Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 10 Lunedì calendario

LA RIVOLUZIONE DI RATZINGER


IL CASO
CITTÀ DEL VATICANO
La stagione dei veleni in Vaticano sembra non finire mai. E persino sull’anniversario delle dimissioni di Papa Ratzinger si allunga un’ombra. Inquietante. Secondo il cardinale Tarcisio Bertone potrebbero esserci in circolazione delle altre carte riservate pronte per essere diffuse, forse un archivio parallelo, ovviamente ben nascosto e in mani sicure, chissà. Un po’ come dire che i corvi non hanno mai smesso di svolazzare. L’ipotesi avanzata dall’ex Segretario di Stato fa riflettere anche perché arriva da uno dei testimoni diretti della fuga di tanti documenti top secret che sparivano dal tavolo del segretario del Papa e dalla Segreteria di Stato. È davanti alle telecamere di una tv che Bertone, alcuni giorni fa, ha tracciato un bilancio di quanto accaduto al di là del Tevere per tutto il 2012: «Spero che Vatileaks sia una pagina ormai chiusa, anche se può darsi che ci siano ancora dei documenti che sono lì in riserva per esser buttati fuori». A cosa faceva riferimento? Che informazioni aveva in mano il cardinale per immaginare il rischio di altri complotti dietro le quinte? Vatileaks «È stato un periodo di grande sofferenza, fin troppo lungo di sofferenza per Papa Benedetto e per i suoi più vicini collaboratori. Soprattutto per la mancanza di amore alla Chiesa che si percepiva in tutte queste azioni e pubblicazioni di documenti che dovevano restare riservati per permettere anche un dialogo interno alla Chiesa per correggere certi comportamenti».

IL SEGRETO
Tradimenti, veleni, ricatti, cordate, scontri più o meno sotterranei soprattutto per il controllo dello Ior, fino alla cacciata improvvisa e ingiusta del presidente della banca, l’economista Gotti Tedeschi che Papa Ratzinger aveva fortemente voluto ma che non riuscì a difendere da coloro che lo consideravano un problema. Ratzinger fu tenuto all’oscuro di troppe cose. E poi la fuga dei documenti, il maggiordomo arrestato, il rapporto stilato dai tre cardinali sui vizietti della curia, certe operazioni finanziarie, ordini disattesi, la mancanza di armonia interna. Insomma ce n’era abbastanza per arrivare ad un punto di non ritorno capace di far maturare al Papa teologo la decisione di rinunciare all’incarico. Una decisione meditata, un atto di governo rivoluzionario di una lucidità impressionante. Fu uno choc per tutti. In quel Palazzo colabrodo dove i documenti sparivano dall’appartamento papale con grande facilità, le dimissioni invece furono per intere settimane protette e custodite. Uno dei segreti meglio salvaguardati. Nella rarefatta atmosfera dell’Appartamento pontificio nessuno, eccetto il suo segretario personale, don Georg, era stato informato della decisione. L’ultima volta che un Papa si era dimesso era accaduto nel Medio Evo. Don Georg Gaenswein fu vincolato da Papa Ratzinger al silenzio almeno un mese e mezzo prima dell’annuncio. Il prelato ebbe modo di pensare alle modalità e predisporre tutto per il momento X, individuato nell’11 di febbraio, un giorno destinato a passare alla storia non tanto perché commemorativo dei Patti Lateranensi, ma per le parole che nessuno avrebbe mai immaginato di ascoltare. Le dimissioni in linea teorica erano ritenute possibili, sono contemplate anche tra i commi del Codice di Diritto Canonico ma concretamente non hanno mai costituito una opzione effettiva, considerando anche l’esempio lasciato da Giovanni Paolo II rimasto al timone della barca di Pietro fino alla fine. Né vescovi, né tantomeno cardinali se lo aspettavano. Anche se qualcuno aveva notato che qualcosa di anomalo stava effettivamente succedendo.
L’edizione dell’Annuario Pontificio 2013 che doveva riportare tutti i dati del Pontefice regnante tardava ad uscire. Slittava di settimana in settimana senza spiegazioni plausibili. In tempi normali quel librone rosso va in stampa a gennaio per essere distribuito nel mese di febbraio. Alla Tipografia Vaticana e all’uffcio statistico però arrivò dall’alto l’indicazione di rallentare il lavoro in attesa di importanti modifiche. L’Annuario fu poi pubblicato a maggio con i dati del Pontefice nuovo.

IL LATINO
L’11 febbraio lo sconcerto era visibile sui volti dei cardinali che quella mattina erano riuniti con il Papa nella sala Clementina per un concistoro ordinario legato ad alcune cause di santi e beati. Benedetto XVI ha estratto dalla tasca un foglietto e ha iniziato a leggere. Poche frasi in latino. I cardinali sembravano pietrificati. Sono bastate poche parole: «Ben consapevole della gravità di questo atto, con piena libertà, dichiaro di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma». Ratzinger stava annunciando che alle ore 20 del 28 febbraio la sede sarebbe stata vacante. I motivi venivano spiegati come la mancanza di vigore sia nel corpo sia nell’animo. «In me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato». Cosa nascondevano queste parole? Papa Ratzinger era arrivato al culmine di un faticoso periodo segnato da tradimenti personali, da documenti spariti, da decisioni disattese, da collaboratori infedeli, da comportamenti inaccettabili. La misura era colma. Alcuni giorni fa in una frase pronunciata da Papa Francesco durante la messa a Santa Marta è sembrata fornire la chiave di lettura di tanti fatti: «Quando c’è la corte è possibile fare di tutto: la corruzione, i vizi, i crimini. Le corti favoriscono queste cose».
Franca Giansoldati