Sergio Romano, Corriere della Sera 9/2/2014, 9 febbraio 2014
Il fallito sbarco statunitense sulla Baia dei Porci e lo smantellamento dei missili sovietici hanno evocato lo spettro di un terzo conflitto mondiale dalla conseguenze inimmaginabili ma certamente distruttrici di gran parte dell’umanità
Il fallito sbarco statunitense sulla Baia dei Porci e lo smantellamento dei missili sovietici hanno evocato lo spettro di un terzo conflitto mondiale dalla conseguenze inimmaginabili ma certamente distruttrici di gran parte dell’umanità. A distanza di 50 anni da quegli eventi non è ancora ben chiaro cosa sia intervenuto per risolvere in quattro e quattr’otto la crisi. Ora, a tre mesi dalla canonizzazione di Giovanni XXIII, insiste la versione di un suo miracolistico intervento che avrebbe in pratica ispirato o addirittura imposto la sigla di un accordo tra Kennedy e Kruscev. Se i fatti sono andati veramente così, non solo credenti e devoti ma un po’ tutta la popolazione della Terra dovrebbe essere invogliata a compiere pellegrinaggi a Roma o a Sotto il Monte in omaggio a papa Roncalli. Ma come averne la certezza? Alessandro Prandi alessandro.prandi51@ gmail.com Caro Prandi, Quando si diffonde la voce di un evento miracoloso, la Chiesa nomina spesso una commissione di prelati e teologi a cui è dato il compito d’indagare. I lavori della commissione si concludono con un giudizio formulato in latino: «constat de supernaturatalite» oppure «non constat», vale a dire il sovrannaturale c’è o non c’è. Credo che una commissione istituita per un giudizio sull’intervento miracoloso di Giovanni XXIII nella crisi dei missili cubani si concluderebbe con un «non constat». Quella fu una partita molto terrena giocata sul filo del rasoio da due potenze che volevano mettere alla prova i loro rispettivi sistemi nervosi, ma dimostrarono alla fine un grande buon senso. Le cose, ridotte all’osso, andarono così. Lo sbarco nella Baia dei Porci, organizzato dagli americani nell’aprile 1961, fu un clamoroso fiasco, ma i cubani si sentirono comprensibilmente minacciati e andarono alla ricerca di un protettore. Lo trovarono nell’Unione Sovietica, a cui non spiaceva acquisire una base nei Caraibi, a 90 miglia dalle coste della Florida. Quando decisero d’installarvi 42 missili, i sovietici non fecero nulla di fondamentalmente diverso da quello che gli americani avevano già fatto installando i loro missili in Italia e in Turchia. Ma non appena gli aerei-spia americani segnalarono la costruzione delle rampe, il presidente Kennedy rifiutò di accettare il fatto compiuto e decretò il blocco navale dell’isola. La flotta americana e quella sovietica si guardarono in cagnesco nelle acque dell’Atlantico occidentale sino a quando il segretario generale dell’Urss, Nikita Kruscev promise il ritiro dei missili a due condizioni: un formale impegno degli Stati Uniti a non più tentare l’invasione dell’isola e il ritiro dei missili americani dal Mediterraneo orientale. Kennedy accettò la prima condizione, ma ottenne che il ritiro dei missili dall’Italia e dalla Turchia avvenisse qualche mese dopo. Fu questo scarto di tempo che dette al mondo l’impressione di una vittoria americana. In realtà si trattò di un pareggio .