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 2014  febbraio 07 Venerdì calendario

IL BOOM DEI FURTI IN CASA LA NUOVA MAPPA DELLE BANDE CHE TERRORIZZANO L’ITALIA


ROMA — In Italia è in atto un dilagare di rapine e furti nelle ville e negli appartamenti, da Nord a Sud. Per un anno di seguito la Polizia ha condotto un progetto investigativo per contrastare le bande specializzate. Adesso si hanno i risultati. Ebbene, nel 2013 per questo tipo di reati sono state arrestate 2.563 persone: il 59 per cento è straniero. Il dato è crudo, suscettibile di bieche strumentalizzazioni politiche. E dunque, merita di essere approfondito per distinguerne con esattezza i connotati e i confini.
Lo scenario da cui emerge è quello, preoccupante, dell’aumento delle rapine: ne sono state denunciate 34mila nel 2010, sono diventate 44mila nel 2013. Lo stesso per quelle fatte nelle case: 2.016 nel 2010, 3.601 lo scorso anno. Mille e seicento in più. Tanto è bastato per allarmare il Viminale, che ha messo in piedi il progetto “Home”. La prevalenza dei forestieri sulla mala “nostrana”, seppure con un “vantaggio” di pochi punti in questa sorta di classifica del demerito, è venuta fuori quando i poliziotti del Servizio Centrale Operativo hanno guardato le cifre e tirato le somme. Riuscendo pure a dare una consistenza numerica a ciò che dalle indagini sul territorio era già cominciato ad affiorare: la presenza sempre più massiccia, potente, pericolosa, di gruppi georgiani legati alla criminalità organizzata di Tblisi e Kutaisi.
«È la vera novità — spiega Vincenzo Nicoli, dirigente della seconda divisione dello Sco — le bande sono radicate nella zona di Bari, attorno a Firenze, in Emilia Romagna e a Roma. Sono dedite ai furti più che alle rapine». Professionisti dello scasso, qualche centinaio di persone, forse di più, ripuliscono case per alimentare la mafia gestita da boss che rimangono nella madrepatria. L’operazione “Shodka”, condotta in Puglia nel 2013 e che ha portato in carcere 28 cittadini georgiani, è servita a testarne lo spessore. «Hanno una capacità unica in Europa di aprire le serrature blindate più sofisticate e di disattivare gli allarmi — dice Nicoli — è il retaggio degli anni
passati nei gruppi paramilitari dell’ex Unione Sovietica». E di tali apparati conservano struttura verticistica e rispetto della gerarchia. Arrivano a pedinare i proprietari di casa per giorni, per mettere a punto la tempistica. A Napoli erano riusciti ad intestare ad un’anziana 40 auto, con cui poi facevano i sopralluoghi e le poste.
Il rapporto finale dello Sco dice molto altro. La maggior parte degli arresti, di italiani e immigrati, è stato fatto in Lombardia: 699 persone finite dentro, di gran lunga la Regione più tartassata. Dopo ci sono il Piemonte, con 308 casi, la Sicilia (229) e il Lazio (205). Quando però si scorporano i numeri, l’Italia si spacca in due: al Nord gli arresti per furto sono stati 1.072, al Sud solo 435. Come a dire: nel ricco settentrione i banditi rubano, ma cercando di evitare la minaccia fisica, il confronto con chi è presente in casa. Nel meridione l’approccio è più violento, tant’è che le carcerazioni per rapina sono state 244, contro le 139 del Nord.
L’altra faccia di questa sporca medaglia è tutta italiana. I connazionali finiti in prigione nel 2013 sono stati il 41 per cento del totale. Sbandati, tossici, gente prostrata dalla crisi. Furti? Tantissimi. Soprattutto quelli minimi, poche centinaia di euro sottratti agli anziani. Rapine? Meno, ma più sanguinose. «Spesso perché i rapinatori conoscono le vittime — raccontano i poliziotti — e la colluttazione per avere le chiavi della cassaforte o i gioielli può finire con l’omicidio».
C’è poi il recente pendolarismo delittuoso tra l’Albania e il Bel Paese. Gli sbirri più anziani ancora ricordano quelle scorribande di “batterie” catanesi, tre o quattro persone, che negli anni Settanta erano famose per un modus operandi particolare, tutto loro, da Italia che non esiste più: prendevano il treno, si facevano un viaggio di una quindicina di ore, arrivavano a Milano, Torino, Bologna, appoggiandosi negli appartamenti di compaesani che lì avevano trovato un lavoro, poi ripulivano cinque- sei case in una settimana. E tornavano in Sicilia con ori e denari nelle valige. «Succede lo stesso oggi — spiega Nicoli — con gruppi di giovanissimi albanesi che prendono l’aereo con le compagnie low-cost da Tirana, atterrano a Pisa e Orio al Serio, e per qualche giorno razziano le campagne». Non è un caso che le abitazioni colpite stiano tutte nell’orbita di poche centinaia di chilometri dai due scali: bergamasco, Veneto, Lombardia, in parte la Liguria, la Toscana. Nella rassegna della mala d’importazione, sono i romeni a farla da padrone, secondo la Polizia, semplicemente perché — spiegano i sociologi — la comunità presente in Italia è la più numerosa con più di un milione di persone. Che siano predoni nostrani o esteri, dunque, cambia poco: il bottino siamo sempre noi. E le nostre case.