Federico Rampini, la Repubblica 6/2/2014, 6 febbraio 2014
TESTOSTERONE, LA NUOVA MANIA USA CONTRO IL CALO DEL DESIDERIO MASCHILE
Pur di non accettare l’invecchiamento preferiamo schiantarci con un infarto. Dopo il Viagra arriva l’effetto “T”, la nuova farmaco-mania che ingrassa i profitti dell’industria e distrugge la salute di molti uomini. L’allarme viene dagli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration (l’authority federale che controlla anche i medicinali) ha deciso di aprire un’inchiesta. Sotto accusa: i trattamenti ormonali, sotto forma di farmaci o “integratori alimentari”, a base di testosterone. La campagna per venderli è martellante, basta accendere la tv a qualsiasi ora del giorno per essere bombardati dalle pubblicità. Gli spot mettono in scena uomini di mezza età che hanno segnali di affaticamento, perdono energia, e soprattutto sentono affievolirsi il desiderio sessuale. «Non accettate passivamente, reagite». Gli spot si concludono invariabilmente con l’invito ad assumere un “boost” (una poderosa spinta) a base di testosterone. “Low T”, basso testosterone, sembra essere l’ossessione del maschio americano di quest’era. I risultati sono evidenti: le ricette per medicinali a base di quest’ormone si sono triplicate in un decennio, il fatturato dei prodotti è balzato a 2 miliardi di dollari nel 2012 e si prevede che sfonderà i 5 miliardi in un triennio. Il marchio leader del settore, Androgel prodotto dalla AbbVie, vende tre milioni di confezioni all’anno.
Ma è davvero una malattia, il calo di testosterone? Sul New York Times interviene a fare chiarezza un esperto della materia, il medico internista e dietologo John La Puma del Policlinico di Santa Barbara, California. Conferma che il calo del testosterone è una sorta di epidemia di massa: «il livello medio nei maschi americani è sceso dell’1% all’anno, da diversi decenni, come dimostra uno studio pubblicato da The Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism». Una percentuale anomala della popolazione maschile è «al di sotto dei livelli normali, stimati fra 220 e 350 nanogrammi di testosterone per ogni decilitro di sangue». Un certo declino è naturale con l’invecchiamento, ma questa diminuzione viene accelerata da altre patologie. Il primo imputato è l’obesità, e malattie a essa sovente collegate come il diabete. Altri coimputati sono i farmaci a base di steroidi, e oppiacei. Deprimono il testosterone anche additivi e materiali chimici come il Bisfenolo-A usato negli imballaggi di plastica per alimenti. Che la diminuzione di testosterone sia un problema serio, non si discute: «oltre agli effetti sul desiderio sessuale, genera stanchezza, e indebolisce la densità delle ossa».
L’allarme nasce però dalla cura: è peggiore del male. Un editoriale del New York Times riprende l’avvertimento contenuto in uno studio della University of California, Los Angeles, e patrocinato dal National Institutes of Health. I farmaci a base di testosterone, dimostra questa ricerca compiuta su un campione di 48.000 uomini di mezza età, raddoppiano i rischi di malattie cardiovascolari. Nel caso di individui già predisposti, la probabilità d’infarto viene triplicata con l’assunzione del “fattore T”. Un’altra ricerca uscita sulla rivista scientifica PloS One dimostra che bastano soli tre mesi di cure a base dell’ormone, per raddoppiare la frequenza di attacchi cardiaci tra gli uomini over-65, e anche tra i più giovani che abbiano qualche predisposizione.
Il dottor La Puma si scaglia contro Big Pharma, le campagne pubblicitarie che «stanno creando un problema sanitario di massa, analogo a quello di cui soffrirono le donne negli anni Novanta col boom degli estrogeni anti-menopausa». La conclusione degli esperti è chiara. Gli uomini di mezza età la smettano di inseguire la chimera della “virilità chimica”, e invece dei sintomi curino le cause: con la dieta giusta, la perdita di peso, l’attività fisica. Fermo restando che l’elisir dell’eterna giovinezza esiste solo nelle leggende letterarie su Faust-Mefistofele, o sulla mitica Shangri-La.