Lanfranco Palazzolo, Il Tempo 7/2/2014, 7 febbraio 2014
QUANDO DA PROCURATORE ANTIMAFIA VOLEVA PREMIARE BERLUSCONI
Pietro Grasso e quel «premio» dimenticato. Nell’arco di nemmeno 24 mesi il Presidente del Senato ha cambiato radicalmente il suo giudizio su Berlusconi. La politica e certo giornalismo hanno indubbiamente la memoria corta. Ma quello che è accaduto nel maggio 2012 dovrebbe essere ricordato a tutte le persone di buon senso che sono rimaste sorprese dalla improvvida decisione del Presidente del Senato di costituirsi parte civile al processo sulla presunta «compravendita» di senatori nella XV legislatura.
Nessuno avrebbe mai immaginato che lo stesso uomo che ha preso questa decisione, aprendo un fronte di polemica molto pericoloso, il 12 maggio 2012, quando era ancora procuratore nazionale antimafia, avrebbe voluto premiare Berlusconi nella lotta contro la mafia. «Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia. Ha introdotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi. Siamo arrivati a quaranta miliardi di euro». Grasso rilascia queste dichiarazioni nel corso della trasmissione radiofonica La Zanzara . Poche ore dopo questa trasmissione, riguardo all’affermazione sull’attribuzione di un premio all’ex premier Silvio Berlusconi per la lotta alla mafia, Grasso conferma di «non esitare a ribadire che, da "tecnico", non ho alcuna difficoltà a riconoscere i meriti di chi riesce a dare ai magistrati e alle forze di polizia strumenti per meglio combattere la criminalità organizzata, soprattutto togliendole i beni e i profitti illeciti realizzati». Ma Grasso non si ferma a questa valutazione. Proprio lui se la prende con quei magistrati che utilizzano il proprio ruolo al servizio dello Stato come trampolino di lancio per la politica, prendendosela con l’allora sostituto procuratore di Palermo Antonino Ingroia: «Fa politica utilizzando la sua funzione, è sbagliato. Come ha sbagliato ad andare a parlare dal palco di un congresso di partito. Deve scegliere. E per me è tagliatissimo per fare politica». Infatti il tagliatissimo Ingroia non viene eletto quando si candida premier per «Rivoluzione civile».
Non appena le dichiarazioni «berlusconiane» di Grasso vengono battute dalle agenzie di stampa scatta l’immediata mobilitazione di Magistratura democratica. Le toghe di sinistra si mobilitano immediatamente per ricordare a Grasso da che parte bisogna stare. A muoversi contro Grasso è, il 13 maggio 2012, Piergiorgio Morosini, segretario generale di MD: «Sono sconcertanti - spiega - le parole del procuratore Grasso sulla politica del governo Berlusconi in tema di lotta alla mafia. Sui sequestri ci sono leggi collaudate già da qualche decennio e gli esiti positivi degli ultimi anni, in materia di aggressione ai patrimoni mafiosi, sono dipesi dallo spirito di abnegazione e dalla capacità professionale delle forze dell’ordine e della magistratura».
Ma Grasso non si lascia intimidire. E il 14 maggio rilancia, ma ritira il «premio» a Berlusconi: «Io rivendico il diritto che la comunicazione si occupi nella trasmissione delle parole e del pensiero con fedeltà nel riferire quello che succede. Rivendico anche la correttezza e l’onestà intellettuale di potere riconoscere quello che si è fatto, così come rivendicare le carenze, le omissioni che sono state fatte nel settore della giustizia e nella lotta alla mafia. Non ho mai inteso elogiare alcuno - aggiunge - né do premi», ha detto ancora Grasso, e ha spiegato: «Io mi occupo istituzionalmente di lotta alla mafia e nel pacchetto sicurezza Alfano-Maroni ci sono state norme utilissime nella lotta alla mafia».
A questo punto scendono in campo David Parenzo e Giuseppe Cruciani, conduttori della trasmissione radiofonica nel corso della quale Grasso premia Berlusconi. Infatti, la redazione de La Zanzara di «Radio 24» ribadisce che «per ben due volte nel corso della trasmissione i conduttori Giuseppe Cruciani e David Parenzo hanno chiesto al dottor Pietro Grasso se avrebbe dato un premio a Silvio Berlusconi per la sua attività antimafia. Entrambe le volte il procuratore ha risposto positivamente, in merito al recupero dei beni mafiosi. Anzi, la seconda volta ha ribadito: "Certamente sì"».
In fondo, alla fine dei conti, il Presidente del Senato è stato di parola: dopo quasi due anni il "premio" è arrivato...
Lanfranco Palazzolo