Flavia Amabile, La Stampa 10/2/2014, 10 febbraio 2014
TETTI DI RAME, LAPIDI, CROCI E FIORI LA VERGOGNA DEI LADRI NEI CIMITERI
Una sera mi arriva via Facebook un messaggio di Andrea Ferraretto. Nella vita è un economista ambientale, mentre mi parla è un figlio che si è visto violare la tomba del padre.
La tomba si trova nel più grande cimitero d’Europa, si estende per 140 ettari, è attraversato da 37 chilometri di strade interne e sette linee di autobus. È una città. Ci sono i quartieri residenziali con le tombe dei vip da Enrico Berlinguer a Amintore Fanfani, da Corrado a Renato Carosone e Sylva Koscina. E ci sono quartieri popolari dove sono sepolti una discreta quantità dei romani morti negli ultimi settant’anni. E poi ci sono gli ibridi: cappelle e tombe costruite persino sui crocevia e gli spartitraffico nell’ansia di recuperare spazio e rendere produttivo ogni centimetro di terra.
I ladri sono democratici, arraffano di tutto ovunque riescano a farlo, senza distinzione di censo. E la livella dei cimiteri in versione criminale: grondaie, vasi di fiori, croci, lettere dalle lapidi scompaiono ai grandi colonnelli un tempo potenti, agli impiegati e agli operai.
È un fenomeno diffuso in tutt’Italia, da Narni a Torino, da Livorno a Pinerolo e Varese. Ed è in forte aumento. A Osio di Sotto, in provincia di Bergamo, nella notte della Befana, hanno rubato un intero tetto di rame,la copertura del magazzino del custode. In genere la tecnica prevede che i ladri entrino nel cimitero poco prima della chiusura, in particolare nei mesi invernali quando fa buio presto ed è più facile passare inosservati. Staccano tutto quello che è di bronzo, di rame, o di ottone. Ma anche busti di marmo, lapidi o sculture nel caso di furti su commissione. Raccolgono il materiale in un punto preciso e il giorno dopo tornano con un’auto o un furgone a prendere il bottino. In genere si pensa che i ladri siano stranieri ma l’ultimo finito in manette due settimane fa era un romano di 48 anni, l’hanno trovato con 150 chili di oggetti rubati sotto la metropolitana.
«Il fenomeno è in aumento - ammette Vittorio Borghini, direttore della Divisione Cimiteri Capitolini dell’Ama - però bisogna dire una cosa: la custodia e la vigilanza dei cimiteri è compito del sindaco che ha le forze di polizia locale e di sicuro può muovere altre leve attraverso il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e la prefettura».
Parole che suonano molto diverse da quelle pronunciate due anni fa dall’allora amministratore delegato dell’Ama Piergiorgio Benvenuti che prometteva enormi risultati dal sistema di circa 30 telecamere collegate alla sala operativa della videosorveglianza dell’Ama e dal servizio di guardie giurate.
«E’ già stato un buon risultato - assicura Borghini - da parte nostra riuscire a distrarre mezzo milione per la sicurezza e la vigilanza. Temo però che più di tanto non si riesca a fare. Il sistema delle telecamere tanto invocato da tutti come la panacea è un sistema parziale. Se non c’è un meccanismo a garantire il pronto intervento ogni volta che la telecamera registra qualcosa di anomalo resta solo un esercizio di mera registrazione dei dati. Che possono servire, e sono serviti tante volte, anche a fornire prove in sede d’indagine. Però non forniscono al cittadino quello che lui chiede, la sensazione che ci sia qualcuno che interviene immediatamente nel momento in cui c’è bisogno».
Nel cimitero Flaminio, invece, la sensazione è che sia possibile fare qualsiasi cosa. Non solo rubare. Anche portare il proprio sacco della spazzatura se si è perso il turno della differenziata e buttarlo lì, in mezzo alla strada. O lasciare batterie usate e copertoni di auto dietro la camera mortuaria. D’altra parte, ormai è una città come tante.