Anna Bandettini, la Repubblica 6/2/2014, 6 febbraio 2014
ANNA DEI MIRACOLI – [NETREBKO: ALTRO CHE DIVA MIO FIGLIO CONTA DI PIÙ]
[Anna Netrebko]
Nemmeno l’annunciato sciopero degli orchestrali sulla “prima” potrebbe oscurarla. Roma onora l’arrivo di una autentica star della musica, la soprano più famosa del mondo, Anna Netrebko, Manon dal 27 febbraio, accanto a Yusif Eyvazov e Carlo Lepore, al Teatro dell’Opera dove non è mai stata. Canterà per la prima volta il personaggio pucciniano, il cinquantesimo o giù di lì della sua formidabile carriera e per la prima volta diretta da Riccardo Muti. «Da anni ci dicevamo di fare qualcosa insieme, eccoci qua finalmente», dice subito. Cantante, attrice, diva, rubacuori, dagli anni Novanta Anna Netrebko ha illuminato il mondo della lirica di allegria, glamour, modernità: copertine di Vogue, pubblicità, feste, spettacoli vissuti con talento, personalità e una bellezza non civettuola. Russa anche in questo. Perché Anna Netrebko viene dalla città dei cosacchi, Krasnodar, dove è nata il 18 settembre del 1971, cresciuta per la musica. Ed è vero — lo racconta lei — che quando studiava al Conservatorio, pur di ascoltare la musica faceva pulizie al Marinskij di San Pietroburgo, molto prima che il direttore Valery Gergiev la notasse, molto prima di diventare Susanna di Le nozze di Figaro di Mozart, Adina ne L’elisir d’amore di Donizetti, Giulietta in I Capuleti e i Montecchi di Bellini, Violetta ne La traviata verdiana... prima di essere la donna autorevole, padrona di sé, quindi difficile ma simpatica che è oggi. Pupilla del presidente Putin, non ha timori però nel dire la sua in fatto di diritti civili. «L’ho scritto sul mio sito — dice — Non discrimino e non discriminerò mai artisti e cantanti per la loro razza, etnia, religione, genere o orientamento sessuale».
Donna pratica, abituata a vivere a cento all’ora (ha impegni, per citare solo quelli fino a luglio, a Londra, Vienna, Barcellona Zurigo, Parigi Monaco, tra opere — Manon, Faust, Macbeth — e vari concerti), racconta in modo sorprendentemente sincero della crisi di coppia, dopo sei anni, con il bel baritono uruguyano Erwin Schrott: erano gli “Angelina Jolie & Brad Pitt” della lirica, belli, giovani, alla moda, sicuri di sé, ricchi. Un amore da successo certo e invece mancato. «La cosa è molto semplice: siamo felici anche da separati. Abbiamo appena cantato insieme al Met. Siamo rimasti amici, siamo buoni genitori».
Non è pesante lavorare insieme dopo la separazione?
«Ma no. Perché non c’è stata una rottura, non è cambiato qualcosa tra noi. Non del tutto almeno. Abbiamo una bella amicizia, ci vogliamo bene. Ma ognuno ha la propria carriera che ci porta spesso in posti lontani e diversi».
Poche settimane fa lei ha pubblicamente parlato di suo figlio Tiago, di cinque anni, della sua malattia, l’autismo. Perché lo ha fatto?
«Perché l’autismo non è una malattia e non c’è niente da nascondere. È successo, ma Tiago non è un bambino malato. Purtroppo succede a tanti bambini e gli scienziati non sanno ancora dirne le cause. Lo voglio dire alle donne che hanno figli autistici: i bambini possono raggiungere standard normali. Tiago è un ragazzino felice. Va a scuola a New York ed è molto intelligente».
Per questo lei vive a New a York?
«Sì, casa mia sarebbe a Vienna ma Tiago ha bisogno di buone scuole che ho trovato a New York. E io passo molto tempo con lui. Per me è la priorità. La priorità numero uno».
Da sola?
«Essere single è fantastico specie se hai show, recital, famiglia da organizzare. Io lavoro anche tanto. Forse troppo».
È il suo modo di prendere la vita?
«Questo è il problema: mi piace lavorare e correre veloce. Non ci sono molte persone che possono starmi dietro. Per questo forse preferisco correre, non dico da sola, perché c’è tanta gente accanto a me, colleghi con cui lavoro e sto bene, ma, insomma io so che da sola posso farlo».
Vent’anni da primadonna: orgogliosa?
«In tanti anni la mia voce è cambiata, ho cominciato a cambiare anche qualcosa del mio repertorio ed è un bene. Sono meno insicura, mi sento nel mezzo del cammino».
E la sua prima Manon pucciniana?
«Sono molto concentrata a studiarla perché è tutta nuova per me. Ho cantato quella di Massenet, non di Puccini che è molto diversa perché c’è la Manon del libro, quella di Massenet e quella di Puccini. Tutte con personalità diverse».
E quella di Anna Netrebko come sarà?
«È quella di Puccini che mi sembra molto umana, delicata, molto più che in Massenet. E la musica è sorprendente, viva».
Molti spettatori ricordano la sua Manon a Vienna nel 2007: lei in scena col caschetto nero di capelli, un body nero di pizzo, un vero schianto.
«Sono completamente diverse. Lì Manon era una donna senza cuore e personalità, invaghita solo del lusso. Anche nella musica c’è un senso del peccato che è qualcosa di intimo al suo modo di amare e flirtare. È come se ci fosse un’ombra funerea nella sua personalità. Puccini invece è concentrato sull’animo e la lotta umana interiore. E non devi nemmeno fare troppi movimenti perché Puccini lo devi cantare. E devi cantare piuttosto forte. Nella sua Manon non c’è la storia erotica, la love story tra Manon e Des Grieux, e non è il peccato a segnare il loro amore, ma qualcosa di più drammatico, più passionale, più forte».
Se lei fosse stata al posto di Manon cosa avrebbe scelto: l’amore o la vita dorata?
«La risposta è facile: non mi potrei trovare al suo posto perché io non andrei mai con un uomo per denaro. Ma per fortuna non devi difendere il tuo carattere, quando reciti. Io sono cattiva o buona, vicina a ogni personaggio. Io una dark lady? Probabilmente sì. La verità è che tutti siamo forti e deboli ».
Le sue debolezze?
«Non ho molto tempo adesso per essere debole».
Per via della carriera?
«La carriera sarà al posto numero cinque della mia vita. Prima c’è mio figlio, la famiglia...».
Magari un nuovo fidanzato
«O mio dio, ma di cosa parla?»
Di amore.
«Non si preoccupi. Di amore nella mia vita ce n’è. Ma non è quello di cui ho bisogno ora».
Cosa allora?
«Una bella vacanza a Miami a non fare niente».