Sandro Gerbi, la Repubblica 7/2/2014, 7 febbraio 2014
2016, SI APRE L’ARCHIVIO DI CUCCIA
Al di là di qualsiasi giudizio sulla sua vita e sulla sua opera, non vi è dubbio che Enrico Cuccia sia stato un «tecnico» di prim’ordine. E sì che si era laureato in Legge, sia pur con una tesi sui listini di borsa e la speculazione. Ma un fatto del genere era abbastanza comune nella prima metà del secolo scorso, anche per la rarità delle facoltà di Economia e commercio. Erano laureati in Giurisprudenza illustri economisti o uomini di banca, quali Luigi Einaudi, Guido Carli, Carlo Azeglio Ciampi e Luigi Spaventa. Oppure, se mi è consentito, come mio padre Antonello Gerbi, assunto nel marzo 1932 da Raffaele Mattioli con l’incarico di capo dell’Ufficio studi della Banca Commerciale Italiana. Tutto dipendeva dalle esperienze e dagli studi che si sarebbero fatti dopo la laurea. E Cuccia si era applicato, fin dal primissimo suo impiego in Banca d’Italia, alle operazioni in cambi. Dopodiché, assunto dall’Iri, aveva imparato a ben orientarsi anche nei meandri di bilancio delle società controllate.
Non per nulla Mattioli, pur laureato all’Istituto superiore di scienze economiche e commerciali di Genova, aveva una chiara, anche se paradossale convinzione: «L’economia si impara!». Questo disse all’allora giovane storico Enrico Decleva, esitante di fronte a una proposta della casa editrice Utet di scrivere la biografia di Luigi Einaudi. Che poi il progetto non fosse andato in porto, soprattutto perché all’epoca le carte di Einaudi erano ancora da riordinare, ha poca rilevanza. Era proprio vero, cum grano salis , il paradosso di Mattioli: ovvero che l’economia basta studiarla per praticarla. E lo stesso Cuccia lo aveva dimostrato sul campo, con la propria storia professionale.
In questo volume, Promemoria di un banchiere d’affari , sono raccolti unicamente documenti interni o ufficiali, tutti attribuibili a Cuccia, in parte già noti ma di non semplice reperibilità, in parte maggiore inediti. In questo secondo caso, si è attinto principalmente a due archivi: l’Archivio storico della Banca d’Italia e l’Archivio storico di Intesa Sanpaolo, che conservano tracce importanti del passaggio di Cuccia in Bankitalia e in Comit, oltre che in via Filodrammatici.
Lo spartiacque, nel libro, è costituito dalla nascita di Mediobanca (1946). Si tratta di materiali vari ed eterogenei, che consentono però di avere una netta percezione dello «stile» del banchiere di via Filodrammatici (sempre proteso alla difesa dell’autonomia di Mediobanca); di constatarne alcuni giudizi a volte severi su industrie e istituzioni; e di sentirne la costante insofferenza per i ben noti «lacci e lacciuoli» oltre che per il «debordare» della politica nella finanza.
Ma perché limitarci a una somma di documenti, anziché affrontare di petto la biografia professionale di Cuccia? Perché una simile operazione oggi non è ancora materialmente possibile, a causa della temporanea inaccessibilità degli archivi di Mediobanca. Diciamo «temporanea» pour cause , in quanto la situazione è in movimento. Con delibera del 27 giugno 2012, infatti, il consiglio di amministrazione dell’istituto ha formalmente costituito l’Archivio storico, intestandolo a Vincenzo Maranghi, il «delfino» di Cuccia, scomparso cinque anni prima: una scelta non casuale, perché Maranghi aveva ricevuto da Cuccia anche un «lascito» particolare: quello di valorizzare al meglio la documentazione conservata in Mediobanca, per consentire ai futuri studiosi di ricostruirne la storia. E Maranghi si era già mosso in questa direzione, prima di scomparire prematuramente.
La delibera citata ha provveduto anche alla nomina di un responsabile dell’Archivio, nella persona di Fulvio Coltorti, già capo dell’Ufficio studi di Mediobanca, e alla costituzione di un comitato scientifico, la cui presidenza è stata affidata a Giorgio La Malfa (in gioventù collaboratore di Cuccia, prima all’Ufficio studi e in seguito, dal 1970 al 1973, come direttore della controllata R&S, ovvero Ricerche e Studi). Coltorti si è subito messo all’opera e per prima cosa ha realizzato un sito dedicato (http://www.archiviostoricomediobanca.mbres.it), che oggi ha quattro sezioni ricche di materiali, di informazioni e di link, accessibili con quattro distinti «bottoni».
Cliccando il primo, si ottengono notizie sulla storia di Mediobanca; con il secondo, le persone notevoli nella vita della società (tra cui, ad esempio, il poco noto industriale tessile Eugenio Rosasco, primo presidente dell’istituto, dal 1946 al 1958); con il terzo, i vari palazzi collegati a Mediobanca (a cominciare dalla sede principale, l’ex Palazzo Visconti Ajmi, la cui storia è oggetto di un libro fresco di stampa); e con il quarto le pubblicazioni storiche di via Filodrammatici.
Manca ancora il «quinto bottone», quello da cui si potranno, in un prossimo futuro, scaricare tutti i documenti relativi all’attività operativa di Mediobanca, ad uso degli studiosi che si accrediteranno per la serietà delle loro ricerche (esclusi i documenti privati di Cuccia, rimasti nella disponibilità dei suoi eredi). Sarà questa la sezione più «archivistica» in senso stretto. La prima apertura è prevista all’incirca per il 2016 e riguarderà tutte le carte prodotte fino al 1976, ovvero fino a quarant’anni prima. Per poi procedere al resto, a mano a mano che il tempo passerà e renderà meno riservati i documenti custoditi in «via Filodrammatici».
Ma già la prima tranche costituirà un evento straordinario, che illuminerà la storia finanziaria del nostro Paese nel secondo dopoguerra. Basti pensare alle principali operazioni che hanno visto Mediobanca protagonista dei mercati fino alla metà degli anni Settanta, a cominciare da tutte le vicende che hanno agitato il settore chimico fino a quasi tutta la gestione Montedison di Eugenio Cefis.
L’attesa è quindi grande. E le sorprese non mancheranno.