Anna Peyron, la Repubblica 7/2/2014, 7 febbraio 2014
L’UOMO CHE AMÒ SOLO NAPOLEONE E GLI IBRIDI
Una lunga vita di passioni, fedi incrollabili, lotte coraggiose è quella vissuta da Jean-Pierre Vibert (1777-1866), il primo grande vivaista francese specializzato in rose.
Soldato sotto Napoleone, congedato dopo essere stato ferito in battaglia, si stabilisce a Parigi dove apre un negozio di ferramenta. Lì vicino ha il suo giardino André Dupont, noto collezionista e ibridatore di rose che gode della stima e della protezione dell’Imperatrice Giuseppina. E’ lui a fare appassionare il giovane Vibert alle rose e alla loro coltivazione. Trascorrono due anni e Vibert prende l’importante decisione di vendere il suo negozio e dedicarsi unicamente alle rose.
Si trasferisce appena fuori Parigi e apre un vivaio. Tre anni dopo acquista, perché non vada dispersa, l’intera collezione di Descemet, fornitore e curatore del roseto di Malmaison, costretto a fuggire dalla Francia per motivi politici.
Il trasloco delle rose (circa 10.000 piantine ottenute da seme) avviene in agosto, il mese peggiore per un’operazione del genere, ma tali sono l’impegno e le attenzioni usate che quasi tutte sopravviveranno. In seguito, le rose ottenute dalla selezione delle semine di Descemet, saranno da Vibert marcate nel suo catalogo con una «D» posta accanto al nome delle varietà, uno dei tanti segni distintivi della sua correttezza e onestà intellettuale.
Anche i preziosi appunti di Descemet sull’ibridazione, che Vibert ha ereditato con le rose, contribuiscono a fare di lui un grande ibridatore. E’ il più produttivo del suo tempo; oltre seicento sono le nuove varietà da lui create tra le quali molti ibridi di galliche, le sue preferite.
Ogni anno esce con un nuovo catalogo che propone oltre alle sue novità, una ricca scelta di varietà di altri rosaisti da lui giudicate meritevoli. Scrive molti articoli e saggi che trattano di tutti gli aspetti riguardanti la coltivazione della rosa, sostenendo sempre con caparbietà le sue opinioni, a costo di farsi dei nemici ed essere poi costretto a difendersi dai loro attacchi. Pure in queste occasioni, l’uomo rivela nelle sue auto-difese brillanti e coraggiose di quale tempra sia fatto.
Anche la vite entra a un certo punto prepotentemente nei suoi interessi di vivaista e alla sua coltivazione e alla creazione di nuove varietà dedica la stessa passione, lo stesso impegno che ha sempre dedicato alle rose.
Ben due gravi infestazioni di larve di maggiolini sopraggiungono a distanza d’alcuni anni a mettere in pericolo le sue piante e per ben due volte non trova altra soluzione, per evitare il disastro, che di traslocare l’intero vivaio.
Ad Angers, suo ultimo rifugio, pone definitivamente fine alla sua attività commerciale, pur continuando, ma soltanto per suo diletto, a dedicarsi alla creazione di nuove rose.
Poco tempo prima di morire, ripercorrendo i ricordi della sua lunga vita, confida al nipotino: «Ho, come tutti, creduto di adorare e detestare molte persone e molte cose! In verità non ho amato che Napoleone e le rose.
Oggi, dopo quasi un secolo di rivolte contro tutte le ingiustizie che ho visto e tutti i mali che ho sofferto, non mi restano che due odi profondi: uno per coloro che hanno tradito il mio Imperatore, l’altro per i vermi bianchi che hanno distrutto le mie rose»!