Giovanni Caprara, Sette 7/2/2014, 7 febbraio 2014
UN PO’ AEREO, UN PO’ ELICOTTERO. COSÌ CAMBIA IL MODO DI VOLARE
Nel cielo della brughiera di Malpensa, dove l’aviazione italiana nasceva agli inizi del Novecento e dove il grande asso Francesco Baracca mise le ali, ora vola uno strano velivolo, mezzo elicottero e mezzo aeroplano. È il primo tipo di questa specie destinato presto a portare passeggeri civili offrendo possibilità nei collegamenti prima impossibili. Proprio per le sue doppie caratteristiche lo hanno battezzato convertiplano (tilt rotor) e porta la sigla AW609 dalle iniziali di AgustaWestland, società italo-britannica di Finmeccanica, una delle più grandi al mondo per l’ala rotante, impegnata nella sua costruzione.
Pensare una macchina così innovativa è stato davvero una sfida. La storia parte molti anni fa, addirittura nel 1955, quando negli Stati Uniti gli ingegneri dell’Us Air Force sperimentarono una sorta di antenato del convertiplano, l’XV-3, risalendo a un progetto che i tedeschi avevano elaborato durante la seconda guerra mondiale, sto però sulla carta. Era l’inizio di un sogno, conquistare la capacità di sollevarsi e atterrare in verticale come un elicottero, appunto, e poi velocemente muoversi proprio come un aeroplano. Ma la strada si rivelò ardua e dovettero passare oltre vent’anni perché prendesse corpo il primo velivolo di questa nuova specie per iniziativa della Nasa la quale, tra le grandi società americane, scelse Bell Helicopter per materializzarlo. Quando nel 1977 volò il primo esemplare dell’XV-15, questa la sua sigla, si era comunque ancora davanti a un prototipo che doveva sperimentare (X sta infatti per Experimental) tutte le novità tecnologiche mai collaudate. Alle estremità delle ali aveva i motori con grandi eliche che ruotavano dalla posizione verticale, per sollevarsi nell’aria o scendere, alla posizione orizzontale, per viaggiare normalmente.
La tecnologia aeronautica in questo modo crebbe, consentendo finalmente dei risultati concreti tanto da convincere il Pentagono, agli inizi degli anni Ottanta, a varare il progetto del convertiplano militare V-22 Osprey che spiccò il primo volo nel 1989, prodotto dalla Bell assieme alla Boeing. Occorse tuttavia un decennio per svilupparlo e superare tutti gli ostacoli che si presentarono prima di affidarlo nelle mani dei Marines e dei piloti dell’Us Air Force. Mentre i tecnici della Bell costruivano la nuova macchina militare, meditavano anche di prepararne una per il mercato civile utilizzando le tecnologie faticosamente maturate.
È a questo punto, e si era nel 1998, che dopo un iniziale interesse della Boeing a entrare nella partita si fa avanti l’italiana Agusta, che con la Bell aveva una lunga tradizione di collaborazione risalente ancora agli inizi degli anni Cinquanta. Nacque così il convertiplano civile Agusta Bell AB609 che ebbe il suo battesimo dell’aria nel cielo del Texas, ad Arlington, nel marzo 2003.
Alla fine del decennio, però, le sorti dell’azienda americana non erano floride e fu allora che l’Agusta, nel frattempo fusa con la britannica Westland, propose di acquisire interamente il progetto e di svilupparlo in completa autonomia. Due anni più tardi, nella vetrina internazionale del Salone aeronautico parigino di Le Bourget, l’intenzione diventa realtà e la nuova macchina volante viene rinominata definitivamente AW609.
Fase finale di decollo. Gli ingegneri di Cascina Costa diventano protagonisti totali della grande impresa mirata ad aprire una nuova via nel mondo dell’aviazione civile. Da quel momento, nelle sale di progettazione, nelle officine e sulla pista corre uno slogan, «superare i limiti», pronunciato con l’entusiasmo di chi è consapevole di affrontare una sfida per cambiare, andare oltre, inventando qualcosa di nuovo. E la fabbrica di Cascina Costa è diventata un luogo di frontiera e di eccellenza dell’aeronautica mondiale.
Il nuovo convertiplano, infatti, volerà a una velocità doppia (550 chilometri orari) e con un raggio d’azione due volte superiore all’elicottero, arrivando sino a 1.300 chilometri, estendibili addirittura a 1.850 con i serbatoi ausiliari.
Inoltre, dotato di sistemi antighiaccio sia sulle pale che sulle ali, vola ad alta quota (ottomila metri) come un aeroplano, evitando ostacoli e condizioni meteorologiche avverse. A bordo possono essere ospitati nove passeggeri in una cabina molto confortevole, pressurizzata e insonorizzata.
Per garantire la massima sicurezza, tutti i sistemi più importanti sono triplicati e la fase di transizione dal volo verticale a quello orizzontale, cioè il momento più critico quando avviene la rotazione dei motori, è effettuata in maniera automatica dai computer in un minuto senza avvertire alcun cambiamento a bordo.
Uno degli aspetti più innovativi riguarda il controllo del volo. «Abbiamo adottato un sistema che ci porta nel domani dell’aviazione civile e che sarà utilizzato da tutti gli aeroplani fra una decina d’anni», spiega Silvano Scorbati, ingegnere capo del progetto. «È un sistema avionico capace di gestire la navigazione in maniera autonoma dai centri di controllo: mostra al pilota il territorio sottostante e la rotta attraverso una visione sintetica, in grado di ricostruire la realtà dei luoghi sorvolati. Tutto ciò consentirà di staccarci da terra in condizioni di sicurezza con cattivo tempo e muoverci in zone dove non esistono assistenze di nessun genere». I piloti comanderanno ogni azione toccando i display con le dita (touchscreen) e su di essi, grazie alla tecnologia infrarossa, apparirà su richiesta anche l’ambiente intorno pure di notte, consentendo di evitare ostacoli.
Ma quali saranno i vantaggi offerti dal nuovo velivolo? Tenendo conto che si potrà andare da Milano ad Amsterdam o da Londra a Ginevra nello stesso tempo di un aeroplano a elica, svariati sono gli impieghi civili e governativi per i quali risulta efficace. Oltre al trasporto corporate (Vip), cioè di società private, è certamente ideale nel trasferimento dei tecnici sulle piattaforme petrolifere o nei servizi di pubblica utilità come il controllo delle coste e dei flussi migratori. Particolarmente adatto sarà nelle operazioni di ricerca e soccorso dove ora si devono impiegare elicotteri e aeroplani mentre poi sarà possibile soddisfare tutte le necessità solo con il convertiplano. Saprà infatti sostare nell’aria come un elicottero per raccogliere naufraghi in difficoltà portandoli rapidamente, con la velocità di un aereo ambulanza, alla destinazione voluta, magari un ospedale lontano, su distanze non consentite all’elicottero. In tal modo i costi delle operazioni saranno minori garantendo un risparmio, oltre a una maggiore flessibilità, a una riduzione dei tempi e una più elevata probabilità di successo della missione.
Nel 2013 tutti i collaudi di base sono stati completati utilizzando i due prototipi di Cascina Costa e della base americana di Arlington. Quest’anno verranno assemblate altre due macchine, avviando la produzione in serie e proseguendo nel frattempo nelle prove necessarie per conquistare la certificazione al volo nel 2017. «Stiamo lavorando assieme alle autorità aeronautiche come la Federal Aviation Administration americana e l’European Aviation Safety Agency», sottolinea Clive C. Scott, Program Manager del programma, «perché dobbiamo scrivere nuove regole per una nuova macchina, regole che saranno presto utili a tutti». «Volare con il convertiplano non è difficile», nota Gianfranco Cito, uno dei piloti sperimentali protagonisti dei collaudi. «I computer ci aiutano, ma noi possiamo agire sempre quando lo desideriamo». Prima ancora che il nuovo velivolo entri in servizio (il suo costo è intorno a 10-15 milioni di dollari, cioè poco più di un elicottero della stessa capacità), AgustaWestland ha già ricevuto cinquanta ordini dai Paesi europei, da Stati Uniti e Canada, Medioriente, Asia e Australia. Secondo le previsioni, nei prossimi vent’anni dovrebbero essere circa 400 i convertiplani sfornati da Cascina Costa, dove ora si intensifica lo sforzo per completare l’opera secondo le date stabilite. Per la nuova macchina volante il futuro è alle porte.
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