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 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

LUIGI ANGELETTI – SOGNAVO LA FINANZA MA HO SCELTO LA GENTE. COME UN PRETE


Quando Luigi Angeletti divenne segretario generale della Uil, l’iPhone non era ancora stato inventato, Wikipedia non c’era e Amazon vendeva solo libri di carta. Nei suoi 14 anni alla guida del sindacato, ha visto passare 6 governi, 5 presidenti del Consiglio, 4 presidenti di Confindustria, 4 presidenti della Fiat, 3 segretari generali della Cgil e della Cisl e 2 presidenti della Repubblica. Una vita. Praticamente tutta trascorsa a litigare, contrattare, concertare. Adesso anche per lui, uomo concreto e perciò dall’ideologia sfuggente, è arrivato il momento di lasciare. E, come sempre, lo fa con il sorriso sulle labbra e con la voce stentorea. Tutto questo, combinato con un involontario romanesco (anche se lui è nato a Rieti), lo rende affabile e determinato. Un duro in baffi di velluto.
Dottor Angeletti, lei si dimette da segretario generale della Uil dopo 14 anni. Ha deciso di andare a lavorare?
Ahahahaha!
Ahahahaha!
No, guardi, ho iniziato a 20 anni da metalmeccanico, tra qualche mese faccio 45 anni di lavoro. Ho fatto contenta Elsa Fornero, sono oltre tutti i suoi parametri.
Poi a 22 anni ha deciso che fare il sindacalista era meglio?
Aò! Ma che me sta a provoca’? Me l’hanno chiesto di fare il delegato in azienda. Poi ho proseguito perché il sindacato è una cosa che ti prende, che ti coinvolge: si ha a che fare con le persone e ormai gli unici che hanno come oggetto del loro agire, scopo ultimo del loro impegno la persona, siamo noi e i preti.
Tutti gli altri?
Parlano di persone in funzione di un altro progetto: politico, economico, ideologico...
Le piace il Papa «socialdemocratico»?
Molto. Poi c’ha dalla sua che è veramente illuminato dallo Spirito Santo.
Parla più di poveri lui che la sinistra. Come mai?
La sinistra ha, anzi, abbiamo, un dramma epocale da affrontare: il fatto che con il XX secolo, quello che Ralf Dahrendorf ha definito «il secolo socialdemocratico», è finita anche la classica divisione dei compiti in base alla quale il capitalismo si occupa della crescita e noi della sinistra ci occupiamo della giustizia sociale. Ma quando il capitalismo non è più in grado di occuparsi della crescita, come vediamo soprattutto in Italia, la sinistra non può più pensare che il suo compito sia solo quello della giustizia sociale, ma deve pure preoccuparsi della crescita perché la giustizia sociale significa far star meglio le persone.
Friedrich von Hayek diceva che la giustizia sociale è un’espressione che non ha alcun senso.
Invece io penso che la giustizia sociale sia una di quelle cose che abbiamo dentro; sai che c’è, ma magari non la sai spiegare. Lei lo sa che cosa è un’ingiustizia? Uno che è troppo povero, muore di fame, succube del potere... quella è un’ingiustizia. La giustizia è il suo contrario.
Va bene, ma come si fa a fare la crescita con l’Electrolux che vuole andare in Polonia e la Fiat che va in Olanda?
Sono due questioni diverse. Per trattenere l’Electrolux, e le aziende che vogliono delocalizzare, si deve ridurre il gap con tedeschi, svizzeri, austriaci e francesi abbassando il costo dell’energia, le tasse sui profitti, sul lavoro, sul lavoratore, e ridurre la burocrazia. Per la Fiat il discorso è diverso.
Sì, è peggio.
Ma che sta’ a dì? La sede sociale va in Olanda perché lì c’è una legislazione più favorevole agli azionisti di controllo. La sede fiscale va a Londra perché gli investitori che comprano le loro azioni pagano meno tasse sui dividendi, ma l’importante è che le fabbriche restano in Italia e ciò che producono può essere venduto all’estero grazie alla rete commerciale che prima la Fiat non aveva.
Di Sergio Marchionne che cosa pensa?
Ho un’opinione assolutamente positiva. È un manager assolutamente capace. E la cosa che mi piace è che semplifica i problemi.
Però nel momento peggiore della crisi Fiat, nel 2002, lei era a favore della nazionalizzazione. Quindi è uno statalista.
Sicuramente.
Sicuramente la nazionalizzazione o sicuramente è statalista?
Non sono uno statalista, ma purtroppo il nostro capitalismo è quello che è. Nel 2002 i proprietari non sembravano in grado di mantenere in piedi la Fiat e io non mi volevo rassegnare a vedere l’Italia perdere la Fiat per colpa dei proprietari.
Diciamo che vorrebbe essere liberale, ma la realtà la porta a essere statalista.
Esatto. Per quale ragione il Paese deve adeguarsi al livello di una classe industriale che non è stata all’altezza delle sfide che l’industria le poneva davanti? Ma dove sono i capitalisti in Italia? Se ci sono, bene, se non ci sono, bisogna che lo Stato ci metta le mani.
Non s’offenda, mi sembra un po’ keynesiano...
Sono stato iscritto solo al Partito socialista.
Ci sono! Tremontiano.
Giulio Tremonti è la persona più colta e di più lunghe vedute che abbia mai incontrato. Un uomo dal pensiero lungo.
E Silvio Berlusconi?
Un grande imprenditore che, quando è entrato in politica, ha continuato ad agire seguendo le tecniche del business.
Il peggior ministro del Lavoro? Roberto Maroni?
No, no, Maroni è stato un ottimo ministro.
Ma come? Gli avete fatto vedere i sorci verdi per la sua riforma delle pensioni. Il suo famoso scalone ci avrebbe risparmiato la vicenda degli esodati e una marea di miliardi ogni anno.
Sì, ma abbiamo fatto 4 ore di sciopero, non 40. E poi quella riforma è stata fatta.
Certo, poi abolita da Cesare Damiano. Mica avete detto a Damiano di mantenere lo scalone. O ricordo male?
Ah, beh, certo, è ovvio, eheheh... Ma guardi che la cosa migliore che avevamo fatto con Maroni non era lo scalone, ma gli incentivi per restare al lavoro.
E sono rimasti?
No, aboliti.
E Mario Monti.
Monti aveva la possibilità di fare tutto quello che voleva, perché il sistema politico era sfasciato, e in più non aveva il problema di popolarità, ma già nella primavera del 2012 ha iniziato a cercare il consenso.
Vabbè, facile dirlo ora, potevate fare la vera opposizione quando era al governo. Sugli esodati, per esempio, non avete mosso un dito.
Non è vero, abbiamo fatto tutto il casino che potevamo fare. Esodati mi chiede? Mi ricordo la sera in cui siamo andati a Palazzo Chigi per spiegare che cosa sarebbe successo con la riforma delle pensioni che avevano in testa.
E vi hanno ascoltato?
Nun c’hanno proprio filato pe’ gniente! E noi che gli facevamo le tabelline con i numeri, e quelli... gniente... dicevamo: ma almeno gli accordi per i prepensionamenti che avete fatto voi, almeno quelli, li volete rispettare? E quelli gniente... Poi ’amo visto...
Colpa della Fornero?
La Fornero aveva un approccio pedagogico ai problemi.
I pensionati vi adorano. Per esempio lei è stato contrario al prelievo sulle pensioni d’oro. Quindi è contrario all’uguaglianza.
L’uguaglianza deve essere un’aspirazione, perché se venisse realizzata l’Italia diventerebbe una specie di campo di concentramento.
Non ha voluto far piangere i ricchi?
I ricchi in Italia non esistono. Esistono gli evasori. E i ricchi sono tutti evasori. Quindi la vera battaglia per l’uguaglianza è la lotta all’evasione.
Mi segua: lei ha sostenuto Piero Fassino segretario dei Ds. Siccome Fassino ultimamente è renziano, allora è renziano pure lei. Giusto?
Penso che Matteo Renzi sia un’opportunità per il sistema politico.
Anche con Romano Prodi avete litigato molto, sempre sulle pensioni.
Sì, fu durissima.
E chi ha vinto?
Amo vinto noi.
Il peggiore presidente della Confindustria?
Mo’ nun me po’ chiede’ de parla’ male daaa controparte, eddai...
Emma Marcegaglia è cattiva perché ha fatto uscire la Fiat da Confindustria?
No, non è stata colpa sua, sono stati gli industriali italiani che non volevano disdire l’accordo del 1993 solo per fare un piacere alla Fiat. Gli industriali italiani, se nun lo sa glie’o dico io, odiano la Fiat.
Che ne pensa di Sergio Cofferati?
(pausa) Non c’è mai stato buon sangue perché aveva un progetto politico in testa e voleva piegare il sindacato a quel progetto.
Quindi lei non entra in politica.
Non credo che ci sia questa possibilità.
La sua sconfitta peggiore?
La trattativa che non sono riuscito nemmeno ad aprire, quella con Monti.
E quella di cui va più orgoglioso?
Pomigliano, quando i lavoratori hanno votato sì all’investimento della Fiat: è stato un grande accordo con risultati eccezionali. Ma il vero cambiamento epocale lo facemmo con Tremonti e Maurizio Sacconi: meno tasse sui soldi guadagnati con la contrattazione aziendale.
Abolito anche quello?
Sì, da Monti.
Se non avesse fatto il sindacalista che cosa avrebbe fatto?
Mi piaceva la finanza.
Cosa?!
Eh, ’o so, ’o so, ma da ragazzo leggevo i giornali economici e mi piacevano moltissimo, ero affascinato dalla finanza, non ci capivo molto, ma mi affascinava.
E magari avrebbe inventato i subprime, i titoli tossici...
Ah no? È annata mèjo così, ’namo, va...