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 2014  febbraio 07 Venerdì calendario

LA VERA KATHE DI TRUFFAUT, CHE INVENTÒ L’AMORE A TRE


Caro François Truffaut, non c’è niente di strano che io sappia chi siete. Più curioso è il fatto che anche voi mi conosciate senza saperlo. Per procura, per così dire. Io sono a 75 anni ciò che resta di «Kathe», l’eroina temibile di Pierre Roché in Jules e Jim. Così il 30 ottobre 1961 Helen Hessel scriveva a Truffaut, prima dell’uscita del film capolavoro che avrebbe lanciato il padre della Nouvelle Vague nell’olimpo dei grandi registi e consegnato all’immortalità lo scrittore francese Jean-Pierre Roché, fino allora pressoché sconosciuto.
Truffaut aveva scoperto il romanzo Jules e Jim per caso in una bancarella di Port- Royal nel 1956 e se n’era innamorato rimanendo affascinato anche dalla vita del suo autore, con cui strinse un breve ma efficace sodalizio artistico (Roché, ormai anziano, sarebbe morto tre anni più tardi). Ma ebbe sempre timore di Helen Hessel, la Kathe/ Catherine del film, impersonata magnificamente da Jeanne Moreau. Rispose alle sue lettere ma non la incontrò mai, plagiato dall’immagine che avevano di lei Roché e la moglie Denise: una donna temibile, folle, pericolosa, accecata d’amore. Ma Helen Hessel venne circondata da più di una fama. All’indomani della pubblicazione postuma del suo sconvolgente Journal, un diario più che intimo, crudo e violento, scritto in tre lingue, sugli anni della relazione a tre – lei, il marito Franz (il grassoccio Jules del film) e l’amante Pierre (il segaligno Jim) – venne ben presto considerata sia una vittima sia uno spietato carnefice.
A mettere ordine nella vita affascinante e tumultuosa di Helen Grund, tedesca biondissima dagli occhi blu, due volte sposata e due volte divorziata dallo scrittore ebreo tedesco Franz Hessel, due figli, Ulrich e Stéphane (diplomatico all’Onu e autore a 93 anni di quel pamphlet Indignatevi! che solo in Francia ha venduto più di 2 milioni di copie), molti amori tra cui uno devastante – quello appunto con il feroce e egoista Jean-Pierre Roché, Don Giovanni impenitente e seriale, amico fraterno del mite Franz, –, ci ha pensato la scrittrice francese Marie-Françoise Peteuil nella bella biografia Helen Hessel, la donna che amò Jules e Jim, che esce in questi giorni per Baldini&Castoldi (trad. di Ileana Zagaglia, pp. 354, euro 16,90).
Nata da una famiglia agiata, il 30 aprile 1886 «in uno dei bei quartieri della Berlino est», ultima di cinque figli, Helen Grund «fu pittrice, giornalista, scrittrice, musa, ispiratrice, drammaturga, partigiana, traduttrice». Il padre è un banchiere, la madre, depressa per le numerose infedeltà del marito, morirà nel 1915 in una casa di cura. Lei, Helen, vivrà sempre con il desiderio di essere al centro dell’attenzione riconosciuta, notata. Dopo il trasferimento a Parigi, si dedica alla pittura e frequenta il mondo artistico e letterario (tra i suoi amici Marchel Duchamp, Walter Benjamin, Man Ray, Rilke, Adorno) ma sceglie di sposare Franz Hessel, uno scrittore berlinese ricco e colto, timido e tollerante, siglando con lui un patto diabolico: lei non ha obblighi, può restare libera, ma diventa la sua musa (come lo sarà di Roché) in ben quattro romanzi «che parlano della sua vita, di loro, degli sconvolgimenti che ne derivarono». Si sposano nel giugno 1913: lui ha 33 anni, lei 27. Si trasferiscono nei pressi di Monaco, scoppia la Prima guerra mondiale, nascono i due figli, lui parte per il fronte. Quando torna sembra indifferente a tutto. Lei gli dice che non lo ama più. Franz chiama in soccorso l’amico Jean-Pierre Roché, scrittore e collezionista d’arte, con cui in passato ha condiviso alcune donne. Spera che Roché l’aiuti a trattenerla, seduca la donna che lui non riesce più a soddisfare. Non sarà una buona idea. Roché non ci mette molto a conquistare Helen con una frase malandrina: «Non potrei più vivere senza avervi tenuta nuda tra le mie braccia. Vorrei forse un figlio da voi».
Pierre ha 40 anni, una relazione stabile con Germaine, l’amante di sempre, e con infinite altre, e vive a Parigi con la madre, unico punto fermo della sua vita. I due si amano senza nascondersi , sotto lo stesso tetto – con la complicità di Franz – di un amore matto e disperatissimo che porterà Helen sull’orlo dell’abisso. Lei rimarrà incinta tre volte e per tre volte sarà costretta a abortire spinta dai dubbi di Pierre che arrivato al dunque non vuole impegnarsi. Eppure lo perdonerà sempre e sopporterà le sue infedeltà ripagandolo con la stessa moneta.
Peteuil ci offre un ritratto di Helen diverso, non l’amante di due uomini – come vuole il mito raccontato in Jules e Jim. È legata a Franz da affetto e rispetto reciproci, ma si considera la donna di Pierre, ed è a lui che sente di appartenere. Vuole mostrarsi all’altezza della figura emancipata e audace che Roché le propone di essere. Ma in una lettera dell’ottobre 1924 lo supplica: «Please, don’t sleep with anybody… I’m ta vierge pure». Dopo alti e bassi, passioni travolgenti e allontanamenti, la rottura tra i due è violentissima quando Helen scopre che il suo amante è padre di un bambino di due anni, avuto con una terza donna, Denise, che diverrà sua moglie e gli starà accanto per tutta la vita.
Disperata, lo pedina e lo minaccia con una rivoltella. Poi trova la forza di lasciarlo. Non lo vedrà mai più, nemmeno dopo la pubblicazione nel 1953 di Jules e Jim (Roché le scriverà nel 1957 una lettera cui non avrà risposta). Helen capisce di poter sopravvivere al danno e torna alla vita più forte e determinata di prima.
Durante la Seconda guerra mondiale riesce a scampare alla deportazione (Franz, internato insieme a Ulrich e poi rilasciato, morirà nel 1941 accudito da Helen), partecipa alla resistenza con il figlio Stéphane, scrive una pièce teatrale, tenta il suicidio, si trasferisce negli Stati Uniti, dove lavora come autista, badante e domestica. Tornata a Parigi, traduce in tedesco, per la prima volta, Lolita di Nabokov. Gli ultimi trent’anni vivrà nella stessa casa di Anne-Marie Uhde, sorella del collezionista d’arte Wilhelm. Ultraottantenne, mai rassegnata, riuscirà a vivere un ultimo amore con Bernd Witte, un giovane ricercatore «bello, alto, biondo» che andò a trovarla per una tesi su Walter Benjamin. Scrive Marie-Françoise Peteuil: «Una relazione fortissima si creò tra i due. L’anziana donna divenne scandalosa. Gli raccontò la sua vita, i suoi amori. Gli affidò anche il manoscritto del Journal». Replica oggi Bernd Witte: «Aveva un vigoroso appetito di vivere, e viveva il suo amore senza nasconderlo. Perché rifiutare che ci si possa innamorare anche a ottant’anni? ».