Stefano Zurlo, il Giornale 7/2/2014, 7 febbraio 2014
SPUNTANO PURE LE TANGENTI SPAZIALI
Consulenze fantasma. E poi fatture false. Favoritismi. Eventi dai budget, ci si scusi l’ovvietà, stellari.Le tangenti avrebbero conquistato anche l’Agenzia spaziale italiana. Mazzette su mazzette pagate dalle società che orbitavano intorno all’organismo. Scattano le perquisizioni e nel registro degli indagati vengono scritti i nomi di sette persone,a cominciare dal presidente dell’ente Enrico Saggese. È un’altra pagina nera quella che emerge dalle carte dell’inchiesta condotta dalla procura di Roma. Lo spazio fa pensare ad una dimensione in bilico fra scienza e avventura, il cielo è il luogo del sogno e misura anche le ambizioni di un Paese. Ma la corsa tricolore alla conquista dell’infinito sarebbe stata macchiata dal solito meccanismo all’italiana: pagamenti per favorire questo o quel contratto, questa o quell’azienda. Nulla di nuovo, inedito è solo lo scenario perché si sperava che almeno questo mondo fosse rimasto indenne dal cancro della corruzione. Pare, anche se naturalmente la cautela in questa fase è d’obbligo, che nemmeno l’Asi sia sfuggita ai soliti maneggi.
I pm Paolo Ielo e Mario Palazzi scavano sui contratti conclusi con una sfilza di società: la Sistina Travel, che organizza i viaggi dei dipendenti dell’agenzia, il Centro italiano di ricerche aerospaziali con sede a Capua; e poi la Get-It e la Eurofiere, in provincia di Torino, e ancora la Art Work e la Space Engeneering della capitale. L’elenco è lungo. In sostanza alcune società si sarebbero accaparrate ghiotti contratti oliando i dirigenti dell’Asi con stecche camuffate alla voce consulenze. Saggese avrebbe «abusato del suo ruolo apicale» e con lui nel mirino dei pm ci sono i suoi due addetti stampa: i fratelli Francesca e Mario Giacomo Sette, rispettivamente dipendenti di Finmeccanica e del Centro italiano di ricerche aerospaziali ma distaccati al’Asi. I filoni d’indagine sono molteplici e si allargano a ventaglio: si va dalle trasferte faraoniche negli Stati Uniti all’organizzazione di eventi; un solo meeting, tenutosi a Napoli, costò all’Asi ben 4 milioni di euro. Non basta, perché nel pentolone c’è davvero di tutto: le fatture false e perfino una carta ricaricabile messa a disposizione di Saggese dall’Art Work. Altro capitolo, un classico del malcostume nazionale: nomine, in posizioni strategiche, di persone che non avevano i requisiti per sviluppare carriere così brillanti. Insomma, pare incredibile ma pure un comparto così sofisticato e importante, quasi una bandiera, per il prestigio del Paese sarebbe finito nella rete del malaffare e di una gestione mediocre, lottizzata, subalterna agli interessi degli amici degli amici.
Camarille. Appalti taroccati. Soldi sperperati. Corruzione. Concussione. I reati di sempre dai tempi di Tangentopoli. Con ramificazioni familiari sorprendenti e desolanti: la Get-It, che avrebbe avuto una corsia preferenziale, giocava in casa. I titolari della società sono Elena Oteri e il marito Vittorio Sette. Stiamo parlando dei genitori di Francesca e Mario Giacomo Sette, stretti collaboratori di Saggese.
L’inchiesta, come si vede, è lontana dalla conclusione. Nei mesi scorsi Sergio Rizzo sul Corriere della sera aveva documentato la lievitazione dei costi per la realizzazione della nuova sede dell’Asi, a Tor Vergata. Una moltiplicazione per sette che batte tutti i record negativi del Paese: dai 12 milioni previsti nel 2000 agli 84,4 effettivamente usciti dalle casse dell’ente. Un salasso che ha insospettito la Corte dei conti. Altro che eccellenza. L’Asi, ente pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell’Università e della Ricerca, sembra confermare i peggiori vizi della nostra classe dirigente.