Sergio Romano, Corriere della Sera 8/2/2014, 8 febbraio 2014
FUNZIONE DELLA LEGGE ELETTORALE SCEGLIERE IL PARTITO O IL GOVERNO
Se dal totale dei cittadini con diritto di voto togliamo almeno il 30% di astenuti, un altro 15% relativo a partiti minori che non raggiungono l’8% e ai partiti coalizzati che all’interno della loro coalizione non raggiungono il 5%, otteniamo che solo il 55% del corpo elettorale avrà l’opportunità di eleggere i propri parlamentari. E il primo partito eletto, dopo il premio di maggioranza, otterrà il 53% dei seggi che rappresenteranno il 29% del corpo elettorale (53% del 55% ). Possiamo dire che i parlamentari rappresentano poco più della metà del corpo elettorale e che il partito al governo ne rappresenta solo circa un terzo. Senza tener conto dell’aspetto qualitativo delle nomine, in queste condizioni sembra poco opportuno governare, legiferare o modificare la Costituzione senza continui confronti anche con chi non è rappresentato in Parlamento.
Ascanio De Sanctis
Caro De Sanctis,
Lei ha descritto un quadro molto simile a quello di altre democrazie. E’ stato più volte ricordato (per esempio da Roberto D’Alimonte sul «Sole 24 ore» del 28 gennaio) che Tony Blair divenne primo ministro della Gran Bretagna, nel 2005, con il 35% dei voti e il 55% dei seggi; che François Hollande, candidato socialista alle ultime elezioni presidenziali francesi, ha avuto al primo turno il 29% dei voti; che altri sistemi elettorali (Spagna, Germania) riducono drasticamente il numero dei contendenti grazie alla dimensione dei collegi e alle soglie di sbarramento. Nel sistema elettorale degli Stati Uniti la geografia dei collegi viene continuamente modificata a vantaggio del partito che controlla i parlamenti statali e alcuni presidenti sono entrati alla Casa Bianca dopo avere raccolto meno voti del loro antagonista. Nelle elezioni del 2000 il democratico Al Gore ebbe mezzo milione di voti più del repubblicano George W. Bush, ma questi vinse perché il risultato delle elezioni presidenziali dipende dalla somma dei voti elettorali attribuiti a ogni Stato della Federazione sulla base della loro consistenza demografica.
In ultima analisi, caro De Sanctis, la scelta di una legge elettorale dipende da un’altra scelta. Vogliamo consentire a ogni cittadino di scegliere il partito con cui ha maggiori affinità ideologiche e sentimentali? O vogliamo permettergli di scegliere il governo? In alcuni momenti il sistema proporzionale risponde alle esigenze di un Paese che ha bisogno, come l’Italia del Dopoguerra, di ricostituire la sua classe politica in un clima di riconciliazione nazionale. In altre circostanze presenta invece un doppio inconveniente. Crea governi instabili, continuamente soggetti a crisi e rimpasti. Traferisce la scelta del governo a parlamentari e partiti. Con il sistema proporzionale l’elettore crede di esercitare maggiori poteri, ma rilascia in realtà una procura in bianco a chi potrebbe farne, come è spesso accaduto in passato, un pessimo uso.
Un’ultima considerazione, caro De Sanctis, sul problema delle astensioni. A me sembra normale che in ogni Paese democratico un terzo dell’elettorato sia poco interessato al voto. Diffido piuttosto dei sistemi politici in cui viene trionfalmente annunciato che la percentuale dei votanti ha superato il 90%. Il principio del voto obbligatorio appartiene alla cultura giacobina, non a quella liberale.
NAPOLITANO E BOLDRINI –
Sono state giustamente condannate da tutti le offese fatte alla signora Boldrini sulla rete web. Nessuno, invece, che abbia criticato lei che, terza carica dello Stato, pubblicamente aveva definito potenziali stupratori i grillini.
Claudio Calabresi
Esemplare invece la reazione del presidente Napolitano alla notizia dell’impeachment chiesto dal Movimento 5 Stelle contro la sua persona. Ha detto: «Faccia il suo corso».