Paolo Lepri, Corriere della Sera 7/2/2014, 7 febbraio 2014
BERLINO E L’ERA DEL NUOVO IMPEGNO «BASTA TABÙ, NON STAREMO IN DISPARTE»
La Germania deve essere più attiva in politica estera e non può accontentarsi di «dare un voto» a quello che fanno gli alleati europei. Che a Berlino soffi un vento nuovo lo conferma in questa intervista al Corriere il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, atteso oggi a Roma per un incontro con la collega italiana Emma Bonino. Agli amici italiani confermerà la sua fiducia per quello che il governo Letta sta facendo sulla strada delle riforme e del risanamento. Guardando all’Europa, naturalmente, perché il nostro Paese è «un peso massimo politico» dell’integrazione e «anche le sue responsabilità nell’Ue sono grandi».
Cinquattottenne, un volto giovanile incorniciato dai capelli prematuramente bianchi, Steinmeier è da tempo uno degli uomini di punta del partito socialdemocratico. È tornato da poche settimane al timone dell’Auswärtiges Amt, la «Farnesina tedesca», nello stesso incarico, quindi, che aveva ricoperto dal 2005 al 2009. Come l’attuale, anche quella era una «grande coalizione» guidata da Angela Merkel, la donna che lo sconfisse nelle penultime elezioni. «Il lavoro non ci mancherà», ha detto dopo la sua nomina. E ha iniziato subito a girare il mondo, con un impegno che ammiratori e avversari gli riconoscono unanimemente.
Signor ministro, i colloqui con Emma Bonino saranno l’occasione per uno scambio di idee sui principali temi internazionali. Ma in Italia ci si chiede, in particolare, se da parte del nuovo governo tedesco ci sia interesse per gli sforzi che si stanno compiendo per andare avanti sulla strada delle riforme e superare i momenti difficili del recente passato. Lei ha fiducia nell’Italia? La solidarietà tedesca ai Paesi europei in difficoltà è destinata ad aumentare?
«Io ho fiducia nell’Italia. Il vostro Paese è un “peso massimo” politico dell’integrazione europea. Il suo grande potenziale economico e la sua creativa storia industriale rappresentano un terreno fertile per la crescita e per i posti di lavoro — se le condizioni generali lo permettono. Naturalmente so bene che è una grande sfida tenere sotto controllo il percorso delle riforme, specialmente nel complesso sistema interno italiano. Ma questo è il percorso giusto. Come grande Stato membro, anche l’Italia ha una grande responsabilità nei confronti dell’intera Europa. La solidarietà tedesca non è in questione. Sappiamo quale sia la nostra responsabilità per fare in modo che l’Europa sia vista nuovamente dalla sua popolazione, soprattutto nel Sud del nostro Continente, come una speranza e non come una minaccia».
Lei è tornato alla guida del ministero degli Esteri dopo quattro anni. In che cosa è cambiato il mondo durante questo periodo?
«Non ho mai pensato di poter ripartire dal punto in cui avevo interrotto il mio lavoro quattro anni fa. Pensi solo alla Siria, al Vicino e Medio Oriente, alla aeree di crisi in Africa o in Europa dell’Est. Devo constatare che le crisi si sono avvicinate ai confini europei. Nello stesso tempo osserviamo che gli Stati Uniti dimostrano maggiore riservatezza nell’occuparsi dei problemi di sicurezza europei. E, non da ultimo, la dinamica dell’integrazione europea è cambiata per gli effetti della situazione di tensione prodotta dalla necessità di superare la crisi. Le certezze diminuiscono e alla Germania vengono richieste altre, crescenti domande».
È stato lei a parlare per primo della necessità di «non lasciare soli» i partner europei. Nei giorni scorsi il presidente Joachim Gauck ha auspicato una maggiore presenza internazionale tedesca, anche eventualmente con le forze armate, senza farsi condizionare dalla tragica eredità del passato. La Germania sta cambiando politica estera?
«Una politica di moderazione in campo militare è giusta, ma non può significare che una Germania politicamente stabile ed economicamente forte si tenga fuori e si limiti a dare un voto a quello che fanno gli altri. Dovremmo prendere in considerazione tutta l’ampiezza degli strumenti diplomatici. Dobbiamo agire con i mezzi diplomatici a nostra disposizione più presto, in modo più decisivo e più sostanziale e non possiamo considerare un tabù ogni possibilità di dialogo. Il nostro impegno deve essere concreto. Vorrei fare solo un esempio: così come l’Italia collabora nella logistica dell’eliminazione delle armi chimiche siriane, così noi distruggeremo parti di componenti delle armi chimiche siriane negli impianti tedeschi. Stiamo vedendo attualmente quale sia il modo per sostenere la stabilizzazione degli Stati fragili in Africa. Vogliamo anche dare un concreto impulso alla politica estera e di sicurezza europea. Questo sarà un tema dei miei colloqui di oggi con Emma Bonino, perché l’Italia è un partner importante per noi in tutte queste questioni».
Dopo aver incontrato a Monaco i leader dell’opposizione, lei ha sostenuto che la minaccia di sanzioni nei confronti del governo di Kiev potrebbe essere usata per spingere ad un accordo in grado di mettere fine allo scontro in atto. Qual è la linea che bisogna seguire per riportare un clima di pace in Ucraina e assicurare il rispetto delle libertà democratiche? Che cosa bisogna chiedere alla Russia?
«Non è possibile che un futuro positivo per l’Ucraina, che può svilupparsi solo con il dialogo politico e rispettando la libertà di opinione della popolazione, sia fondato sulla violenza. In questo la leadership ucraina avrà una particolare responsabilità. Deve fare ulteriori passi verso l’opposizione. Non rimane più molto tempo. Se la situazione dovesse uscire dal controllo oppure aggravarsi, dobbiamo pensare al modo in cui noi europei possiamo reagire in maniera adeguata. Le sanzioni non sono a questo proposito un tabù, ma al momento attuale sarebbero premature perché esistono ancora opzioni politiche. Il percorso per uscire dal vicolo cieco potrebbe consistere in un cambiamento della Costituzione e in un rafforzamento del governo e del Parlamento. Sono convinto che una soluzione politica della crisi ucraina sia possibile. Questo sarebbe del resto anche nell’interesse fondamentale della Russia».
Come definirebbe lo stato dei rapporti tra Germania e Usa dopo le intercettazioni compiute dai servizi segreti e il controllo a cui è stato sottoposto il telefono della cancelliera? È arrivato un chiarimento? La reazione allo scandalo è stata troppo debole?
«L’amicizia transatlantica è cresciuta nel corso di questi decenni. Sono sicuro che possa resistere a differenze di opinioni. La posizione tedesca ed europea su questo tema può e deve essere espressa pertanto in modo chiaro e nello stesso tempo costruttivo. Ci aspettiamo dai nostri partner americani un serio dialogo sul modo in cui possa essere nuovamente regolato l’equilibrio tra la libertà e la sicurezza e le nostre posizioni sui diritti civili e la democrazia. In questo siamo ancora all’inizio di un processo più lungo. Nello stesso tempo non possiamo perdere di vista il fatto che i rapporti transatlantici sono molto di più di quello che ha dominato il dibattito negli scorsi mesi. Sulle importanti questioni internazionali collaboriamo fiduciosamente fianco a fianco».
Paolo Lepri