Stefano Arcobelli, La Gazzetta dello Sport 10/2/2014, 10 febbraio 2014
IL MITO ZOEGGELER
La leggenda sia con Zoeggeler. Armin l’impassibile, l’alfiere, il predatore dei budelli di ghiaccio. Venti anni a 140 orari senza cambiare stile, atteggiamento. E diventare un idolo per i tedeschi, che faticano a prestargli la pista perché sanno che è già forte di natura e se poi lo favoriscono è finita. La cosa più bella di Felix Loch, che ha rivinto l’oro stracciando il record della pista è che nella biografia racconta di avere un solo idolo: Zoeggeler. La cosa ancor più bella è che suo padre ha messo in ufficio il poster di Armin e non del figlio. Questo per darvi un’idea, di chi sia lo slittinista più amato. E ora più decorato .
Metodo L’unicità di questa impresa va oltre il bronzo costruito nelle prime due manche, rafforzato di un decimo nella terza e raccolto e regalato all’Italia con una metodicità che sa di perfezione. Ci vuole perizia per conquistare una medaglia sul filo dei millesimi, senza disperdere energie e concentrazione, senza approssimazione: sin da quando a Lillehammer, non ancora campione del mondo, cominciò a salire sul podio olimpico. Contro Hackl, avversario di mille battaglie, o Prock, l’austriaco ora amico. Tra Salt Lake City e Torino, nel pieno della carriera, non ha mancato l’oro e quando il bronzo di Vancouver pareva il canto del cigno, ha saputo gestirsi con una meta precisa: la sesta medaglia, grazie alla quale il mito oltrepassa lo slittino per diventare epopea dello sport.
Impresa Una gara equilibrata, pulita, senza rischiare, per salire sul podio dietro Loch e il 42enne Demchenko che vanta una partecipazione in più ai Giochi. Il podio non poteva essere messo in discussione dal secondo tedesco Langenhan, dall’altro russo Pavlichenko o dal potenziale erede Domink Fischnaller (6°): Armin era atteso dalla storia che appartiene a pochi grandissimi. Tanto da lasciare senza parole il capoallenatore Kurt Brugger. «Ero io quello nervoso. Lui è nato campione, ha un modo di concentrarsi come nessun altro al mondo. L’ho visto crescere, credetemi, lui pensa a tutto, e potrebbe continuare. Ma deve decidere da solo ».
Guida I compagni lo sperano: «È speciale, solo se c’è lui capiamo dove stiamo andando - dice Emanuel Rieder, 19° -. Ha scritto una grande storia, ha vinto tutto, è incredibile. Mi ha insegnato anche la normalità». Che ti fa fare cose eccezionali. E ha fatto diventare leggenda un meranese che il mondo ci invidia.