Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 7/2/2014, 7 febbraio 2014
STOP A EQUITALIA, CONFINDUSTRIA A CINQUE STELLE
Aleggere il Sole 24 Ore di ieri e le dichiarazioni del presidente Giorgio Squinzi la conclusione è che Confindustria ormai è all’opposizione del governo Letta e si schiera a fianco del Movimento Cinque Stelle. Con l’esecutivo ormai ci sono soltanto polemiche – sulle stime del Pil, sul disfattismo e gli eccessi di ottimismo, sui provvedimenti – mentre i deputati di Beppe Grillo hanno regalato a Confindustria un risultato celebrato dal titolo di apertura del Sole di ieri: “Stop alle cartelle del fisco per chi ha crediti con la Pa”. Svolgimento: i relatori di maggioranza della legge che converte il decreto Destinazione Italia, cioè Yoram Gutgeld (Pd) e Raffaello Vignali (Ncd) hanno fatto proprio un emendamento del M5s (primo firmatario Mattia Fantinati) che per l’intero 2014 introduce il blocco delle cartelle esattoriali per le imprese che stanno aspettando pagamenti dalla Pubblica amministrazione.
Una possibilità che già c’era, ma con tanti vincoli e paletti che risultava praticamente inutile soprattutto per le imprese più piccole, quelle che rischiano di essere travolte dal combinato tra pagamenti lenti e fisco veloce. Adesso il criterio viene semplificato: chi ha un credito scaduto superiore al debito col fisco, può sentirsi al riparo dagli artigli di Equitalia e dalle sue azioni esecutive. Mancano solo i decreti attuativi del ministero dell’Economia e dello Sviluppo.
IL VICEDIRETTORE del Sole Alberto Orioli scrive che la piccola modifica voluta dai Cinque Stelle “avrebbe potuto salvare la vita stessa a chi, disperato, ha scelto la strada del suicidio come risposta alla recessione”. E nel finale un elogio che assomiglia quasi a un endorsement: “Una lezione anche per il Movimento Cinque Stelle. Quando la politica non è quella dell’invettiva, del tanto peggio tanto meglio o dell’olio di ricino social i risultati concreti arrivano”. Certo, il Sole non si spinge ad approvare anche la battaglia del M5S contro il decreto che riforma la Banca d’Italia permettendo alle banche private di ricevere più dividendi e vendere le loro quote (tema cui Grillo si dedica sul blog), ma l’apertura non era scontata.
Di certo Confindustria ha rinunciato a dialogare con Enrico Letta. Ieri Squinzi ha dato un ultimatum al premier: o si presenta il 19 febbraio al direttivo degli industriali con risultati concreti che rispondano alle loro richieste, oppure “non ci resterebbe altro che appellarci a Napolitano”. Non certo per sollecitare decreti o disegni di legge, quanto piuttosto per denunciare la rottura del rapporto tra imprese e governo.
CONFINDUSTRIA STA ANCORA studiando Matteo Renzi, il Jobs Act è troppo vago anche se ci sono flessibilità del lavoro e taglio dell’Irap, impegni da concretizzare ma sempre meglio dei tentennamenti governativi. Il centrodestra non ha più il fascino (e soprattutto il potere) di una volta e quindi è quasi inevitabile per Squinzi cogliere quanto di buono può ottenere dal M5S. A cercare negli archivi, si scopre che Beppe Grillo non ha mai infierito su Confindustria. Le sue battaglie sono quasi sempre contro la finanza, le banche, singole aziende (da Parmalat a Telecom), ma le piccole e medie imprese sono un bacino che Grillo considera di potenziali elettori, non di avversari. In questi mesi Gianroberto Casaleggio, co-fondatore del M5S, ha continuato a incontrare imprenditori (e finanzieri, nonostante gli attacchi grilleschi) con un’assiduità che è stata apprezzata, a differenza dell’ostentato disinteresse di Renzi che lascia in anticamera o in lista d’attesa anche amministratori delegati che non sono abituati ad aspettare. L’intesa Confindustria-M5s è solo tattica, ovviamente, nessun matrimonio d’idee. Ma se il Pd renziano scarica la Cgil di Susanna Camusso e preferisce la Fiom di Maurizio Landini, allora tutto può davvero succedere.
Twitter @stefanofeltri