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 2014  febbraio 10 Lunedì calendario

MAGISTRATI ACCHIAPPA FANTASMI DEL RATING


Sarebbe facile ricondurre la faccenda della Corte dei Conti, che chiede un risarcimento miliardario alle società di rating per non aver tenuto conto della ’dolce vita’ e del Colosseo, all’ennesimo episodio di folclore di cui sorridere senza dargli peso. La tentazione é facilitata dall’intervista rilasciata al Corsera da chi ha sollevato il caso, il procuratore regionale della Corte dei Conti del Lazio, Angelo Raffaello De Dominicis. Leggere che colui il quale dovrebbe capire i sofisticati meccanismi dell’assegnazione del rating parla di spridriferendosi allo spread e di down ground al posto di downgrade, assegnandosi il merito di aver smosso le acque e di aver provocato il calo dello sprid, appunto, dovrebbe essere rassicurante.
Infatti, si potrebbe concludere che siamo di fronte a un episodio bislacco che non porterà alcuna conseguenza in quanto originato dall’autore di un saggio in cui si intrecciano i destini di Giulio Andreotti, Paolo Conte e Tinto Brass, convintosi che il giudizio di Standard & Poor, Moody’s e Fitch fosse un l’indice di un attacco al nostro paese per far scendere il valore delle nostre aziende e comprarle a prezzi convenienti.
’Molto pittoresco’ avrebbe commentato un gentiluomo britannico. Purtroppo le cose non sono così semplici per due motivi. Il primo é che le imprese multinazionali prendono la situazione sul serio e, se ricevono una notifica dell’apertura di ’un’inchiesta giudiziaria contabile per il declassamento dell’Italia’ mobilitano i loro avvocati, emettono comunicati stampa e fanno filtrare la notizia al Financial Times in modo che la ridicolizzi per bene.
Se poi il procuratore di Trani, che ha trascinato in giudizio S&P per manipolazione di mercato, subito si affretta a precisare che prende atto dell’iniziativa della Corte dei Conti ’con la quale abbiamo lavorato in piena sintonia’. E, non pago, precisa che si tratta di ’due strade che si muovono parallele’ e ’noi ora siamo ad un passaggio chiave che dovrebbe preludere il rinvio a giudizio’, anticipando una decisione processuale, magari le agenzie di rating potrebbero convincersi che l’Italia non é un paese che fa per loro.
É vero che anche il Department of Justice americano ha iniziato un procedimento contro S&P richiedendo 5 miliardi di dollari per la frode che l’agenzia avrebbe perpetrato assegnando un giudizio positivo per anni alle cartolarizzazioni di mutui subprime. Tuttavia, l’accusa della giustizia USA é più dettagliata e 5 miliardi di dollari non sono i 351 miliardi di euro di cui parla il procuratore del Lazio (117 per le manovre del governo e 234 per i danni all’immagine subiti dal Belpaese con il down-ground).
Se le tre società di rating dovessero però decidere che dare le pagelle all’Italia o magari alle aziende pubbliche italiane é diventato un azzardo per i rischi legali che ciò comporta, le conseguenze catastrofiche sarebbero tutte a carico del nostro paese. Le agenzie, infatti, non hanno più il prestigio degli anni passati per gli errori commessi, ma tutt’oggi sono obbligatoriamente prese in considerazione dagli investitori professionali di tutto il mondo quando devono decidere quali titoli tenere in portafoglio. Vi immaginate Bot, Btp e Cct italiani e obbligazioni ed azioni di Eni, Enel e Finmeccanica senza rating? Allora sì che lo sprid schizzerebbe. Il secondo motivo per il quale la boutade della Corte dei Conti é dannosa é che alimenta la lunga serie di fallacie economiche che circolano nel nostro paese. La più eclatante é quella del complotto per danneggiare l’Italia e acquistarne le aziende a prezzo di saldo. Orbene, gli investimenti esteri sono crollati in Italia proprio per l’insicurezza della situazione generata dai conti pubblici e dallo sprid, fatto piuttosto in contrasto con il teorema della svendita. E poiché le poche imprese vendute sono andate in ordine sparso francesi, americani, tedeschi, indiani, spagnoli - chi sarebbe il promotore del complotto? Il mondo intero? Ma andiamo...
Quanto alla pretesa di calcolare il patrimonio artistico, quando esso produce reddito é già presente nel valore del Pil, altrimenti no e questo vale per tutto il mondo. Inoltre un conto é la produzione un altro lo stock di ricchezza. Le agenzie di rating valutano la capacità di ripagare il debito allo stato dell’arte, non in caso di un’improbabile vendita di Pompei. La Procura della Corte ha annunciato che il 19 febbraio chiarirà meglio il contenuto dell’istruttoria. C’è ancora tempo: ci ripensino ed evitino che tra i tanti primati di cui faremmo volentieri a meno ci venga assegnato in pianta stabile quello del ridicolo.
adenicola@adamsmith.it