Anna Momigliano, Rivistastudio.com 5/2/2014, 5 febbraio 2014
COSA CI FANNO TUTTI QUEI PRETI DETECTIVE IN TV?
Quando G.K. Chesterton scriveva che «la donna è come il fuoco», il riferimento non era alla passione, bensì a una presunta funzionale mediocrità. «Così come per il fuoco, dalla donna ci si aspetta che cucini: non che eccella nella cucina, ma che cucini pur sempre meglio di suo marito. Così come per il fuoco, dalla donna ci si aspetta che racconti storie ai bambini, non racconti originali e artistici, ma storie».
Degli ebrei G.K. Chesterton scriveva che hanno «rovinato il popolo d’Inghilterra con la loro usura» e che Edoardo I ha avuto le sue buone ragioni per espellerli. Di Oscar Wilde, suo conterraneo, che era un eretico, che la sua popolarità era la dimostrazione di quanto in basso fosse caduta l’Inghilterra del XIX secolo: roba da fare rimpiangere Torquemada, che «almeno l’età dell’Inquisizione non ha avuto la disgrazia di produrre una società che idolatrava un uomo proprio per avere esposto quelle idee la cui messa in pratica gli era valsa la galera».
G.K. Chesterton (1884-1936), avrete capito, non era un tipo d’ampie vedute. Spesso viene definito “apologeta cristiano”, tra i suoi titoli più noti si annoverano saggi dai titoli come Ortodossia, Eretici, e Ciò che non va nel mondo. Anche se forse la parola più adatta sarebbe “anti-intellettuale” – a Chesterton, per dire, si deve il conio dell’espressione “uncommon sense” in riferimento ai pensatori che, a furia di volere mandare all’aria l’ordine costituito, hanno perso il contatto col senso comune, senza nulla togliere alla loro intelligenza (a proposito: pare Chesterton sia uno dei teologi di riferimento di Slavoj Zizek, qualcuno avrà notato l’ironia della faccenda).
Il problema del genere umano nell’epoca del suo decadimento morale, a ben vedere, nella visione di Chesterton, consiste proprio nel non vedere le cose ovvie. Ah, Chesterton è il nonno di Don Matteo. Adesso ci arriviamo.
Oltre ad avere scritto una quantità impressionante di saggi – per chi fosse interessato: il passaggio sopracitato sulle donne è tratto da Ciò che non va nel mondo, quello sugli ebrei da Una breve storia d’Inghilterra, edito in Italia da Rubettino – era anche un prolifico autore di gialli, nonché l’inventore del sotto-genere “preti detective”, che si suppone qualcosa abbia avuto a che vedere con la sua fede profonda e più in generale con la sua visione del mondo. Chesterton infatti ha scritto una cinquantina di storie brevi incentrate intorno alla figura di Father Brown, un prete cattolico originario dell’Essex ma di stanza a Londra che, grazie al suo intuito e alla comprensione dell’animo umano che sono propri del suo mestiere, si ritrova a risolvere misteri davanti ai quali i poliziotti non riescono a raccapezzarsi.
Si pensa che la figura di Father Brown sia ispirata a Padre John O’Connor (1870–1952), il prete che seguì Chesterton, nato anglicano, nella sua conversione al cattolicesimo. Tra le armi principali di Father Brown, il senso comune e la capacità di vedere cose, spesso ovvie, davanti alle quali i poliziotti sembrano ciechi. Entrambi gli elementi che rientrano in una visione chestertoniana del mondo in cui il buon vecchio senso comune, la semplicità di pensiero e la capacità di andare al sodo sono doti in via d’estinzione, anche a causa della confusione mentale seminata dagli affabulatori-modernisti sovvertitori dell’ordine costituito. Tipo Wilde, per dire.
Le storie di Father Brown, inizialmente pubblicate sulla stampa britannica a cavallo degli anni Dieci, sarebbero state raccolte in volumi soltanto più tardi, nonché adattate in sceneggiati radiofonici e successivamente televisivi dalla Bbc e Pbs. Ma, soprattutto, Father Brown ha dato il là a una lunga stagione di serie TV nell’europa continentale, dove, complice la Lux Vide e un’età media del pubblico non giovanissima, la parte del leone spetta all’Italia. Da Father Brown, insomma, è iniziato quel topos televisivo che oggi diamo quasi per scontato, quell’archetipo del prete-detective, che trova nella suora-investigatrice una timida imitazione, che ha regalato Padre Castell alla Germania e Suor Thérèse alla Francia.
In Italia, la stagione dei religiosi detective è iniziata alla fine degli anni Sessanta con la serie I ragazzi di padre Tobia. Pochi anni dopo, nel 1970, la Rai produce una suo sceneggiato ispirato al personaggio di Chesterton, intitolato I racconti di padre Brown. Negli anni Ottanta, anche Mediaset si appropria dell’archetipo, con Don Tonino, con Andrea Roncato, mandato in onda su Canale 5 tra il 1988 e il 1990 e ritrasmesso più di recente su Iris.
Negli anni Novanta, il genere clerico-poliziesco si consolida definitivamente con Un Prete Tra di Noi (Rai 2, 1997) e Dio Vede e Provvede (1996-1997), creatura Mediaset con un’Angela Finocchiaro in abito da monaca, presumibilmente concepita sull’onda lunga del successo planetario di Sister Act. Lo stesso schema è stato riproposto più di dieci anni dopo, nel 2011, dalla Rai, con Che Dio Ci Aiuti, altro poliziesco suoresco, ma con Elena Sofia Ricci.
Poi, naturalmente, c’è il fenomeno pluriennale di Don Matteo, che va in onda sulle reti Rai dal lontano 2000 con indiscusso successo di pubblico: una creatura di Lux Vide, casa di produzione d’ispirazione cattolica fondata negli anni Novanta, nota anche per le fiction su Padre Pio e Papa Giovanni. Che po, direte voi, con G.K. Chesterton Don Matteo non c’entra nulla. Ma se volete sapere perché di preti detective è pieno il palinsensto, forse questa storia vi ha aiutati a capirlo.