipendenti, con l’esclusione di professori universitari, magistrati e militari. Ma il governo Letta si è affrettato a confermarlo, senza che alcuno battesse ciglio, con poteri ancora più ampi: nell’Agenzia delle Entrate è stata assorbita l’Agenzia del Territorio, che dovrà fare la mitica riforma del Catasto per adeguare le rendite degli immobili ai valori di mercato. Una confusione smisurata di ruoli e di potere per il mandarino del Fisco che chiamavano “Artiglio”.
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