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 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

COMUNELLO E PROLETINO – [QUANDO I GIORNALI PER BAMBINI ERANO COMUNISTI]


QUALCUNO, OGGI, POTREBBE FACILMENTE IRONIZZARE SULLE «OPPOSTE RETORICHE» IN RIME OTTONARIE CHE, SUI «GIORNALINI» SOCIALISTI E COMUNISTI, FACEVANO A GARA CON QUELLE DEGLI ANALOGHI FOGLI BORGHESI, CATTOLICI E POI FASCISTI. Su quegli ottonari in stile Corriere dei Piccoli che introdussero, timidamente e con mille circospezioni, le «fiabe a quadretti», non ancora fumetti, anche sulla stampa di sinistra. E certo c’è un po’ da sorridere a leggere e guardare le zuffe tra Comunello, Proletino e Fasciolino, a suon di calci, ceffoni e manganelli, grezzamente illustrate e cantate con una miniepica del tipo: «Forte e ardito è Comunello / ed affronta il manganello /del gradasso Fasciolino / per difender Proletino». Siamo nel settembre del 1922, a poco più di un mese dalla Marcia su Roma, e siamo sulle pagine de Il Fanciullo Proletario, un giornale per ragazzi pubblicato su iniziativa del neonato Partito Comunista d’Italia. Dalle pagine alle piazze, dove il «santo manganello» faceva le sue poco mistiche apparizioni, il passo era breve. E dunque, davvero, c’è poco da scherzare e quelle ingenue propagande a fumetti sono da prendere molto sul serio. Tanto che da lì a pochi mesi, quei giornalini cesseranno le pubblicazioni, verranno chiusi dal regime e – a parte una minima diffusione clandestina de Il Fanciullo Proletario fino al 1930 – a sopravvivere saranno soltanto i giornalini di regime come Il Balilla o quelli storici, come Il Corriere dei Piccoli, progressivamente fascistizzati.
Prima e dopo il Ventennio la «storia della stampa periodica socialista e comunista per l’infanzia in Italia» è una storia complessa e rivelatrice di interessanti questioni (anche per l’oggi) che il volume Falce e Fumetto che raccoglie una serie di ricerche e contributi relativi al periodo 1893-1965 – ricostruisce con scrupolo. Un lavoro, questo di Meda e del gruppo di altri studiosi, che, tra l’altro, ha dato vita a una preziosa collana, «Nerbiniana», interamente dedicata alla storia della stampa per l’infanzia e la gioventù. Un lavoro che affronta il tema con il rigore del metodo storico, che raccoglie, ordina ed espone scrupolosamente fatti, fonti e documenti. Con un di più: uno sguardo anche pedagogico e un’attenzione ai valori educativi e formativi di quella stampa.
Il periodo esaminato nel libro va dunque dai primi fogli e strenne socialiste tra Ottocento e Novecento (La Parola dei Poveri, Figli del Popolo) ai giornalini socialisti e comunisti editi fino al Ventennio (Primavera, Il Germoglio, Cuore, Il Fanciullo Proletario); giunge al rifiorire delle testate, anche di sinistra, nel dopoguerra (Falco Bosso, Il Pioniere, Pattuglia); ed arriva a gettare uno sguardo su quanto succedeva in altri paesi (ad esempio, nella Repubblica Democratica Tedesca). Lungo tutto il percorso, il sentiero spesso è stretto, e il confine tra educazione, formazione, propaganda e indottrinamento è labile. Nei racconti, nelle novelle, nei piccoli giochi, nelle vignette e nei fumetti – secondo quel mix tracciato da Il Corriere dei Piccoli e da Il Giornalino della Domenica che diventerà un modello per tutti i giornalini dell’epoca si – alternano, infatti, precetti di buona educazione e veritieri scorci sulla realtà, apologhi moraleggianti e corrosive denunce. I periodici socialisti esortano alla presa di coscienza dei propri diritti e assumono via via un tono da socialismo umanitario alla De Amicis, mentre quelli comunisti spingono con più decisione sulla militanza e sul richiamo ideologico. Gli uni e gli altri sembrano privilegiare, però, il precetto dell’«istruirsi faticando», piuttosto che quello dell’istruirsi divertendo». Anzi, il richiamo, rivolto ai ragazzi, sulla durezza della realtà di contro la leggerezza della fantasia, nella Strenna Minima Socialista (1897), non poteva essere più esplicito: «a voi che avete ancora in mano i giocattoli, ma che pure molto spesso siete costretti a provare che la vita non è un giuoco, ma una faccenda molto seria».
Il «dualismo» pedagogico tra educazione e divertimento sembra moltiplicarsi, in molti dei casi esaminati nel libro, in altri dualismi: quello tra avventura e realtà, quello tra forma e contenuto e, sul piano più strettamente «fumettologico», in quello tra parola e disegno. Il borghese Il Corriere dei Piccoli, in questo senso, aveva fatto scuola, aprendo coraggiosamente al fumetto ma, per così dire, un po’ vergognandosene e sostituendo i ballon (le classiche nuvolette) con le più letterarie filastrocche in versi messe ai piedi delle vignette. Faranno così anche i giornalini di sinistra, abbastanza recalcitranti, se non avversi, nei confronti del fumetto; con qualche eccezione, come quella del socialista Primavera (1911-1914). Il giornale, diretto da Vittorio Podrecca, avrà tra i suoi illustratori Bruno Angoletta, Filiberto Scarpelli, Sergio Tofano e Antonio Rubino, colonne grafiche anche de Il Corriere dei Piccoli. E aprirà a una «concezione dell’immagine non subordinata al testo, ma organica a esso e corresponsabile della corretta diffusione del suo messaggio».
La buia parentesi del Fascismo e della guerra, assieme ai giornalini in questione, azzererà qualsiasi «dilemma» pedagogico e formale. Ma alcune questioni torneranno anche nel dopoguerra di cui si occupa la seconda metà di Falce e Fumetto -. Le idee tornano a circolare ma resteranno scorie e rigidezze ideologiche, accentuate ora dalla guerra fredda. Perfino l’importante esperienza de Il Pioniere, il giornalino comunista diretto da Gianni Rodari e Dina Rinaldi, sarà segnata da una dura polemica anti-fumetti che avrà il suo culmine in una serie di interventi su Rinascita, a firma Nilde Jotti e Palmiro Togliatti. Faticherà non poco, Rodari, a difendere valore e importanza, anche pedagogiche del fumetto. Una polemica che, per l’occasione si ammantò prevalentemente di antiamericanismo (dietro questo scudo, si erano trincerati, in precedenza, sia cattolici che fascisti); e che vedrà persino foschi episodi, come quello di alcuni processi contro i fumetti, organizzati in piazza dall’allora Fgci, con tanto di pubblica condanna. Del resto, persino nei democraticissimi Stati Uniti, i fumetti, «seduttori degli innocenti», finiranno, in quegli stessi anni, a processo (se ne occuperà un’apposita commissione del Senato Usa) e in piazza, questa volta, verranno addirittura bruciati in pubblici roghi.