Marco Imarisio, Corriere della Sera 8/2/2014, 8 febbraio 2014
QUANDO VOLEVA FARE LA MEDICINA RIGENERATIVA CON UN FRIGO DA CUCINA
A volte si vede meglio dai margini. Il rinvio a giudizio per tentata truffa ai danni della Regione Piemonte non è certo la tappa più importante nella marcia di avvicinamento alla scoperta della reale identità di Davide Vannoni.
La vicenda, appunto, è marginale, ma contiene aspetti che potrebbero essere rivelatori di un metodo. Secondo il pubblico ministero Giancarlo Avenati Bassi, nulla di quanto fatto e dichiarato dal fondatore di Stamina per ottenere mezzo milione di euro grazie ai finanziamenti regionali è vero. L’Associazione di medicina rigenerativa Onlus era una delle sigle che facevano capo a Vannoni. Non è mai stata iscritta all’Anagrafe regionale delle Onlus presso l’Agenzia delle Entrate, era anche priva dei requisiti per definirsi tale.
I titoli e le onorificenze sventolati davanti a interlocutori più o meno ignari sono anche alla base di una nuova ipotesi di reato che Raffaele Guariniello si appresta a formulare nei confronti di Vannoni. Il pubblico ministero torinese, titolare dell’inchiesta decisiva per le sorti di Stamina, ha sentito in questi giorni la direttrice della Cell Factory del Cardio centro di Lugano. Come rivelato dal Corriere della Sera , nel 2011 Vannoni e due suoi assistenti si presentarono in cerca di una collaborazione con l’istituto svizzero. Dissero anche di essere quel che non erano, ovvero ricercatori dipendenti dalla Regione Lombardia. Da qui una nuova accusa di sostituzione di persona. Poca cosa rispetto a quelle di associazione a delinquere, truffa e somministrazione di farmaci pericolosi, ma anche qui i margini della storia permettono di capire certe dinamiche. Come la storia della Onlus torinese, l’antenata dell’attuale Fondazione Stamina, che di fatto è sorta sulle sue ceneri.
Vannoni conosce bene gli ambienti della politica piemontese. Tra le sue molte attività c’era anche quella di titolare di un call center che svolgeva ricerche per conto dell’assessorato regionale al Turismo. Alla fine del 2007, quando la Regione propone un emendamento bipartisan al Bilancio della Regione con lo storno di 500.000 euro da destinare alla ricerca sulle staminali, tutti sanno che l’unico beneficiario sarà il professore di filosofia che si fa passare per neuroscienziato. La firma sull’emendamento è di un peone del Nuovo Psi, ma dietro di lui c’è la benedizione di Paolo Peveraro, vicepresidente pd della giunta guidata all’epoca da Mercedes Bresso, e Angelo Burzi, l’uomo della Sanità di Forza Italia.
La delibera che concede il finanziamento viene legata «al buon fine dell’istruttoria», una formula usuale che si rivela decisiva. Quando arriva il parere contrario, e sconcertato, degli esperti nominati dalla Regione, a nulla vale il tentativo della politica di spostare la competenza della pratica all’assessorato per Innovazione e Università. E comincia l’indagine sulla tentata truffa. La perquisizione ordinata da Avenati Bassi rivela come l’attrezzatura scientifica di Associazione di medicina rigenerativa Onlus consista in un frigorifero da cucina. A casa di Vannoni ne spunta un altro, che contiene anche eccipienti di varia natura, adesso oggetto dall’inchiesta-madre di Guariniello. Il magistrato considera l’associazione una sorta di «involucro vuoto». Eppure è andata molto vicina all’incasso, pur «presentando un progetto privo di contenuto scientifico» per lo sviluppo delle tecnologie biomediche applicabili nell’ambito della medicina rigenerativa tramite l’utilizzo di cellule prese dalla cresta iliaca di una stessa persona. In quel momento, siamo tra 2007 e 2008, il progetto può anche essere ritenuto nella norma dal punto di vista della sperimentazione.
Peccato che non esistesse, così stabilisce l’atto di accusa della procura. L’unica cosa vera della richiesta di finanziamento sono i due luminari, «ma nessuno dei due dimostra di avere sufficienti pubblicazioni accademiche per orientare con il loro parere qualsivoglia valutazione». Gli altri, compresi tre professori italiani, sono presenti a loro insaputa. Nel progetto vengono illustrati «sei casi di pazienti affetti rispettivamente da morbo di Parkinson, epilessia, danni alla colonna vertebrale, ictus e sclerosi multipla, in realtà inventati». A casa di Vannoni è stato trovato un caricatore monofilare con sette proiettili calibro 9. Era anche accusato di detenzione abusiva di armi. Reato estinto con il pagamento di una pena pecuniaria. Forse è vero che i margini aiutano a capire meglio il quadro.