VARIE 10/2/2014, 10 febbraio 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - NAPOLITANO CONSULTA MONTI NELL’ESTATE 2011. SCANDALO!
REPUBBLICA.IT
ROMA - Forza Italia contro Napolitano dopo le anticipazioni del Corriere della sera sul libro scritto da Alan Friedman. Nel volume il giornalista americano ricostruisce le modalità con cui si arrivò all’avvicendamento a Palazzo Chigi, nel novembre del 2011, tra Silvio Berlusconi e Mario Monti: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avrebbe contattato il Professore già nel corso dell’estate. Circostanza confermata dallo stesso ex Commissario europeo in un’intervista al Tg1. "In quell’estate ho avuto dal presidente della Repubblica dei segnali: mi aveva fatto capire che in caso di necessità dovevo essere disponibile. Ma è assurdo che venga considerato anomalo che un presidente della Repubblica si assicuri di capire se ci sia un’alternativa se si dovesse porre un problema", osserva Monti.
La replica del capo dello Stato: "Fumo". Ma il presidente della Repubblica, in una lettera inviata al Corriere, respinge le accuse: "Fumo, solo fumo", e nega che sia stato un "complotto" come accusa Forza Italia. "Nessuna difficoltà", chiarisce Napolitano, a "ricordare di aver ricevuto nel mio studio il professor Monti più volte nel corso del 2011 e non solo in estate" perché "era un prezioso punto di riferimento per le sue analisi e i suoi commenti di politica economico-finanziaria" e perché appariva "una risorsa da tener presente e, se necessario da acquisire al governo del Paese". Il capo dello Stato spiega poi che i "veri fatti" del 2011 "sono noti e incontrovertibili" e "si riassumono" in un sempre più evidente logoramento della maggioranza di governo uscita vincente dalle elezioni del 2008", che ha portato alle dimissioni di Silvio Berlusconi e a una "larga convergenza" sul conferimento a Monti "dell’incarico di formare un nuovo governo". Quell’anno, dice ancora Napolitano, fu "tormentato" e "le confidenze personali e l’interpretazione che si pretende di darne in termini di ’complotto’ sono fumo, soltanto fumo".
Forza Italia tentata da impeachment. Le novità sulla crisi che portò alla fine del governo Berlusconi hanno spinto il senatore Augusto Minzolini a ventilare la possibilità di sostenere la richiesta di messa in stato d’accusa del capo dello Stato presentata nei giorni scorsi dal M5S. "Di fronte a queste nuove rivelazioni andrà valutata sempre con maggiore attenzione - non fosse altro come occasione per ricostruire quei mesi e gettare una luce di verità sulla Storia del nostro Paese - la procedura di impeachment nei confronti del presidente Napolitano promossa da altri gruppi politici in Parlamento".
Tra gli indignati anche i presidenti dei gruppi parlamentari di Fi, Renato Brunetta e Paolo Romani. "Apprendiamo con sgomento - denunciano - che il capo dello Stato, già nel giugno del 2011, si attivò per far cadere il governo Berlusconi e sostituirlo con Mario Monti. Lo conferma lo stesso Monti. Le testimonianze fornite da Alan Friedman non lasciano margine a interpretazioni diverse o minimaliste. Tutto questo non può non destare in noi e in ogni sincero democratico forti dubbi sul modo d’intendere l’altissima funzione di presidente della Repubblica da parte di Giorgio Napolitano".
Il consueto "Mattinale", la nota politica redatta dallo staff del gruppo Forza Italia della Camera, conclude infine con una domanda: "Presidente Napolitano, osa ripetere ancora che sarebbe stata la consultazione di partiti ad aver fatto uscire il nome Monti?. Chiediamo un’operazione verità dalla cattedra più alta". E il senatore e componente del comitato ’impeachment’ Lucio Malan fa sapere che "se domani si dovesse arrivare al voto sulla manifesta infondatezza" della richiesta di messa in stato d’accusa del capo dello Stato "noi voteremo no. Questa - aggiunge - sarebbe una grave forzatura. Noi abbiamo chiesto più tempo perché sarebbe oltremodo sospetto chiudere tutto domani".
Letta difende Quirinale. A difesa del presidente interviene il premier Enrico Letta: "Nei confronti delle funzioni di garanzia che il Quirinale ha svolto nel nostro Paese in questi anni, in particolare nel 2011, è in atto un vergognoso tentativo di mistificazione della realtà", si legge in una nota del presidente del Consiglio. "Il Quirinale, di fronte a una situazione fuori controllo, si attivò con efficacia e tempestività per salvare il paese ed evitare - sottolinea Letta - quel baratro verso il quale lo stavano conducendo le scelte di coloro che in queste ore si scagliano contro il presidente Napolitano". Poi ha aggiunto: "Stupisce la contemporaneità di queste insinuazioni con il tentativo in corso da tempo da parte del M5s di delegittimare il ruolo di garanzia della presidenza della Repubblica. A questi attacchi si deve reagire con fermezza. E si devono semmai ricordare agli smemorati le vere responsabilità della crisi del 2011, i cui danni economici, finanziari e sociali sono ancora una zavorra che mette a repentaglio la possibilità di aggancio della auspicata ripresa economica", ha aggiunto.
M5s sempre all’attacco. Rivelazioni, quelle pubblicate oggi, che il Movimento 5 Stelle interpreta come una conferma della validità della sua campagna contro il Quirinale. "Cosa altro dobbiamo scoprire perché si apra un’indagine? Dobbiamo forse aspettare ulteriori rivelazioni? Non bastano tutti questi dubbi per avallare la nostra richiesta di aprire un’indagine?", afferma Vito Crimi, senatore M5S membro del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa che proprio questa mattina ha ricevuto nuove memorie esplicative e integrative rispetto alla denuncia iniziale. E in serata è il leader del Movimento a tornare alla carica nel suo blog: "Con un governo in carica, mai sfiduciato dal Parlamento, e con lo spread ancora sotto la soglia critica, Napolitano fa sapere a Monti - scrive il leader M5s - che è candidato alla presidenza del Consiglio e Monti va in pellegrinaggio in Svizzera da De Benedetti a chiedere la sua benedizione. Un Savoia al posto di Napolitano avrebbe avuto più ritegno". E insiste: "Berlusconi era allora un presidente del Consiglio regolarmente eletto, non era ancora stato condannato e fatto decadere. Fu sostituito con un tecnocrate scelto da Napolitano senza che il Parlamento sfiduciasse il governo in carica. Oggi, dopo due anni e mezzo, sappiamo che lo spread non ha (né aveva) nulla a che fare con l’economia reale...E infine sappiamo che i cittadini italiani sono espropriati da qualunque decisione e che il loro voto non conta nulla. Per i registi dei cinepanettoni della democrazia. Impeachment, e così sia!"
Pd e Sc con Napolitano. A prendere le difese del Quirinale sono, invece, il Pd e Scelta civica. "È inaccettabile l’attacco di queste ore contro il presidente Napolitano. Al capo dello Stato, che come sempre anche in quella circostanza agi’ nell’interesse esclusivo degli italiani, va la più affettuosa solidarietà delle democratiche e dei democratici", ha detto il segretario del Pd, Matteo Renzi. "Sconcertante l’ennesima gazzarra sollevata contro il presidente Napolitano. Il 2011 è stato uno degli anni più difficili e la situazione economica e politica preoccupava giustamente la massima istituzione dello Stato", ricorda in una nota il capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza. "La verità che Forza Italia deve ricordare - sottolinea - è che Berlusconi e Tremonti hanno nascosto per anni la crisi portando il paese sull’orlo del baratro e ancora oggi gli italiani sono costretti a pagare gli errori di quel disastroso governo". "Siamo di fronte alla consueta e pretestuosa sequela di attacchi e illazioni a due figure, il presidente Napolitano e il senatore Monti, che hanno sempre operato, con fatti e non con semplici parole e proclami, nell’interesse del Paese e dei cittadini", afferma Ilaria Borletti, vicepresidente di Scelta Civica e Sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali.
STORIA DELLO SPREAD
REPUBBLICA.IT
ROMA - "Sì, segnali da Napolitano già a giugno 2011. Ma dov’è l’anomalia?". L’ex premier Mario Monti conferma le indiscrezioni contenute nel libro di Alan Friedman, ma si stupisce del clamore con cui sono state accolte. Forza Italia, invece, ci vede la prova del "complotto internazionale" contro Silvio Berlusconi e con Beppe Grillo attacca il capo dello Stato, annunciando un "approfondimento" sull’ipotesi dell’impeachment.
In realtà, quel che accadde veramente nell’estate in cui gli italiani scoprirono l’esistenza dello spread è tutto nelle cronache dei giornali dell’epoca: dall’esplosione della crisi del debito al rischio di declassamento dell’Italia, dall’indebolimento del governo alla celebre lettera della Ue che impose al paese la cura da cavallo anticrisi, fino al precipitare della situazione e l’autunno del Cavaliere, culminato con le dimissioni e la nascita del governo Monti.
Il 4 gennaio 2011 lo spread è a 173 punti. Il 30 dicembre arriverà a quota 528, con un incremento di 355 punti. I primi sei mesi dell’anno trascorreranno con un’altalena continua del differenziale tra i Btp e gli omologhi Bund tedeschi, termometro della fragilità non solo economica italiana. A fine maggio, con le amministrative, il Pdl e Berlusconi incassano una pesante batosta elettorale. Dall’opposizione si comincia ad auspicare un suo passo indietro.
A giugno il dibattito politico si concentra sulle scelte della manovra, mentre nella maggioranza si fanno sempre più forti le voci di coloro che attaccano Giulio Tremonti e chiedono un cambio al ministero dell’Economia. In questa situazione già tesa, piomba a luglio l’esplosione della crisi del debito e il battesimo dei Piigs, l’acronimo-beffa che raggruppa i Paesi in difficoltà (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).
Il mese di luglio si apre con lo spread a 225 punti. Sullo sfondo, c’è la scelta del successore di Mario Draghi al vertice di Bankitalia. Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, interviene a lanciare un monito mentre un difficile Consiglio dei ministri è riunito per decidere sulla manovra e sul candidato: "Basta forzature politiche e contrapposizioni personali", è l’avviso che arriva dal Colle.
Il 1° luglio, a mercati aperti viene diffuso il bollettino di Standard & Poor’s sulla manovra. E’ una sorta di bocciatura: "Restano sostanziali rischi per il piano di riduzione del debito, principalmente a causa della debole crescita" scrive l’agenzia di rating, in parte riprendendo i concetti espressi già a maggio, quando l’outlook dell’Italia era stato rivisto da "stabile" a "negativo". L’impatto sui titoli pubblici è immediato e lo spread si allarga.
Il 7 luglio l’Italia è di nuovo sotto stress, aumenta la pressione sui nostri Btp e lo spread schizza oltre quota 226, il record dalla nascita dell’euro. Stessa sorte per i titoli di Stato spagnoli, portoghesi, greci e irlandesi, i nuovi deboli di Eurolandia. In Italia si moltiplicano i rumors sulla tenuta del governo e sulle possibili dimissioni del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, uniti ai timori sulla manovra e sulla presunta non solidità delle banche. E’ in questo clima che Draghi matura l’idea di rilasciare una dichiarazione forte, che argini la frana: 15 righe che fanno il giro del mondo e che rassicurano sulla bontà della manovra e sulla credibilità delle misure per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014.
Il 16 luglio lo spread tocca nuovi record. Nella maggioranza di centrodestra si consuma uno strappo tra Berlusconi e la Lega di Umberto Bossi, irremovibile sull’arresto del deputato Pdl Alfonso Papa. Ai vertici del Popolo della libertà si comincia a ragionare su come fronteggiare un’eventuale crisi di coalizione. Il Pd sonda gli umori del Carroccio e si affaccia l’ipotesi di un governo tecnico con dentro la Lega. A guidarlo potrebbe essere proprio Mario Monti, ex commissario Ue e presidente della Bocconi, avvicinato in quei giorni da alti dirigenti democratici, da Rosy Bindi ad Enrico Letta, allora vicesegretario del partito.
Il 3 agosto lo spread supera la soglia dei 300 punti. Dal Financial Times, edizione londinese, arriva una nota di biasimo nei confronti di Tremonti che viene definito "un povero esempio per gli italiani, non indispensabile". Ma sarà l’edizione tedesca del Ft a lanciare Mario Monti come l’Anti-Berlusconi. Il Ft Deutschland lo vede come premier: "Asciutto, obiettivo, minuzioso, ligio alle regole e un po’ rigido, Monti ha tutte le qualità che mancano a Berlusconi".
Quando, tra il 4 e il 5 agosto, lo spread arriva a sfiorare i 390 punti, al governo italiano arriva anche la lettera durissima della Bce, inviata dal presidente Jean Claude Trichet e dal successore in pectore, Draghi. Le richieste della Bce sono lette da tutti i commentatori come delle condizioni da rispettare per evitare la bancarotta del paese: si ’chiede’ tra l’altro al governo di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio e di raggiungere un deficit pubblico pari all’1% del Pil già nel 2012, con una manovra di tre punti - pari a una cinquantina di miliardi di euro - in un solo anno. La lettera incendia il dibattito politico per settimane.
Tra l’8 e il 9 agosto lo spread continua a crescere. Mario Monti rilascia un’intervista in cui analizza la situazione italiana: incassa il placet degli economisti ma scatena la reazione del Pdl. Nell’intervista si parla di un’Italia governata da un "podestà forestiero" e di misure urgenti di politica economica imposte da un "governo tecnico sopranazionale" che non abita a Palazzo Chigi, ma ha "sedi sparse tra Bruxelles, Francoforte, Berlino, Londra e New York". In questo periodo sarebbero avvenuti i contatti con Napolitano.
Sempre il 9 agosto, intervistato dal Tg5, Monti afferma: "L’emergenza spero venga presto superata, di una mia chiamata spero proprio non ci sia bisogno. Già nel 1994 dissi no a Palazzo Chigi. Risposi che sarei stato disponibile solo se anche il centrodestra di Berlusconi avesse dato il suo appoggio".
Lo spread si stabilizza fino alla fine del mese. Poi, ai primi di settembre, riprende la sua corsa e diventa incontrollabile anche perché da Standard & Poor’s arriva per l’Italia il temuto downgrade. La reazioni dei mercati sui titoli italiani è durissima con i Credit default swap, termometro dei rischi di fallimento di un paese, che balzano alle stelle.
Ottobre trascorre allo stesso modo, con lo spread sull’ottovolante fino all’impennata di novembre quando il differenzialei Btp-Bund tocca il suo record storico a quota 574 punti. E’ il 9 novembre e Napolitano nomina Monti senatore a vita. Tre giorni dopo, Silvio Berlusconi sale al Colle per dimettersi: il 12 novembre, il Cav getta la spugna al termine di una giornata tesissima e dopo l’approvazione della legge di Stabilità a Montecitorio. Quel giorno Berlusconi e Monti si incontrano a Palazzo Chigi per un colloquio di 2 ore dedicato a fare il punto su programma e lista dei ministri. Il 16 novembre il presidente della Repubblica darà a Monti l’incarico di formare un governo tecnico. Lo spread scenderà a 368 punti il 6 dicembre. Ma l’anno terminerà con il differenziale di nuovo sopra quota 500. Oggi ha chiuso a 213 punti base.
I PEZZI DEL CORRIERE DELLA SERA DI STAMATTINA
ALAN FRIEDMAN
La torrida estate del 2011 è un momento molto importante e storico per l’Italia.
Il capo dello Stato è preoccupato per le sorti del Paese. La crisi della zona euro è in pieno svolgimento. Le conseguenze del salvataggio della Grecia portano la speculazione a puntare sui debiti sovrani dei Paesi in difficoltà: inizia a essere minacciata anche l’Italia. In agosto arriverà la famosa lettera della Banca centrale europea che chiede — ma assomiglia più a un’imposizione — misure drastiche di finanza pubblica. La Germania della Merkel non ama il primo ministro in carica, Silvio Berlusconi. Lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi punta pericolosamente verso l’alto. Sui mercati finanziari le operazioni spregiudicate si moltiplicano.
Ma tra giugno e settembre di quella drammatica estate accadono molte cose che finora non sono state rivelate. E questo riguarda soprattutto le conversazioni tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e Mario Monti, che precedono di quattro o cinque mesi la nomina dell’allora presidente della Bocconi a Palazzo Chigi il 13 novembre 2011.
Per il grande pubblico Monti è quasi uno sconosciuto all’epoca. L’élite politico-economica lo stima, è un economista, un editorialista del Corriere della Sera , un ex-commissario europeo, e in quel momento guida una delle più prestigiose università italiane.
Per gli annali della storia il presidente Napolitano accetta le dimissioni di Berlusconi il 12 novembre e avvia, come si conviene, le consultazioni con i gruppi parlamentari e politici. Poi, ventiquattro ore dopo, Monti viene indicato come premier al posto di Berlusconi.
Proprio mercoledì scorso, Napolitano, durante un incontro con gli eurodeputati italiani al Parlamento europeo di Strasburgo, e riferendosi ai governi Monti e Letta, ha detto che «sono stati presentati quasi come inventati per capriccio dalla persona del presidente della Repubblica». Questo, ha tenuto a precisare il presidente della Repubblica, non è vero perché non si tratta di nomi diversi da quelli indicati nel corso delle «consultazioni con tutti i gruppi politici e parlamentari, come si conviene».
Stando alle parole di Carlo De Benedetti e Romano Prodi, entrambi amici di Monti, e per ammissione dello stesso ex premier, in una serie di video interviste rilasciate per il libro «Ammazziamo il Gattopardo» (in uscita per Rizzoli il 12 febbraio) le cose sono andate diversamente.
De Benedetti dice che in quell’estate del 2011 Monti, in vacanza vicino casa sua a St. Moritz, è andato a chiedergli un consiglio, se accettare o meno la proposta di Napolitano sulla sua disponibilità a sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi, in caso fosse stato necessario.
Romano Prodi ricorda una lunga conversazione con Monti sullo stesso tema, ben due mesi prima, a giugno 2011. «Il succo della mia posizione è stato molto semplice: “Mario, non puoi fare nulla per diventare presidente del Consiglio, ma se te lo offrono non puoi dire di no. Quindi non ci può essere al mondo una persona più felice di te”».
Durante oltre un’ora di domande e risposte sotto il calore insistente delle luci allestite nel suo ufficio alla Bocconi per la registrazione video dell’intervista, Monti conferma di aver parlato con Prodi (nel suo ufficio alla Bocconi a fine giugno 2011) e con De Benedetti (nella sua casa di St. Moritz nell’agosto 2011) della sua possibile nomina. Ammette anche di aver discusso con Napolitano un documento programmatico per il rilancio dell’economia, preparato per il capo dello Stato dall’allora banchiere Corrado Passera tra l’estate e l’autunno del 2011.
E quando chiedo e insisto: «Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?», Monti ascolta con la faccia dei momenti solenni, e, con un’espressione contrita, e con la rassegnazione di uno che capisce che è davanti a una domanda che non lascia scampo al non detto, risponde: «Sì, mi ha, mi ha dato segnali in quel senso».
Parole che cambiano il segno di quell’estate che per l’Italia si stava facendo sempre più drammatica. E che probabilmente porteranno a riscrivere la storia recente del nostro Paese.
LA TESTIMONIANZA DI CARLO DE BENEDETTI
«Io posso testimoniare on the record che Mario Monti è stato mio ospite ad agosto 2011 a St. Moritz e abbiamo parlato del fatto se a lui sarebbe convenuto accettare la proposta... e qual era il momento per farlo. Questo è successo ad agosto, in realtà aveva già parlato con Napolitano, era ad agosto del 2011, a casa mia a St. Moritz».
Carlo De Benedetti non esita. Parla in modo diretto, senza giri di parole. Risponde alla mia domanda su quando il presidente della Repubblica avesse sondato Mario Monti per la prima volta sulla sua eventuale disponibilità a essere ingaggiato come primo ministro al posto di Silvio Berlusconi.
Registrando ogni parola in video, e consapevole che qui si tratta di una storia non scritta di quei cinque mesi che precedono la nomina di Mario Monti alla presidenza del Consiglio, chiedo a De Benedetti di raccontarmi i dettagli. E lui non si tira indietro.
«Be’, io passavo, adesso non lo faccio più, qualche giorno d’estate a St. Moritz, e Mario Monti da anni affitta una casa a Silvaplana, per cui ci vedevamo così, da vecchi amici (addirittura Monti ha conosciuto mio padre, è una cosa che risale a un’altra generazione)» comincia il racconto di De Benedetti.
«Mario mi chiede di vederci, allora io ho scelto un locale, una tipica trattoria svizzera un po’ fuori St. Moritz. Ma lui all’ultimo momento dice: “Va bene, però io avevo piacere di parlare con te”. E infatti gli dico: “Ma vieni a parlarmi prima, vieni a casa”. E così è andata. Alle sei di sera ci mettiamo nel mio studio, chiacchieriamo, e lui mi dice: “Guarda che è possibile che succeda questo, tu cosa ne pensi?”».
«“Che succeda che cosa?”».
«“Che Napolitano mi chieda di fare il primo ministro”. Perché il presidente della Repubblica aveva già fatto le consultazioni preliminari. Io gli dico: “Guarda, per me è una questione di timing: se te lo chiede a settembre lo fai, se te lo chiede a dicembre non farlo più. Perché non c’è il tempo, è una roba che devi fare subito”, e gli ho consigliato sicuramente di farlo».
Romano Prodi, settantaquattro anni, ancora oggi un professore dall’aria familiare e dal fare gioviale ma con una lunga esperienza a capo della Commissione Europea in un momento storico, nel momento di maggior allargamento dell’Unione, è sereno e forse solo un po’ amareggiato dopo la batosta che ha preso nelle elezioni per il Quirinale dell’aprile 2013. Anche lui ricorda «una lunga e amichevole conversazione» con il suo ex collaboratore e amico Mario Monti a fine giugno 2011, ben due mesi prima della serata a St. Moritz di Carlo De Benedetti con Monti.
«Ricordo una lunga conversazione» dice Prodi «in cui il succo della mia posizione è stato molto semplice: “Mario, non puoi far nulla per diventare presidente del Consiglio, ma se te lo offrono non puoi dire di no. Quindi non ci può essere al mondo una persona più felice di te”».
Fino a oggi per l’opinione pubblica italiana, così come per la storia, è soltanto nel novembre 2011 che Giorgio Napolitano decide di proporre a Mario Monti il posto di Berlusconi.
In realtà non c’è bisogno di ricorrere alle ricostruzioni o ai ricordi di vecchi amici di Mario Monti come De Benedetti e Prodi. Sentiamo il diretto interessato, intervistato anche lui per questo libro. Lo incontro nel suo ufficio all’Università Bocconi a Milano.
Riferisco a Monti che Romano Prodi ricorda di aver parlato con lui all’inizio dell’estate 2011 e che già allora aveva capito che Monti era più o meno in «stand-by», cioè non ufficialmente incaricato, ovviamente, ma già sondato da Napolitano sulla sua disponibilità a sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi.
E aggiungo: «Carlo De Benedetti mi ha detto che lei e la signora eravate a St. Moritz con lui e Sandra Monti. Avete parlato...».
«Silvia» mi corregge Monti sul nome della moglie di De Benedetti, e così comincia a confermare anche lui l’episodio.
«Silvia Monti» dico, correggendomi. «Avete parlato della cosa... quindi nel luglio...».
«Era un po’ nell’aria» mi risponde. «Ma il presidente Napolitano ha almeno fatto capire che era una possibilità?».
Ora Monti esita, sembra lievemente irritato, emette un mugolio accompagnato da un gesto con le mani a significare «caspita».
«Altrimenti perché lei avrebbe chiesto consiglio a Prodi su questa possibilità?».
«No, quelle erano conversazioni. Prodi era proprio qui, in questa stanza. Era venuto a trovarmi credo a fine giugno, lo spread allora era a 220, 250, e mi disse: “Ah, preparati, perché quando arriva a 300 ti chiamano”. E poi invece è arrivato a 550».
Mentre parla dello spread, Monti si permette una piccola risatina.
«Prodi mi ha riferito di averle detto, presidente, che lei era in una posizione perfetta, invidiabile: “Non puoi fare niente, Mario, per farti nominare, ma se ti nominano non puoi dire di no...”».
«Sì, esattamente. Ha detto proprio così e aveva ragione».
«E quindi a quel punto almeno era chiaro, fra il Quirinale e lei, che se ci fosse stata una crisi e se la situazione fosse precipitata lei sarebbe stato comunque disponibile, se richiesto? On call if needed ?»
«Be’, col presidente Napolitano avevamo da...»
«... da tempo?»
«Da tempo, da anni, delle conversazioni non finalizzate a questo, ma...»
«... ma qualcosa è cambiato in quel luglio 2011?»
«Be’, le cose sono un po’ precipitate, sì».
«E Napolitano, almeno esplicitamente o... com’era? È stato esplicito o ha detto: “Caro Monti, può essere che abbia bisogno di lei, le faccio sapere”? O come è andata?»
«Di te, non di lei» e mentre Monti mi corregge emette un’altra piccola risata, fra il sarcastico e l’orgoglioso, e continua a sorridere.
«Di te».
«Ma io neanche di fronte a un grande giornalista rivelo i dettagli delle conversazioni con il presidente della Repubblica».
«D’accordo, lo rispetto. Ma mi avvalgo della facoltà di usare tutte le altre fonti, insieme con la sua, per fare un quadro completo di quello che...»
«Comunque poi, giusto per la cronaca, questa cosa si è materializzata il 9 novembre 2011».
«La nomina è stata il 9 novembre.»
«Una nomina non ancora a presidente del Consiglio ma a senatore a vita. E il 9 novembre io ero a Berlino per un convegno della fondazione Ralf Dahrendorf, sull’Europa.»
«Il mio maestro alla Lse... » dico a Monti.
«Esatto. Verso sera il presidente Napolitano mi ha chiamato, mi ha detto che aveva appena firmato il decreto di nomina a senatore a vita, io l’ho ringraziato molto, lui ha aggiunto: “Però io vorrei vederti, vieni a Roma il prima possibile”».
«Comunque,» insisto «con rispetto per un grande presidente e vecchio amico, e per la cronaca, anche lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?»
Monti ascolta questa domanda con la faccia dei momenti solenni, e poi, con un’espressione contrita, piega la testa in basso e leggermente a sinistra, evitando così di incrociare il mio sguardo, e con la rassegnazione di uno che capisce che è davanti a una domanda che non lascia scampo al non detto, sussurra la risposta.
«Sì, mi ha... mi ha dato segnali in quel senso.»
Poi, con la tensione che si respirava nella stanza, con l’intervistato e l’intervistatore un po’ affaticati dopo questo scambio intenso, c’è stato un piccolo momento di silenzio prima di riprendere la conversazione.
[...]Al Quirinale ho chiesto in agosto, settembre, ottobre e novembre 2013 di poter fare un’intervista al presidente e a tempo quasi scaduto ho chiesto se potesse almeno rispondere a poche domande per iscritto. Ho inviato otto domande al consigliere Maurizio Caprara, responsabile dell’ufficio stampa del Quirinale. La terza domanda per il presidente Napolitano era: «In quale mese del 2011 ha sondato per la prima volta Mario Monti sulla sua eventuale disponibilità a ricoprire il ruolo di presidente del Consiglio?». Ho avuto tre conversazioni con Caprara, l’ultima quando mi ha chiamato poco dopo le 21 la sera del 17 gennaio 2014. «La vedo difficile realizzare questa intervista, meglio se prosegui senza di noi». Alla mia richiesta esplicita sul perché il presidente non poteva almeno rispondere a quella terza domanda il consigliere replica: «Ma sai, quella domanda su Monti è una domanda un po’ troppo contemporanea»[...].