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 2014  febbraio 07 Venerdì calendario

PERISCOPIO


Ferrari è di Chrysler, Poltrona Frau va in America. Fortuna che, per l’italianità, ci resta Italo. Maurizio Crippa. Il Foglio.



Letta: «La crisi è dietro alle spalle». E ha finito la vaselina. Spinoza.



Dualismi – In confronto, D’Alema e Veltroni si amavano. Jena. La Stampa.



Laura Boldrini non si può criticare. Mai. Se lo si fa, arriva, puntuale, la crivella già usata tanto dalla Fornero quanto dalla Madia: «sessisti», «maschilisti». Questo femminismo caricaturale è peraltro a singhiozzo. Vale per la Boldrini, ma non per la Carfagna o per la 5Stelle, Lupo, che si è presa uno schiaffone da un uomo ma che (secondo gli ultrà boldriniani) in fondo se lo meritava. L’esaltazione della Boldrini non è sfumata neanche dopo la sua decisione di applicare, prima volta nella storia repubblicana, la tagliola o la ghigliottina alla discussione. Un istituto, oltretutto, che è previsto solo al Senato. Stava per essere sdoganato anche alla Camera nel 2009, durante la discussione sullo scudo fiscale, ma allora il Pd (che poi fece passare lo scudo fiscale grazie all’assenza decisiva di alcuni parlamentari) si oppose. Come cambiano i tempi! Andrea Scanzi. Il Fatto quotidiano.



Va rafforzata l’azione del governo Letta sull’intero comparto dell’economia e, ovviamente, dello sviluppo economico perché, finora, politiche per la crescita non le abbiamo viste. Come pure sulle liberalizzazioni non è stato fatto nulla. Emblematico il caso Telecom, sui cui l’iniziativa del governo è arrivata fuori tempo massimo. Per non parlare delle semplificazioni: serve un ministro in grado di battere la burocrazia. E poi c’è Alfano con il suo doppio ruolo di vice premier e di ministro dell’Interno. Anzi, che dico? Per il suo triplo ruolo perché è anche segretario del partito. Deve decidere che cosa vuol fare. Una persona sola non può rivestire tre incarichi e presidiare una trincea delicatissima come quella dell’Interno. Lidia Lanzillotta, senatrice di Scelta civica. La Stampa.



Fu, la mia, una campagna elettorale divertente, nell’Emilia rossa, per me e, credo, per la gente perché, quando mi accorgevo che si annoiavano, la buttavo in ridere. Una mattina, a Nonantola, vicino a Modena, trovai la piazza accanto alla famosa abbazia, così piena che pensai di aver sbagliato comizio. Invece aspettavano proprio me, e in tanti perché, un’ora prima, una macchina del Pci era passata distribuire un volantino che diceva: «Il popolo chiede la verità e la Dc manda Zucconi a raccontare le barzellette». Fu un comizio trionfale pieno di gente accorsa per sentire un po’ di cose divertenti, dopo tanti comizi barbosi. Tua madre, scandalizzata dalle mie battute, disse poi che condivideva il volantino del Pci. Un’altra volta scorsi fra il pubblico tuo fratello Guido. Ma fu educato e silenzioso. Soltanto alla fine mi tese la mano e disse: «Bravo, papà, continua così che vinceremo noi». Intendeva dire «noi comunisti», ma una signora credette che volesse dire «noi democristiani», magari «noi Zucconi». Mi si avvicinò e disse: «Dio, che fortuna, un figlio che la pensa come lei! Pensi come sono disgraziata, io ho un figlio comunista. Cosa deve fare?». «Vada a Lourdes», le risposi. Sono certo che mi diede la preferenza. Guglielmo e Vittorio Zucconi, La scommessa. Rizzoli.

Anche il maggiore Bracchi parlava bresciano «Corai s’cec, froza s’cec (coraggio ragazzi, forza ragazzi, ndr)». Il maggiore Bracchi, cappello in testa, scarpe Vibram, sigaretta in bocca, gradi di banda sulle maniche del pastrano, il passo sicuro, occhi azzurri e voce che infondevano serenità: «Coraggio ragazzi», diceva in bresciano, «per Pasqua saremo a casa a mangiare il capretto». Chiamavo per nome or l’uno or l’altro di noi e sorrideva. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.



Adesso a Milano, alle cinque di sera, è già buio e piove a dirotto. A ripensarci, in una notte come questa, sembra un miraggio. A ottobre, sul morire dell’estate, Itaca. Quel mito attorno a cui mi ero affannata tanto a scuola, in una mattina radiosa eppure già impercettibilmente impallidita, l’ho visto finalmente. Ci ha portato da Cefalonia un vecchio pescatore. Il mare era calmo; il cielo, blu porcellana – eppure il sole, già non più verticale, non più secante il mare dallo zenit della piena estate. Non c’erano altre barche nel piccolo porto, e solo qualche sfaccendato gabbiano. Il gran silenzio rotto dal ronzio del motore; e l’acqua, che a prua ci si divideva davanti, piatta, mansueta. «A Itaca, finalmente», ho detto agli amici – sorda su certi fastidiosi dubbi circa la corrispondenza della Itaca geografica con quella di Omero, di cui non volevo sapere niente. Dopo mezz’ora si è profilata la costa. Verde, petrosa. Da quel lato, deserta. Non sembri poi tanto cambiata, ho pensato. Un piccolo pontile, una spiaggia, nessuno. Il mare così calmo che lo sciabordio dell’acqua non fa rumore. Scendere a terra e dire fra sé: lo vedi, alla fine, sono arrivata. La sabbia sotto ai piedi, l’acqua fresca ma, sotto, più calda, come se il gran corpo del mare si raffreddasse, morendo l’estate, lentamente. Colore verde chiaro e limpido, trasparente. Un mare come gli occhi di un bambino. Nuotare e sbalorditi pensare a Milano, già sbiadita di nebbie. Sdraiarsi sulla sabbia e scrutare. Marina Corradi. Avvenire.



«Mannaggia ’o pennacchie ’e chillu francese...» borbottò don Ciccio strizzando i denti: erano quelli di un bull-dog; e la cucina all’aglio li rendeva bianchissimi. Si vedeva beccar via i cchiù guappi uno dopo l’altro, per mandarli a ingrassà la squadra: ’squadra politica. Lui intanto steva a grufolà tra li papiè. Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti, 1957.



Bridget Jones ha un fidanzato di vent’anni più giovane (l’amica le dice: «Ovviamente portalo alla mia festa. Gli prenderò un castello gonfiabile»). Non ha messo ordine nemmeno nel cesto della biancheria, non ha scoperto perché il frigo fa quel rumore, non ha imparato a rispondere alle e-mail prima che la casella di posta esploda assieme con i sensi di colpa. Non ha smesso di mangiare il formaggio grattugiato direttamente dal frigorifero, spargendolo sul pavimento. Non va a Pilates, non fa Yoga, non legge manuali utili per l’educazione dei figli, mangia più di tre Big Mac a settimana e nasconde le bottiglie vuote di vino. È un disastro, per fortuna è tornata a raccontarcelo. Bridget Jones, Mad about the boy.



Ai padri della patria ho sempre preferito le zie di casa. Roberto Gervaso. La Stampa.