Damiano Fedeli, Panorama 6/2/2014, 6 febbraio 2014
AGENDA DIGITALE
Anche il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha dato il suo ultimatum al premier sui ritardi della politica, sostenendo che «per grazia divina la situazione economica del Paese non cambierà» e quindi meglio andare alle urne se il pii resterà una frazione di punto anche quest’anno (più 0,&0,7 per cento secondo il Centro studi di Confindustria). Allora che cosa aspetta il governo a cambiare passo o, come ha detto Romano Prodi, a tentare «una sortita»? Intanto attende il 6 giugno prossimo, quando è stato fissato il calcio d’inizio ufficiale della fatturazione elettronica per i fornitori della pubblica amministrazione centrale (per poter fare altrettanto con quella locale servirà almeno un altro anno), mentre per tutti gli altri interventi Caio stima in 18 mesi una partenza realistica, che però rischia di slittare se le telecom non troveranno almeno 13 miliardi di euro per potenziare la banda larga. Anche nello scenario migliore, tra un paio d’anni solo il 50 per cento della popolazione italiana navigherà a 30 mega, mentre l’obiettivo era il 100 per cento nel 2020. «Dallo scorso giugno Caio ha portato avanti tre priorità: l’anagrafe nazionale, l’identità digitale e la fatturazione elettronica, tre progetti fondamentali per la trasformazione della pubblica amministrazione» sottolinea Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale. «Purtroppo si registra una forte resistenza da parte di molte amministrazioni pubbliche e il rifiuto di rendere interoperabili le banche dati, condividendo informazioni e processi. L’Agenzia per l’Italia digitale ha dovuto attendere più di un anno per vedere approvato dalla Corte dei conti il proprio statuto ed è diventata operativa solo pochi giorni fa e ora deve recuperare il forte ritardo».
Ma non è solo l’Agenda digitale a essere finita in fondo all’agenda del governo. I provvedimenti legislativi approvati dal governo Letta al 30 novembre 2013 prevedevano 311 decreti attuativi di secondo livello, quasi un terzo previsti dal solo Decreto del fare: di questi, in base all’ultimo Monitoraggio dell’attività di governo della presidenza del Consiglio dei ministri, 272 risultavano non adottati, di cui 47 già scaduti e 155 senza un termine espresso. Ancora peggiore il bilancio ereditato dal governo Monti, con 463 provvedimenti secondari pendenti su un totale di 883 provvedimenti attuativi previsti. Nello stesso documento, il sottosegretario alla presidenza Giovanni Legnini lanciava anche «l’impegno di realizzare entro gennaio 2014 una base dati per il monitoraggio legislativo che diventi un’infrastruttura permanente a servizio del cittadino». A questo punto, slittata anch’essa.
In attesa di aumentare la trasparenza, tra i provvedimenti di cui si è persa traccia c’è quello che doveva definire le linee guida per le valutazioni d’impatto ambientale, vitale per il mondo delle infrastrutture perché blocca la realizzazione delle nuove piste di Malpensa e Fiumicino (fondamentale in vista dell’accordo Alitalia-Etihad), mentre sul fronte sanitario è sparito il decreto per l’aggiornamento dei livelli essenziali d’assistenza per chi è affetto da malattie croniche, rare e da ludopatia accantonato (per mancanza di fondi) dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che da mesi deve presentare anche il suo Patto per la salute.
Interventi importanti, ma passati sotto relativo silenzio rispetto alla strombazzata introduzione (con retromarcia) dell’obbligo di accettare il bancomat per pagamenti superiori ai 30 euro da parte di professionisti e commercianti che doveva partire il 1 ° gennaio 2014, data a cui però mancava il famigerato decreto attuativo. Un pasticcio sanato all’ultimo nel decreto Milleproroghe 2013, ma che parte da lontano: prima con uno slittamento dell’obbligo di 60 giorni, poi con un emendamento per portarlo al giugno 2015, che veniva modificato con un compromesso al 30 giugno 2014. «Ma tutti questi rinvii non risolvono il problema di fondo» spiega Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, che ha lanciato la mobilitazione generale delle aziende di Rete imprese Italia il 18 febbraio a Roma: «Il costo delle transazioni, che arriva ali’1,5 per cento annullando il guadagno di operatori come tabaccai, benzinai ed edicolanti che incassano a cifra fissa».
Il segretario è indignato anche per il balletto sulle sigarette elettroniche, un business fiorito lo scorso anno e subito messo nel mirino dal fisco. In attesa di una normativa chiara e di un tavolo tra le parti, entrambi sempre rinviati, dal 1° gennaio è partita la maxitassazione del 58,5 per cento sul prezzo di vendita dei prodotti, misura prima rimandata a giugno, poi reintrodotta e subito sospesa da un provvedimento del Tar che se diventerà definitivo farà «svaporare» i 117 milioni di euro d’introiti previsti dal governo. Insieme a quelli della controversa Web tax, la tassa per rendere trasparenti (e quindi imponibili) i profitti di chi opera nella pubblicità online. Proposta dal pieddino Francesco Boccia, ma osteggiata pesantemente dal suo partito, doveva entrare in vigore a gennaio e portare superintroiti, ma ha già subito uno slittamento a giugno e in tanti sperano che su questo delicato tema intervenga l’Unione europea, togliendo così le castagne sul fuoco al governo Letta.
Che anche sulla scuola continua a tergiversare. Lo scorso giugno il ministro per l’Istruzione Maria Chiara Carrozza lancia l’allarme: gli editori non sono pronti per l’introduzione dell’ebook nelle scuole e a settembre il Consiglio dei ministri sancisce che di libri digitali se ne riparlerà nell’anno scolastico 2015-2016. Nel frattempo spariscono le risorse per l’acquisto dei testi e dei dispositivi di lettura digitali da concedere in comodato d’uso agli studenti, uno dei 272 decreti attuativi mai attuati, mentre a dicembre scoppia la telenovela degli scatti d’anzianità degli insegnanti: sepolti dalle critiche bipartisan, Carrozza e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ripristinano gli aumenti per il 2014, aprendo al recupero di quelli del 2012 e del 2013, mentre gli insegnanti che hanno già ricevuto i 150 euro contesi potranno tenerseli. Tappata una falla se ne apre un’altra. Entro il 31 gennaio scorso si doveva creare il «solito» tavolo di confronto per risolvere l’emergenza pulizia nelle scuole: in bilico ci sono 14 mila lavoratori socialmente utili che tra un mese resteranno ‘a casa e con loro molti alunni che non potranno più assistere alle lezioni perché le loro aule saranno igienicamente impraticabili.
Ma almeno un rinvio «generoso» l’esecutivo Letta l’ha fatto, rimandando da febbraio a maggio i termini per il pagamento della prima rata dei contributi Inail per le aziende. «Una boccata d’ossigeno per le imprese» ha commentato il premier «che così avranno tre mesi di liquidità in più, che servirà per investire e spingere la crescita». Squinzi, forse, si aspettava qualcosa di diverso…