Gaia Piccardi, Corriere della Sera 10/2/2014, 10 febbraio 2014
CHRISTINA, LA METÀ NASCOSTA DI MARCO «LO PORTO NEL CUORE, CON ORGOGLIO»
«Mi avvicinno a una data particolare ed è chiaro que, pure a diechi anni di distanza, le sue domande mi provocano una certa emmozione…».
L’italiano di Christina Jonsson è evaporato con il tempo. Che però, da buon guardiano delle cose terrene, ha lasciato intatti ricordi, sentimenti e piaghe del cuore. Non è servito partire, mettere tra sé e Marco Pantani una distanza di sicurezza necessaria, anzi vitale. Ogni anno, avvicinandosi la data, quella data, i fantasmi prendono il treno da Cesenatico e salgono in Svizzera, a Losanna, avenue des Oiseaux 7, suonano il campanello dell’Ecole d’Arts Tetard e le presentano il conto. Sette anni con il Pirata, toccando il cielo e poi giù in picchiata sui tornanti dell’inferno insieme a lui. Cocaina inclusa. Una sola bella e toccante intervista a L’Hebdo, settimanale svizzero. «Lo incontrai nel ’96 in discoteca — ricorda —. Avevo 19 anni, Marco 26. Aveva già orecchino e bandana. Mi sembrò un ribelle, come me: avevo lasciato la Danimarca, e una madre alcolizzata, per seguire il talento di ballerina e pittrice. Troncai nel 2003, per preservare la mia salute fisica e mentale». Non si sarebbero mai più rivisti.
Christina Jonsson, 37 anni, è la dama bionda che il Pirata amò, riamato, di una passione tossica e mal vista dalla famiglia Pantani, incandescente anche quel 5 giugno a Madonna di Campiglio, quando lui iniziò lentamente a morire, trascinandosi dietro l’affetto più caro. Lei. Christina è una donna sensibile, scappata per sano egoismo da un ambiente diventato cancerogeno e riparata in Svizzera, dove David D’Ambrosio, direttore della scuola privata in cui insegna Arti visuali, la protegge con afflato più che professionale. Stanarla non è stato semplice. Parlarle ancor meno. Christina è diffidente come una preda braccata. «Cerchi di capirmi: ho una pessima opinione della stampa italiana. Ricordo giornalisti capaci di tutto. Arrivarono ad offrire 3 mila euro a un’amica per avere il mio numero di telefono. S’inventarono interviste. I paparazzi mi seguirono in Danimarca e poi qui, a Losanna. Una rivista pubblicò la foto di una donna in raccoglimento sulla tomba di Marco. Non ero io». Presa per mano, condotta intorno agli spigoli più acuminati, Christina risponde. «Non ho lasciato alle spalle quel periodo della mia vita. Semplicemente, ho imparato a conviverci: il dolore si è fatto più discreto e meno distruttivo, sebbene ci sia voluto molto lavoro per superarlo». Il giorno di San Valentino è una fitta che si ripresenta puntuale, fedele a uno schema inconscio: «Qualche anno fa mi sono accorta che mi sentivo assalire da una pena infinita. Ho capito che, per non uscirne sempre sconfitta, avrei dovuto convertirla in qualcosa di costruttivo». Da allora, la sera del 14, la galleria d’arte Tetard ospita progetti a tema. Nel decennale, l’esposizione «I really lov U» proporrà le opere della giovanissima artista locale Jaz Ayling. «Come insegnante ho la fortuna di seguire l’evoluzione di una ventina di studenti. Conduco una mia personale ricerca plastica e dipingo nel mio studio». Vive in un albergo in disuso, in montagna, che sta restaurando con amici.
Sei pronta a tornare in Italia? «Credo di sì. Vorrei venire ad incontrare artisti e appassionati d’arte. Penso sempre con emozione al mare Adriatico, al porto di Cesenatico, alla generosità dei romagnoli. Ho ancora nelle orecchie il suono delle onde e negli occhi la nebbia dell’inverno». Sulla tomba di Marco è stata qualche anno fa. «Sua madre non mi aveva invitata al funerale privato né io avevo avuto il coraggio di presentarmi. L’ho salutato solo molto tempo dopo. Conosco quel cimitero: con Marco andavamo a trovare il suo adorato nonno. Pioveva fortissimo. È stato un momento orribile, però utile per guardare in faccia la realtà. A dieci anni dalla scomparsa, voglio ricordare Marco nel suo garage mentre, maniaco della perfezione, regola la sella della bici al millimetro. Era esigente con se stesso e devoto al lavoro: oggi riconosco che mi ha insegnato moltissimo». La voce si fa un sussurro: «Lo porto nel cuore con umiltà e orgoglio. E spero che da voi venga ricordato così». Christina torna nel suo silenzio. Qualcuno, ora, sta piangendo.