Andrea Di Quarto, Tv Sorrisi e Canzoni 4/2/2014, 4 febbraio 2014
TUTTA ITALIA VA MATTA PER I MATRIMONI DI ANTO’
Ha scatenato mille polemiche, causato un’interrogazione parlamentare, ispirato gruppi Facebook, fatto dell’hashtag #ilbossdellecerimonie un «trend topic» su Twitter. E ha generato ascolti record per Real Time. «Il boss delle cerimonie»; docu-reality sulle feste nuziali che si tengono al «Grand Hotel La Sonrisa» di Sant’Antonio Abate (Napoli), è il fenomeno televisivo del momento. E la rete pensa già a un seguito, se non addirittura a una versione inedita, dedicata magari a cresime e battesimi. Ma il programma ha sollevato anche un caso. «Non ci rappresenta!» hanno infatti tuonato da Napoli. E alcuni politici della regione sostengono che i matrimoni «esagerati» danneggino l’immagine della Campania. A quanto pare tutti hanno detto la loro tranne lui, il boss, Tobia Antonio Polese, deus ex machina de «La Sonrisa» e protagonista del programma tv. Sorrisi ha deciso d’incontrarlo. Nel suo «castello».
Sorpreso da tante polemiche?
«Piacere non fanno di certo. Ma sa che cosa mi disse un giorno il maestro Mario Merola, che qui da noi era di casa?».
Ci dica.
«“Solo o Vesuvio è cchiu grande e te”. Io ho le spalle larghe, lascio che mi scivoli tutto addosso».
Vi accusano di organizzare feste di matrimonio sguaiate e «cafone».
«Ma quale sguaiati, ma quale cafoni? Le tradizioni non le abbiamo certo inventate noi. Qui da noi i matrimoni durano 10 ore, e allora? E se uno vuole i cantanti neomelodici, che gli dico: “Tu t’ha piglià i violini zigani?”. I cantanti li portano i clienti. Poi se uno vuole il pianoforte glielo diamo e se vuole i comici idem. Da qui sono passati Vincenzo Salemme, Alessandro Siani, Biagio Izzo. La verità è che la gente viene per la qualità del cibo. Ha presente Cannavacciuolo?».
Certo, lo chef stellato Michelin, protagonista del reality «Cucine da incubo» su Sky e su Cielo.
«Si, Antonino, proprio quello che ora sta in tv. Le prime pentole le ha maneggiate qua. Suo padre era il nostro chef».
Che cosa vi ha offeso di più di quanto hanno detto su di voi?
«Che hanno parlato di sottocultura. Ma perché sottocultura? Una cultura diversa, semmai! Cosa dovremmo dire allora del film “Il principe abusivo” con Alessandro Siani, dove la principessa in cerca di un luogo disgraziato e di un poveraccio sceglie proprio Napoli? Non fa certo onore ai napoletani, eppure nessuno si è risentito».
La concorrenza, invece, che dice?
«Stanno scoppiando d’invidia. Il giro d’affari è aumentato e sempre più coppie vogliono partecipare al programma. Ci chiamano da Busto Arsizio, da Lugano, dal Canada... Pure i cinesi vengono qui. Dovrebbe vederli, altro che napoletani!».
Dicono che la villa sia abusiva.
«Ammetto che nella ristrutturazione della masseria sulla quale è sorta “La Sonrisa” ci siamo un po’ allargati...».
Come le è venuto in mente di mettere in piedi tutto questo?
«Ho sempre avuto spirito imprenditoriale. La mia è una famiglia di commercianti di carne, poi io mi sono lanciato nel settore caseario. Quando ho cominciato a investire miliardi nella Sonrisa tutti mi scoraggiavano, dicevano che ero pazzo. Qui in mezzo al nulla... Oggi diamo lavoro a 102 persone. Che arrivano anche a 200. Abbiamo 70 camerieri e 26 cuochi. I politici dovrebbero venire ogni mattina e dirmi: “Don Anto’, di che cosa avete bisogno?”».
Lei ha anche scritto la sua autobiografia, nella quale racconta della condanna per favoreggiamento...
«Nel 1983 fui arrestato con altre 800 persone fra cui Enzo Tortora. Mi accusarono ingiustamente d’associazione camorristica. Ma avevo fiducia nella magistratura. Mi costituii, la giustizia fece il suo corso e la condanna fu commutata in favoreggiamento, che valutata con onestà era ciò che giustamente meritavo. E che ho scontato».
Quale stata la più grande cerimonia che avete ospitato?
«Il matrimonio di Roberto Merola, figlio di Mario: 700 invitati, fra cui Mara Venier, e i maggiori cantanti napoletani. Per farli cantare tutti la festa andò avanti fino alle sette del mattino. E servimmo i cornetti».