Cristina Giuliano, Panorama 6/2/2014, 6 febbraio 2014
DA SPIA PIACEVO AGLI UOMINI ADESSO VOGLIO PIACERE ALLE DONNE
Una bambola di porcellana non è mai sembrata così sexy. La pelle chiarissima, quasi di alabastro. Gli occhi un po’ vicini, ma trasparenti e capaci di accarezzare come la mano di una bambina. E poi, dopo la dolcezza, la passione. Quella chioma, rossa, capace di colpire e mettere ko qualsiasi osservatore. Per svelare la sua copertura ci è voluto l’Fbi, ma c’è qualcosa che non è mai stato un segreto. Anna Chapman, la spia russa arrestata a New York il 27 giugno 2010 e poi estradata in Russia, è bella da guardare in tridimensionale. E dal vivo è meglio che sulle foto patinate.
Intrigante è il suo passato, dopo una lunga serie di vittime (del suo fascino). Indimenticabile la scena a Vienna del 9 luglio 2010, con le 10 spie russe residenti negli Stati Uniti, lei compresa, e le quattro spie americane «beccate» da Mosca, scambiate come si faceva ai tempi del Muro di Berlino al Checkpoint Charlie. Ma persino in quel gruppo di persone molto particolari, la Venere in miniatura spiccava. Quanti uomini ha sedotto? Chi le è stato vicino dopo gli scandali? Le mancano gli Usa? Dove vive realmente? All’inizio è un «no comment» a mitraglia. L’intervista concessa in esclusiva potrebbe finire come quella al giornalista della Nbc, mollato su due piedi, per averle chiesto della proposta di matrimonio a Ed Snowden, la talpa del Datagate.
Ma Anna questa volta decide diversamente. E solo per Panorama inizia a raccontarsi: «A Mosca, dove io vivo...». La sua lentezza nel battere le palpebre sembra seguire il ritmo sexy del suo pensiero complicato. Che cosa fa adesso? In sostanza la banchiera, la presentatrice tv e l’imprenditrice di se stessa. Del suo cervello, più che del suo corpo. I servizi fotografici osé erano solo una tappa. E ora usa il suo nome come un brand per una nuova linea di abbigliamento. Insomma per vestire quel corpo che ha fatto impazzire tanti uomini.
Anna Chapman ha una biografia strana e interessante. Nata Anna Vasil’jevna Kushchjenko a Volgograd, secondo le autorità statunitensi, suo padre era impiegato presso l’ambasciata sovietica a Nairobi, in Kenya. Secondo l’ex marito britannico della Chapman, il papà, Vasilij, era un alto funzionario del Kgb. Ma l’informazione non è mai stata confermata. Vero è invece che la vita di Anna, per quanto spesso trascorsa all’estero, è legata con un filo di acciaio al suo paese. Il luogo e la data di nascita sembrano i segni di una cabala russa. Di un destino già segnato. Di destini incrociati.
Chapman lavora per un istituto finanziario russo le cui iniziali Fsb coincidono casualmente con il nome dei servizi di intelligence eredi del Kgb. Ma sarebbe invece Fond Servis Bank, per i finanziamenti al settore aerospaziale. Nel 2010 fu nominata consigliere del presidente degli investimenti della banca e l’innovazione, a pochi mesi dallo scandalo Illegal Programs che la riportò dagli Usa in Russia. Ma se degli Stati Uniti non vuole parlare, ogni tanto le scappa una frase non in russo ma in americano, come prova casuale del suo passato. Alla domanda se ha un couturier di riferimento, risponde: «I never was a fashion victim». Non si sottrae invece quando si tratta di parlare di seduzione e di uomini.
Dopo aver fatto la spia ha deciso di diventare una stilista. È una passione nata da bambina o sbocciata da grande?
Io non sono una designer o una stilista e non sono interessata a questa professione. E non è certamente il mio sogno. Piuttosto vorrei rendere la tecnologia, le scoperte scientifiche, un business che possa salvare la vita di milioni di persone. Dare felicità alle famiglie. Fare in modo che i bambini non muoiano prima dei loro genitori e che il passaggio della morte non coincida con un dolore eccessivo. E che la gente smetta di uccidere, di influenzare e devastare interi popoli e nazioni...Tornando alla collezione, nella creazione di questo lavoro ho pensato alla bellezza delle donne. E non solo russe. Tratto con grande cura la donna. Ho cercato di capire i suoi bisogni, la sua vita, le sue ansie del cuore. Ho pensato prima di tutto a chi è molto più profonda del suo semplice bei guscio.
Intende dire che lei pensa al «contenuto»: intelligenza, caratteristiche culturali e mentali?
Vedo che il paradigma della moda sta cambiando, con confini molto sfumati tra i paesi. E sono in crescita i trend che si basano sulle convinzioni. Vedo che aumenta il numero di persone che parlano dei pericoli dell’era dei consumi. Sempre di più vogliono fare volontariato e non passano il loro tempo nei bar o nei negozi. Cambia il mondo. Sta crescendo il numero di enti di beneficenza e così via. Per quanto riguarda la realizzazione di modelli e la progettazione, ho persone che hanno sognato questo per tutta la vita. Sentono che è la loro vocazione e sanno esprimersi secondo la loro creatività. Stiamo lavorando in parallelo con molta gente di talento. Ma ho aperto un brand non nel segmento premium, dove il design è di grande importanza. Ho creato un marchio per le persone che possiedono un ricco mondo interiore e attorno a loro hanno un mondo in cambiamento. Ma se hanno denaro extra, meglio che lo spendano per salvare le specie che muoiono. Per gli orfani. Per i malati di cancro o per gli anziani abbandonati.
Le piacerebbe partecipare alla settimana della moda a Milano o a Parigi?
Vorrei raccontare che meraviglia è nascosta nella cultura russa. Sono interessata principalmente a fare in modo che i nostri vestiti piacciano ai più importanti conoscitori della moda, per farli tornare da noi come clienti... Non è certo per narcisismo che un creatore punta alla passerella occidentale e al titolo di «grande stilista». Io non penso a me stessa, in questo caso. Ma a quelle donne che crederanno in me e metteranno le cose con il mio nome.
La sua prima collezione verrà messa in vendita il 23 febbraio, il giorno del suo compleanno, il giorno del difensore della patria in Russia e il giorno di chiusura dei Giochi olimpici di Sochi. Una scelta casuale?
No, non è certamente una coincidenza. E forse non sono nata in quel giorno per caso...
A proposito, lei è nata a Volgograd: che cosa ha provato dopo i recenti attentati del 29 e del 30 dicembre, considerati dalla stampa una minaccia alle prossime Olimpiadi di Sochi?
Ci sono persone che hanno perso l’opportunità di sperimentare la gioia, di fronte a grandi eventi mondiali che ci uniscono tutti. E usano tali eventi per colpire, invece di rallegrarsi per i risultati raggiunti dall’umanità, di gioire e di dimenticare, almeno temporaneamente, la politica.
Dicevamo che ora vive a Mosca. Che cosa le piace della capitale? I ristoranti? Quali sono i luoghi che ama di più?
Ho un posto preferito: l’appartamento di mia mamma. E il mio ufficio, dove corro ogni giorno con grande entusiasmo. E a San Pietroburgo? La sede della mia banca e la fabbrica che realizza le nostre meravigliose borse, come dei libri.
Un vestito può essere un’arma sexy? O qualsiasi indumento può esserlo, nel senso che dipende solo dalla donna che lo indossa?
Le più potenti armi di seduzione sono solo due: l’intelletto e l’intelligenza emotiva. Ne ho incontrati tanti di uomini nella mia vita, ma nessuno che si innamorerebbe del corpo o, persino più stupido, dei vestiti. È importante saper essere diverse, stupire un uomo. Sorprenderlo. Crescere ogni giorno. E mai e poi mai perdere l’armonia e la fiducia in se stesse.
Le donne russe sono considerate tra le più seducenti al mondo. Lei in particolare su cosa punta? Gli spacchi? Le scollature? Oppure i tessuti che coprono ma lasciano immaginare?
Se guarda le mie cose, capisce subito. Ho vestito una donna con un abito lungo, con clutch (miniborse, ndr) che ricordano un libro...
Lei ha iniziato come spia e ora fa la stilista: ci spiega cosa hanno in comune i due mestieri?
È grazie allo spionaggio che lei mi ha conosciuto. Ma la carriera da imprenditrice l’ho cominciata molti anni fa. E continuo a fare affari oggi, mettendo le iniziative sociali in secondo piano. Tutte le professioni sono fatte della stessa stoffa: bisogna saper pensare, comunicare e gestire.