Avvenire 5/2/2014, 5 febbraio 2014
QUANDO IL DIRITTO DIVENTA COMICITÀ
Qualcuno potrebbe scambiare un’aula di tribunale per il set di un film di Totò se è vero che il legale di turno può dire al giudice: «Sono costretto a citare Plinio l’Anziano». Oppure: «Per ciò che riguarda il primo capo d’imputazione, nulla questua». O ancora: «Non immaginate cosa vuole dire vivere per quasi un anno seduto sulla spada di Damocle». È un bestiario linguistico quello che può riservare in Italia la retorica forense. Come raccontano due serissimi avvocati, Antonello e Marco Martinez, nel volume Quando il diritto va a rovescio (Sperling & Kupfer) che passa in rassegna le comicità del pianeta giustizia. «Le arringhe possono regalare sorprese spassose – spiega Antonello Martinez –. Talvolta, però, si tratta di idiozie dietro le quale non c’è tanto la foga del momento, quanto una diffusa ignoranza. Come si fa a sostenere che un collega è esperto di tutte le ’branchie’ del diritto o che il libretto di circolazione è nel ’bruscotto’ dell’auto? O come si possono citare massime in cui il latino si mischia col dialetto? Lo stesso accade quando parlano i magistrati e le forze dell’ordine».
Eppure l’Italia è la culla del diritto. «E noi siamo i cugini di Cicerone – scherza il legale –. Ma, con 240 mila avvocati e migliaia di cause pendenti, capitano atti o sentenze che rasentano il ridicolo. E si aggiunga che siamo un popolo battagliero. Ai giovani avvocati ripeto che per capire che cosa sia la nostra professione occorre andare alle assemblee condominiali: sono la migliore sintesi della litigiosità italica».