Sebastiano Messina, La Repubblica 8/2/2014, 8 febbraio 2014
SARDEGNA, EFFETTO MURGIA NEL REBUS DEL VOTO
CAGLIARI CI MANCAVA solo la barzelletta di Berlusconi. Già era messo male, Ugo Cappellacci, che tra otto giorni si giocherà la poltrona di governatore della Sardegna: nella classifica del gradimento degli elettori lui è appena risultato penultimo, tra i presidenti di Regione.
POI è sbarcato in Sardegna il Cavaliere. Voleva dargli una mano, come aveva fatto cinque anni fa. E invece, una volta sul palco della Fiera di Cagliari, Berlusconi s’è fatto prendere la mano. «Ti faccio una proposta » ha detto a Cappellacci. «Devi cambiare il tuo nome in Franco». E vedendo la faccia giustamente perplessa dell’interessato, ha tirato fuori la barzelletta fatale. «Vedi, quando ero presidente del Consiglio venne da me un signore che si chiamava, è una storia vera eh, Giancarlo Merda. E mi chiese di cambiare il nome. Io ritenni questa richiesta assolutamente giusta. Me ne occupai e in 15 giorni ottenni la possibilità di cambiargli il nome. Poi per curiosità gli dissi: bene, adesso può cambiarlo, come si vuol chiamare? “Ugo Merda” rispose». In sala tutti a ridere, ma da quel giorno sul web e sui tabelloni elettorali centinaia di buontemponi si divertono ad aggiungere sotto la foto del governatore una didascalia al vetriolo: «Ugo Merda (l’ha detto Berlusconi)».
Ancora una volta la Sardegna è un rebus. Per le strade dell’isola si aggirano 1500 aspiranti consiglieri regionali — organizzati in 29 liste, auguri agli scrutatori — e sei candidati presidenti. Cappellacci — 54 anni — ci riprova, anche se il suo bilancio è catastrofico. La disoccupazione è salita al 15 per cento, lavora solo un sardo su due, la cassa integrazione in deroga è aumentata del 500 per cento. Cinque anni fa il governatore vinse promettendo 100 mila posti di lavoro. C’è andato vicino: 83 mila. Purtroppo ha sbagliato il segno: quei posti sono in meno, non in più. Ma Cappellacci ha imparato da Berlusconi come si fa, e dunque ha tirato fuori dal cappello una promessa mirabolante: fare della Sardegna «la zona franca più grande d’Europa». Non si pagherà più l’Iva, la benzina costerà la metà e le imprese non pagheranno tasse. Piccolo dettaglio: la Regione perderebbe 2,2 miliardi, un terzo del suo bilancio. Commenta Renato Soru, l’ex governatore che non ha ancora dimenticato la feroce campagna di cinque anni fa contro di lui, reo di aver imposto un piano di salvaguardia delle coste che vietava nuove costruzioni fino a due chilometri dal mare: «Quando ero ragazzo, intere famiglie si precipitavano nelle campagne di Pula perché si era sparsa la voce che lì, proprio lì, dovevano atterrare i marziani. C’è gente che crede a tutto. Anche alla zona franca. E nessuno si domanda con quali soldi poi pagheremo gli ospedali, le scuole, il trasporto locale. La verità è che Cappellacci incanta i sardi con sogni irrealizzabili per far dimenticare le promesse che non ha realizzato e il disastro che ha provocato».
Ma i sardi si faranno incantare? Tutti gli osservatori danno in vantaggio lo sfidante candidato dal Pd, Francesco Pigliaru, 59 anni, ordinario di Economia politica a Cagliari ed ex assessore al Bilancio della giunta Soru (fu lui a stendere il progetto “Master and back” per far tornare nell’isola i cervelli volati via). «Sento che adesso dietro di me ho un partito, come dire, abbastanza unito» confida Pigliaru, dopo le velenose polemiche che hanno diviso il Pd prima e soprattutto dopo le primarie, con la vincitrice Francesca Barracciu prima portata in trionfo e poi costretta a ritirarsi per un avviso di garanzia sui rimborsi della Regione. «Ai sardi — dice il candidato del Pd — io prometto tre cose concrete. Primo, un piano di investimenti sull’istruzione e sulla formazione. Secondo, un programma di flexsecurity per aiutare i giovani e i disoccupati a trovare il lavoro. Terzo, la sburocratizzazione della Regione».
Ma la vera sorpresa di questa campagna elettorale è la scrittrice Michela Murgia, ribattezzata “la candidata best seller”. Sostenuta da un’alleanza tra gli indipendentisti di “Progetu Republica Sardigna” e le liste civiche “Gentes” e “Comunidades”, forte di un passato comune a tanti giovani sardi — è stata insegnante di religione, telefonista in un call center e portiere di notte, prima di vincere il Campiello con “Accabadora” — la Murgia è riuscita a intercettare la rabbia di chi pensa che se non fosse per il Continente la Sardegna sarebbe un’isola felice. «Siamo come il lievito nella pasta — spiega lei — perché con un po’ di attività e molta sensibilità si ottiene un grande risultato. La sensazione di non poter decidere il proprio destino finché si resta legati a logiche di appartenenza ai partiti nazionali è molto forte, e peserà sulle scelte degli elettori. I Cinquestelle voteranno per me? Guardi, Grillo qui ha ottenuto il 29 per cento catalizzando il voto di quanti non si sentivano rappresentati dai partiti tradizionali. Tutti elettori che se non resteranno a casa non potranno non votare per noi. Ma non saranno i soli. Perché se il centrosinistra invoca il voto utile, vuol dire che molti di loro non vedono l’ora di non votare Pd».
Quanti voti prenderà l’outsider sardista? E chi ne beneficerà? «Io tifo per la Murgia — commenta Nichi Grauso, l’irriverente profeta di internet che proprio qui fondò Video On Line — perché lei è contro gli schemi, esattamente come me. Però non ce la farà. Purtroppo. La sinistra si dividerà tra ortodossi, anarchici e irreggimentati. E vincerà Cappellacci ». Nella sede del Pd, intanto, le notizie sull’ascesa della Murgia hanno fatto scattare l’allarme rosso. Avverte Salvatore Mannuzzu, uno degli intellettuali di punta della sinistra sarda: «D’accordo, il Pd ha sbagliato molte cose. Ma oggi la sfida vera è tra Cappellacci e Pigliaru. Uno vince, l’altro perde. E al di là delle sue intenzioni, ogni altra candidatura rischia solo di far vincere il candidato di Berlusconi. Io spero che gli elettori di sinistra non lo dimentichino».