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 2014  febbraio 09 Domenica calendario

PORTA A PORTA CON IL TRUCCO IL CONTRATTO È A TUA INSAPUTA


Ti piacciono i soldi? Ti piace l’odore che hanno? Ti vengono i brividi soltanto a pensarci? Allora sei nel posto giusto. Qui ne facciamo a palate, quattromila euro al mese. Per mille non ci alziamo neanche dal letto…».
Marco ha 25 anni ed è il mio formatore. Lavora alla J.A.R., un’agenzia al servizio dell’Iren, la compagnia fornitrice di gas ed energia. Il suo lavoro è passare di casa in casa a offrire nuovi contratti ai cittadini. Per un giorno è stato anche il mio lavoro: ho risposto a un annuncio e ora eccomi qui, in prova, a suonare campanelli a persone che non ci aspettano. L’obiettivo è uno solo: strappare una firma.
Le istruzioni di Marco sono semplicissime: «Guarda me e stai sempre zitto. Memorizza ogni mossa: impara il metodo e andrà tutto bene». Cominciamo alle 9 e mezzo, siamo in sette compreso il selezionatore. Il traguardo minimo da raggiungere è dieci «pezzi» a testa. Gli altri hanno la giacca rossa con il logo del fornitore di energia. Io dovrò guadagnarmela. I compagni mi parlano del «mitico Ivan», che una volta ha fatto firmare anche un foglio in bianco, e di qualche cliente con cui sono venuti alle mani.
Il corso non ha teoria, solo pratica. Marco suona ai campanelli, io lo seguo. «Dobbiamo aggiornare il contatore» dice. Aggiornare? Mi spiega che è una frase che non vuol dire nulla, detta perché le persone ci scambino per personale autorizzato a leggere i contatori.
Si parte dall’ultimo piano a scendere. Suoniamo alla prima porta. Finora Marco è stato gentile e scherzoso. Ora diventa una macchina, il volto serio, la voce sicura. I primi ad aprire sono due anziani. Bugia numero 1: «C’era l’avviso, non l’avete letto?». Mi spiega che va detto a chi si mostra sorpreso di vederci. Gli anziani ci fanno entrare, e lui gli fa cambiare compagnia telefonica, con la bugia numero 2. «È un premio-fedeltà dell’Iren», dice. In realtà Iren non c’entra nulla con i telefoni, il contratto è con Teletu, un’altra compagnia. Marco mi dà il primo insegnamento sottovoce: «Prima regola: divagare». E lui divaga alla grande: racconta alla coppia di lavorare per pagarsi gli studi in Legge. E intanto si muove in fretta: una foto con lo smartphone ai documenti, una firma per «presa visione» e il contratto è fatto. Ci sarà tempo, in ufficio alla sera, per compilarlo. Guardo l’orologio: siamo stati in casa quattro minuti.
La pesca continua. Maria, l’anziana del piano di sotto, non è «liscia per niente». Dopo una firma le vengono i dubbi: «Sarà una truffa? Mi avete stordita di parole». «Finisca di firmare», intima Marco, e usa la carta della gelosia: «I suoi vicini l’hanno fatto, e ora hanno lo sconto». Poi applica la regola del divagare. Al muro c’è una foto della Sardegna: «Che bella, ha la seconda casa? L’aggiornamento va fatto anche lì». E i contratti diventano due.
Una volta dentro casa, tanti anziani ci confidano che «di solito non fanno entrare nessuno». Eppure c’è chi ci offre il caffè, chi un dolce, chi il rum. A un campanello nessuno risponde. Ad alta voce, in modo che si senta dall’interno dell’appartamento, Marco legge il cognome sul campanello e finge di appuntarlo su un foglio. «È una strategia – mi spiega dopo –. Se sono in casa e non vogliono aprire, si allarmano e magari ci cascano». Funziona: «Aspetti», dice una signora. E ci apre.
Seconda regola: distrarre la vittima. Fanno domande? Cambi argomento, fai complimenti, se trovi uno con Facebook aperto fatti aggiungere agli amici. Cerca di convincermi che non si tratta di una truffa: «Siamo sul filo del rasoio», sorride. Alle persone che non vogliono farci entrare dice che dovranno andare «in sede, entro giovedì». Un giovane ci ringrazia: è convinto di essersi evitato la coda. Le frottole vengono una dopo l’altra. «Il tg ha detto che saremmo passati». «Lavoriamo alla sede di Iren». «Stanno per scattare gli aumenti». A un pensionato che vuole restare cliente dell’Enel dice: «Deve firmare, perché Iren è il fornitore base». E quello firma.
Il copione ha poche varianti. Mi dice che in questo lavoro «non si vendono contratti, ma se stessi». E che non si guarda in faccia a nessuno. La giornata finisce quando si è soddisfatti del numero di contratti. Noi chiudiamo alle 16. Avremo suonato a sessanta porte, una ventina ci hanno aperto, Marco ha fatto dieci contratti per luce e gas e uno per il telefono. Ha guadagnato 300 euro.