Filippo Facci, Libero 8/2/2014, 8 febbraio 2014
QUEL PM EROE DI MANI PULITE CHE ORA IMBARAZZA I FORCAIOLI
Toh chi si rivede, Andrea Padalino: è uno dei due pm che ha chiesto 9 mesi per Grillo (più multa) con l’accusa di aver violato una baita sigillata dalle Forze dell’ordine. È anche uno dei pm che indaga contro il terrorismo No Tav e che il 6 gennaio si è ritrovato la scritta «Padalino, terrorista è tua madre » su un muro di Torino. Ma sono anche altre le ragioni per cui i grillini e il fronte trasversale forcaiolo (il solito) farebbero fatica a prendersela con questo magistrato: Padalino è stato un «eroe» di Mani pulite, anche se molti non lo ricordano. Da giovanissimo gip, per un breve periodo, fu oggetto delle peggiori maledizioni berlusconiane e ciò gli valse menzioni, medaglie e indagini ministeriali. Il 27 luglio 1994 chiese persino l’arresto di Paolo Berlusconi: insomma un mezzo martire, uno che attaccare, ora, è dannatamente complicato.
Fu Padalino ad autorizzare raffiche di arresti nell’inchiesta Guardia di Finanza-Fininvest del 1994, quella che avrà epilogo nel celebre invito a comparire per il Cavaliere. Fu Padalino, dunque, a finire nel mirino insieme ad altri e a diventare un intoccabile. Tiziana Parenti e Raffaele Della Valle, ai tempi in Forza Italia, presentarono un’interrogazione parlamentare contro di lui, che ai tempi era un 31enne appena applicato a Milano dopo aver fatto il pretore del lavoro a Monza; ai tempi, però, esisteva una legge che vietava di utilizzare i giudici del lavoro - com’era ritenuto Padalino - anche in campo penale: da qui l’interrogazione. Finì in nulla, anche perché venne fuori che a Monza un’autentica sezione «lavoro» non esisteva. Ma che Padalino non fosse propriamente indispensabile all’inchiesta Mani pulite dovette pensarlo anche Mario Blandini, il capo dei gip milanesi che intimò a Padalino di andarsene in ferie: il gip però rifiutò e finì a carte bollate. Padalino impugnò il provvedimento davanti al presidente del Tribunale, che gli diede ragione. Blandini ricorse al Csm, che gli diede torto. Così Padalino rimase fino a dicembre, anche se il suo caso coinciderà con la decisione - sacrosanta - di non assegnare più un unico gip per un’intera inchiesta. Da allora, a Milano, funziona così.
Fu vera gloria? Ci pensò la politica ad assicurarla a Padalino. Il guardasigilli Filippo Mancuso, nel 1995, accusò il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli di indebite pressioni per tenere a Milano il giovane gip, che fu messo a sua volta sotto provvedimento disciplinare. Accadde la stessa cosa a margine del caso di Sergio Caneschi, neurochirurgo milanese arrestato nel maggio 1994 e gravemente ammalatosi subito dopo: il balletto tra arresti domiciliari e ospedalieri, col dramma di un polmone asportato, scatenerà polemiche infinite dopo la morte di Caneschi il 31 gennaio 1995, una vicenda sulla quale intervenne addirittura il capo dello Stato. Ma un’inchiesta penale e una del Csm scagioneranno Padalino da ogni accusa. Benché datato, insomma, il medagliere di Padalino pare inattaccabile soprattutto agli occhi dello schieramento abituato a difendere Grillo sempre e comunque: a meno di ritenere Padalino - come un tempo si diceva dei compagni - semplicemente una toga che sbaglia.