Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  febbraio 06 Giovedì calendario

CANI, IL BAMBINO DEL BARCONE TORNATO A BARI DA CALCIATORE


Per fuggire dalla retorica è bene subito dire che probabilmente non farà tanti gol, non fosse altro perché fino a oggi ne ha fatti molti pochi in carriera. Però è l’unico appiglio possibile. Perché per il resto l’arrivo a Bari dell’attaccante albanese Edgar Cani è una delle cose più belle e poetiche che il campionato di serie B ha regalato negli ultimi anni. Cani è appena stato comprato dal Bari. Si è presentato l’altro giorno davanti a tifosi inferociti, non per l’acquisto del povero Cani, ma perché la società è a un passo dal fallimento con i giocatori e i trofei pignorati dai creditori. Cani è arrivato ed è scoppiato a piangere, di emozione non di paura. Perché Edgar era già stato a Bari. A 11 mesi. Era il 1991 quando partì da Tirana con la madre e il padre a bordo della nave Vlora, scappando dall’Albania per cercare qui il sogno.
Se la ricorda tutta Italia, tutta Europa, quella nave con ventimila persone a bordo, stipate come fossero piccoli tasselli di un puzzle umano. Uno di quei pezzettini, un minuscolo pezzettino, era Edgar. Altri due erano i suoi genitori. Arrivarono e come tutti fuorono stipati nello stadio Della Vittoria, il vecchio campo che oggi praticamente non funziona più. Ecco, Edgar oggi è di nuovo in uno stadio di Bari. Con la sciarpa, una maglietta bianco e rossa, i capelli castano chiari, la barba appena disegnata, sembra uno dei personaggi che vengono fuori dai talent show, da Maria de Filippi, quella televisione che incarnava e rappresentava il sogno da inseguire per i suoi genitori nel 1991. «Ho sempre sentito parlare di Bari, di quel nostro arrivo - racconta oggi - Mia madre mi ha sempre detto che l’ospitalità dei baresi e la loro solidarietà è stata unica, una cosa speciale». Edgar parla un italiano perfetto che risente soltanto di una leggera cadenza umbra. Dopo essere arrivato a Bari, dall’Italia non è mai andato più via. Con la famiglia si trasferì subito nel centro Italia, ed è lì che ha studiato e ha cominciato a giocare al pallone. Prima al Cortona, poi segnalato al Pescara e da qual momento via in un lungo peregrinare per i campionati di B e di C tra Palermo, Ascoli, Padova, Piacenza, una puntatina in Polonia, qualche apparizione in serie A con il Catania, poi il Carpi e ora il Bari, lui centravanti da 1,90 con meno di venti gol in carriera ma comunque già una quindicina di presenze e quattro reti con la nazionale albanese.
Sì perché in Albania, è tornato da italiano. Mentre a Bari vuole tornare non come ospite ma come un vecchio amico che deve ringraziare. «Spero che questa per me possa essere l’occasione giusta per sdebitarmi nei confronti di gente che ha fatto del bene a me e alla mia famiglia. Dove ho giocato sinora sono rimasto poco, per una serie di motivi. Mi è mancata la continuità. Probabilmente non ho mai trovato nessuno che credesse in me sino in fondo, ma è anche possibile che la fiducia non me la sia meritata io. Avevo avuto offerte buone dal Portogallo ma quando ho sentito che c’era questa proposta del Bari...». Si emoziona. «Ecco, spero che il disegno del destino mi porti invece a restare a lungo a Bari, una città che per me sarà sempre diversa dalle altre». A proposito, a Bari ha una doppia missione. Oltre a quella del gol c’è una vecchia promessa, che ha fatto a casa, che fa un po’ “Carramba che sorpresa”: «Sono stato battezzato qui, a Bari. E non ho mai saputo chi sono i miei padrini. Ecco, trovarli, dedicargli un gol, sarebbe una maniera per il mio popolo di dire grazie a questa città».