Massimo Gaggi, Corriere della Sera 9/2/2014, 9 febbraio 2014
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK —
«Questa è la mia parola definitiva. E nessuno risponderà a mio nome a ulteriori commenti sulla vicenda». Più che arrabbiato o indignato, Woody Allen sembra un uomo stanco ed esasperato dagli infruttuosi tentativi di lasciarsi alle spalle un passato oscuro — l’accusa di essere stato un padre pedofilo — che gli ritorna continuamente davanti come un incubo. L’ultimo tentativo di chiudere una vicenda che incombe su di lui da ormai 21 anni — e che è tornata alla ribalta per le accuse di molestie sessuali che gli hanno nuovamente mosso i figli Ronan e Dylan — il celebre attore e regista l’ha fatto con un lungo articolo di autodifesa che compare oggi sulla Sunday Review del New York Times .
La tesi di Allen: non ho mai molestato nessuno, le accuse che mi sono state mosse da Mia Farrow dopo che la nostra relazione, durata 12 anni, è finita male, si sono rivelate infondate. Sono stato indagato e prosciolto. Mi sono sottoposto alla macchina della verità e lei, che continua a calunniarmi e a mettermi contro i figli, invece no.
Allen, con un linguaggio misurato e argomenti che sembrano suggeriti da un team legale, sta molto attento a non accusare la figlia di essere una calunniatrice quando racconta di essere stata molestata e sessualmente abusata da lui a sette anni di età: «Ovviamente non è vero, ma capisco che lei, sottoposta alle pressioni continue della madre, si sia convinta del contrario. Le volevo bene e spero che un giorno capisca che è stata sfruttata da una madre più interessata alla sua rabbia personale che al bene di sua figlia. È stata allevata nell’odio per suo padre e quello che le hanno fatto credere pesa ancora sulla sua psiche».
Se era un tentativo di chiudere la questione facendo perdere valore alle rivelazioni di Dylan, la mossa è fallita. Prima ancora di arrivare sulle pagine del New York Times , l’autodifesa di Allen, diffusa via Internet, ha provocato la durissima reazione della figlia Dylan: «Non mi farò mettere a tacere e non permetterò che la verità venga sepolta: lui ha un arsenale di avvocati e addetti stampa, ma io ho i fatti dalla mia parte».
La risposta di Dylan alla tesi di Allen arriva attraverso un comunicato che gronda indignazione ma, fosse vera la tesi di Allen, potrebbe essere stato benissimo orchestrato dalla madre. Sicuramente è un comunicato maneggiato da avvocati, visto che contesta con linguaggio giuridicamente appropriato vari passaggi della ricostruzione dell’attore-regista, oggi 77enne. Sulla macchina della verità, ad esempio, sostiene che Allen rifiutò quella della polizia sottoponendosi al test di un perito privato da lui pagato: un testo che il tribunale non accettò come prova.
Insomma una disputa umanissima e scabrosa che si va riempiendo di messaggi a sfondo legale, riesplosa alla vigilia degli Oscar che vedono anche Blue Jasmine , l’ultimo film di Allen, tra i candidati alle ambite statuette (soprattutto per la protagonista Cate Blanchett).
E Allen tira in ballo anche questo: notato che in vent’anni di indagini su di lui non è stato trovato nulla e che Moses, il figlio maggiore della Farrow, nega le molestie sessuali dell’attore e afferma di essere stato lui stesso sollecitato dalla madre a formulare accuse false, Allen afferma che tutto questo, oltre alle sofferenze, provoca un danno professionale.
Una vera arringa sotto forma di lettera, quella di Allen: incalza Mia (dice che Ronan è figlio di Sinatra? Allora ha mentito sotto giuramento durante la causa di affidamento. Che credibilità ha?), snocciola indizi a suo favore (avrei violentato Dylan in una stanzetta col soffitto bassissimo, ma io sono claustrofobico, in quei posti non riesco nemmeno a entrare). E cerca di trasformare la sua relazione con Soon-Yi Previn in un elemento a suo favore: «21 anni fa, oltre a Mia, anche molta gente e alcuni giudici ce l’avevano con me per quella storia. Pensavano che stessi approfittando di una ragazza poco più che ventenne. Ma l’ho sposata, viviamo da 15 anni felicemente insieme, abbiamo dei figli».
Fine della storia? Macché. Dylan: «Lui assolto? Dimentica che il suo comportamento fu giudicato inappropriato e che gli fu proibito ogni contatto con me».
Massimo Gaggi