Marco Belpoliti, La Stampa 10/2/2014, 10 febbraio 2014
SEGNALETICA DOC
L’immagine che vedete accanto a quest’articolo è stata scattata nella stazione di una città italiana, Bergamo, che ha oltre 100.000 abitanti, mentre la provincia supera il milione. Inoltre, la stazione è anche il punto di approdo di un aeroporto, Orio al Serio, diventato uno dei più importanti del Nord Italia. Per indicare i binari nel dedalo dei lavori in corso, è stato tracciato questo segnale direttamente su un pannello con lo spray, presumibilmente dall’impresa che li esegue. Uno dei settori più interessanti, e anche importanti, della grafica contemporanea è la cosiddetta «grafica di pubblica utilità». Si tratta dei sistemi che forniscono informazioni utili in un ospedale, un ufficio pubblico, una scuola, un museo, una mostra, un supermercato, un garage, un aeroporto. La segnaletica stradale appartiene a questo genere d’informazioni. Sono indicazioni decisive. Da molti decenni i designer grafici studiano il problema, dai fattori visivi a quelli antropometrici: grandezza dei caratteri, disegno, distanza di lettura, altezza delle scritte o dei numeri, colore sì o no, quale colore. Formati, griglie e gabbie sono oggetto di studi percettivi. Ci sono indicazioni precise rispetto alla segnaletica esterna e interna, alle installazioni da realizzare in caso di situazioni provvisorie. La segnaletica, poi, è inclusa nella «corporate image» delle aziende. Tabelle descrivono la leggibilità riguardo al carattere: corpo 6 si legge bene a 35 cm di distanza, corpo 36 a 3 metri. Anche per disegnare una freccia, in apparenza un compito facile, ci sono studi che aiutano a definire questo simbolo che vive tra l’immagine visiva e il segno scritto. Cito tutto questo da un manuale in uso nelle scuole superiori e all’università: Michele Spera, Abecedario del grafico. La progettazione tra creatività e scienza (Gangemi Editore, 2005). Come ricorda Armando Petrucci in La scrittura (Einaudi) la città è sempre stata ricoperta di scritte, a partire dal mondo classico, da Roma, in un succedersi di segni e disegni di vario tipo, dimensione e importanza. Dato per scontato che la spontaneità dei segni può anche avere un valore plurale e liberatorio – e questo è a suo modo un segno efficace –, perché nessuno alla stazione di Bergamo ha pensato a una cartellonistica provvisoria ma ordinata, e soprattutto efficace? Funziona forse meglio il segno così? Soluzione all’italiana anche per la segnaletica: cosa importa della forma, basta che funzioni.